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Cultura: l’arte è una grande farfalla, Philippe Louis François Daverio

da Redazione

Suonatore di piano forte (ovviamente Mozart), sostenitore transcostituzionale dell’Italia fondata non sul lavoro ma sul melodramma.

 

di Teresio Troll

 

Un papillon multicolore che sembra uscita da un Piero della Francesca, un linguaggio con mille sfumature che sembra sprigionato da Hieronymus Bosch, una sapienza del gusto degna del più profumato Arcimboldi.

Entra nello schermo come fosse una camera oscura, la perfora quasi entrasse alla finestra di casa tua.

E’ lui il mio vicino di Mulhouse… Alsaziano come il pathé, la sua lente indagatrice sembra perlustrare ogni fibra di cibo dopo l’impiattamento, direbbe il grande maestro. Sembra perlustrare ogni piccolo spessore lasciato dalla pennellata, direbbe ancora il maestro.

Nato nel quarantanove nel triangolo d’Alsazia per poi vivere ed insegnare a Milano è la figura simpatica e antipatica, leziosa e profonda da coltissimo mancato alla laurea e sicuramente unica, dai riccioli alla punta delle scarpe, del panorama artistico dei media italiani.

Fumatore del sigaro, bevitore di whisky e Cognac. Suonatore di piano forte (ovviamente Mozart), sostenitore transcostituzionale dell’Italia fondata non sul lavoro ma sul melodramma. Schizofrenico Cortegiano a ben amare rettitudine nell’uomo e fascino nella donna. Indaffaratissimo pigro panzuto e portabandiera (qui ogni artista plaude) di quella che il suo secondo (o primo?) Wolfango, Goethe consacrerà col termine di Wahlverwandtschaften.

Cuoco, si disse e si intuì, ovviamente artistico; intrattenitore e critico, e viaggiatore non turistico con tanto di avventura su un rompighiaccio per raggiungere il Polo Nord. Forse a vedere se ci fossero lepidotteri colorati. Certo non per sapere quali colori, forse non per sapere da chi dipinte, sicuramente per sapere con quale tecnica…

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