Mirkare Manzi (IAM): “Produrli è normale, trattarli solo come costi è una scelta. Gli impianti italiani apprezzano la qualità di ciò che esportiamo”.
di Daniele Bartolucci
“Gli investimenti fatti in questi ultimi mesi e l’implementazione delle nostre procedure interne stanno portando i risultati auspicati, ma soprattutto”, spiega Mirkare Manzi di IAM Srl, “arrivano apprezzamenti positivi dagli impianti italiani sulla qualità del rifiuto che stiamo esportando”. Mentre a livello nazionale si discute di un nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, infatti, quanto prodotto dalle imprese va comunque portato a smaltimento e, non essendoci impianti idonei in territorio, giocoforza si devono esportare.
“La particolarità di San Marino”, aggiunge Manzi, “è che non abbiamo, come le imprese italiane del settore, la possibilità di rivolgersi ad altri Paesi europei, per cui siamo vincolati all’Italia e agli accordi che il nostro Stato sigla con le varie Regioni, ad oggi Emilia Romagna e Marche. Sono queste le aree dove poi noi operatori sammarinesi ci interfacciamo con i gestori degli impianti presenti per trasportarvi i rifiuti dei nostri clienti”. Ed è da questi che sono arrivati nuovi feedback positivi: “Il fatto che i nostri interlocutori apprezzino il nostro lavoro è sempre gratificante, soprattutto quando l’impegno è stato su diversi fronti. Anche a livello di filiera”, spiega Manzi, “perché la qualità del rifiuto portato in smaltimento è un processo che parte a monte di IAM, ovvero nelle aziende stesse che producono questi rifiuti. E’ il risultato di una dinamica che vede muoversi in parallelo sia la normativa, che è sempre più stringente e votata alla riduzione dell’impatto ambientale e alla tracciabilità, sia il mercato, quindi gli impianti di smaltimento, ma anche il business del riciclo dei materiali. E’ la somma di questi ultimi due, in effetti, a determinare il costo a cui dobbiamo sottostare noi operatori ed è chiaro”, avverte Manzi, “che più è alta la qualità del rifiuto, meno costerà lo smaltimento o il riciclo”.
Questo significa che c’è la possibilità di abbattere i costi? “Più che abbattimento di costi parlerei più di ritorno dell’investimento, perché le imprese ragionano in questi termini. La produzione di rifiuti fa parte del ciclo naturale di un’impresa, sia essa manifatturiera, commerciale o di servizi – anche gli uffici producono rifiuti speciali – per cui ogni azienda deve essere consapevole di doverli gestire. E’ in quel momento che si decide se trattarli come un costo e subire le normative e le fluttuazioni del mercato, oppure come un investimento, non solo con l’obiettivo di ridurre il costo effettivo nel tempo, ma anche di migliorare la propria azienda e l’immagina che essa offre all’esterno. E’ anche una questione prima di tutto culturale, di attenzione all’ambiente, ma che si trasforma oggi anche in marketing. Un’azienda a basso impatto ambientale, infatti, allineata agli standard più virtuosi – quindi anche oltre le normative stesse, magari con certificazioni internazionali – e che investe in questi processi, può rivendere questo valore sul mercato”, avverte Manzi.
“A maggior ragione dopo la pandemia da Covid-19, che ha stimolato e stimolerà tanti cambiamenti sia nelle dinamiche di mercato, sia all’interno delle aziende stesse: cambiamenti che avranno comunque come denominatori comuni l’ambiente e la sicurezza”.