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Repubblica di San Marino, CIG: le richieste arrivano a oltre 1,8 milioni di ore

da Redazione

Se verranno utilizzate tutte, l’aumento sarebbe superiore al 600%. Occorre aspettare i “richiami”, che le aziende devono comunicare per legge.

caschi appesi

 

di Daniele Bartolucci

 

Quasi due milioni di ore di Cassa Integrazione Guadagni: è questa la richiesta delle imprese nel periodo più duro dell’emergenza sanitaria, ma è ancora presto per quantificare effettivamente la liquidazione delle stesse in termini di risorse, visto che molte di queste aziende probabilmente hanno già iniziato a richiamare i lavoratori e non usufruiranno quindi di tutte le ore. E’ quanto emerge dai dati esposti alla Commissione Cassa Integrazione e Guadagni durante la prima riunione dopo lo stop imposto dal coronavirus.

 

AUMENTO PREVEDIBILE IN BASE ALLE CHIUSURE


Questi dati rispecchiano comunque le previsioni dei mesi scorsi, stante la sospensione di moltissime attività economiche, in particolare di quei settori obbligati alla chiusura totale. I numeri, comunque, sono eclatanti: nei primi cinque mesi sono 1.828.095 le ore di CIG richieste da 1.687 aziende. Numeri impressionanti, se si considera che in tutto il 2019 ne sono state erogate 276.401,92: si tratterebbe, se tutte venissero confermate, di un aumento superiore al 600%.

 

RECORD DI RICHIESTE: SONO PIÙ DEL 2009

 

Il confronto con l’Italia, uno dei Paesi più colpiti dall’epidemia e dove il lockdown è stato molto più duro che a San Marino, non è proponibile, se non in termini assoluti: lungo lo stivale la serrata delle aziende ha comportato infatti un aumento stimabile nel 10mila per cento. Nel solo mese di aprile sarebbero 79,7 milioni ore di cassa integrazione guadagni, cifra ben superiore alle ore autorizzate in tutto il 2009 (il primo anno della grande crisi) quando furono 65,1 milioni, e superiore pure a quelle dell’intero triennio 2017-2019 (62,1 milioni). E’ anche vero che l’aumento dipende dal fatto che l’Italia ha allargato ad altri settori la platea dei beneficiari della CIG, mentre San Marino lo aveva già fatto in precedenza, ma come detto in valori assoluti, i due Paesi sono allineati nella statistica storica: i quasi due milioni di ore richieste nei primi cinque mesi del 2020 sono il doppio di quelle richieste in tutto il 2009, l’anno della crisi economica globale. Gli effetti negativi, a livello di CIG, si sono protratti anche negli anni successivi, con una media di oltre 800mila ore richieste tra il 2010 e il 2013, prima di rivedere la curva appiattirsi verso quota 400-500 mila ore richieste all’anno e poi sempre più in basso: una soglia sostenibile per il sistema sammarinese. Basti pensare che nell’intero 2019 è stata erogata una CIG complessiva (suddivisa nelle varie cause) di circa a 2,67 milioni di euro, a fronte di una contribuzione da parte di lavoratori e imprese di ben 10,92 milioni di euro. Se è ipotizzabile un “incasso” simile per il 2020, se dovessero concretizzarsi tutte le ore di CIG richieste e altre ne servissero nei prossimi mesi, servirebbero nuove risorse per finanziare questi ammortizzatori. Anche per questo è auspicabile una riapertura di tutte le attività, con conseguente ritorno al lavoro di quanti siano ancora in Cassaintegrazione.

 

LE AZIENDE DEVONO COMUNICARE I “RICHIAMI”

 

Nel frattempo, però, occorre attendere la verifica delle ore effettivamente utilizzate e stornare quindi i rientri al lavoro nelle aziende. A tal proposito si ricorda che, in base alla Legge 73/2010 e successive modifiche, qualora ci sia la necessità di richiamare i dipendenti al lavoro dalla CIG è obbligatorio presentare il richiamo online, il giorno precedente, o almeno immediatamente prima che i lavoratori facciano ingresso in azienda.

Se per motivi di urgenza i lavoratori venissero richiamati mentre gli uffici amministrativi aziendali sono chiusi, e quindi non vi fosse la possibilità di utilizzare il servizio online CONTRISS, si invitano le imprese ad inviare almeno una mail preventiva a cig@iss.sm.

Ricordiamo inoltre che effettuare i “richiami” è fondamentale, poiché in caso di controllo da parte dell’Ispettorato i dipendenti risulterebbero al lavoro, benché formalmente in CIG, con la conseguenza per l’azienda di essere sanzionata con una pena pecuniaria da un minimo di 2.400 a un massimo di 6.000 euro, maggiorata di 300 euro per ciascun lavoratore coinvolto. Senza contare che per i tre mesi successivi alla sanzione sarà inibita la possibilità di ricorrere alla Cassa Integrazione per tutti i dipendenti.

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