Home FixingFixing Covid19 e impatto sulle imprese: cambiano le abitudini. Anche il mercato lo farà

Covid19 e impatto sulle imprese: cambiano le abitudini. Anche il mercato lo farà

da Redazione

L’analisi di Raffaele Tamagnini, classe V B. Lo “stare a casa” sta modificando anche i comportamenti dei clienti.

Raffaele Tamagnini V Econom

 

di Raffaele Tamagnini

 

Senza alcun dubbio l’emergenza coronavirus sta causando effetti economici senza precedenti, non soltanto per quanto riguarda le ingenti perdite di denaro e la disoccupazione, ma in primis perché una tale scossa alla vita di tutti i giorni porterà inevitabilmente ad un cambiamento irreversibile nelle abitudini delle persone: il mercato sarà costretto a cambiare e realtà economiche, che fino ad oggi sembravano solidissime, potrebbero trovarsi private della stragrande maggioranza dei propri clienti.

Questo isolamento forzato ha portato tutti noi a scoprire strumenti che prima, nella vita frenetica di tutti i giorni, sarebbero stati impensabili all’uso: siamo stati obbligati a trovare nuovi modi per comunicare e anche per lavorare. Tale bisogno, soprattutto in Italia, ci ha fatto avvicinare molto alla tecnologia e di conseguenza a sistemi di comunicazione online esistenti già da anni ma poco utilizzati dalla maggior parte della popolazione, basti pensare a piattaforme come Zoom o Meet, che nel giro di pochi mesi hanno visto i propri clienti quasi raddoppiare.

Sempre grazie alla tecnologia, oggi è possibile ottenere quasi tutto ciò che ci serve senza alzarci dal divano di casa: per esempio fare la spesa oppure comprare un capo di abbigliamento, perciò, anche se non volutamente, stiamo velocemente adattando le nostre esigenze alla nuova situazione per creare una sorta di normalità, tanto che, in un prossimo futuro, potrà accadere che le persone inizieranno a pensare: “Ehi, perché tornare a spostarmi se posso farlo da casa?”.

Tale adattamento avrà impatti incredibili anche nel mondo del lavoro: colossi come Amazon, Walmart e molti altri hanno già attuato piani di assunzione da più di 100.000 persone per far fronte ad una domanda che, anche per loro, non era mai stata così alta. Ma se da una parte il bisogno di personale cresce, dall’altra inevitabilmente cala e a risentirne saranno soprattutto quelle imprese che non hanno la possibilità di contattare i propri clienti con Internet, magari per via di un’attività non attuabile da casa o per la scarsa previsione riguardo a un futuro sempre più digitale.

Proprio per questo motivo lo smart working diventa un’arma fondamentale contro la disoccupazione: riuscire a trovare il modo di guadagnarsi da vivere anche restando a casa. Da un certo punto di vista il COVID-19 potrebbe portare una vera e propria rivoluzione in questo campo, per sfruttarlo ancora di più, mettendo in campo enormi competenze, perché i dipendenti potrebbero far leva sul fatto che non sarebbe necessario ritornare sul posto di lavoro, se è stato possibile in un momento d’emergenza avere gli stessi risultati anche dalla propria abitazione. Infatti, alcuni esperti prevedono che circa il 25% dei dipendenti che hanno attivato lo smart working potrebbero continuare a farlo anche dopo l’emergenza.

Con un’attività digitale non si può solo parlare di evoluzione dell’occupazione ma anche di creazione di nuovi lavori, già in sviluppo negli ultimi anni, ma che con tale situazione potrebbero crescere in modo esponenziale: si parla di “content creator” digitali. Piattaforme come Facebook, Instagram, YouTube, Twitch, stanno già offrendo, da diversi anni, una vera e propria fonte di guadagno a chi pubblica contenuti su di essi; tanto che tra i giovani parlare di Youtuber, Streamer o Influencer è all’ordine del giorno, per il fatto che è necessario solo un cellulare o una videocamera per creare un contenuto da pubblicare. Sotto tale spinta anche un mondo come quello della televisione e del cinema è cambiato ampiamente; infatti grazie ai contenuti streaming, in un momento in cui tutti sono costretti a rimanere a casa, molte aziende stanno riuscendo a mantenere i propri guadagni. Esempio lampante della necessità di dare ai clienti un contenuto che essi possano guardare in ogni momento è Disney, che, per via della pandemia, ha dovuto sospendere tutte le sue attività più remunerative, come: l’uscita di film al cinema, le crociere organizzate e i parchi a tema. Tutti i contenuti già esistenti sono stati caricati su una piattaforma stile Netflix, Disney+, per avere un consistente guadagno e cercare di limitare le perdite.

Avendo tutte queste disponibilità a casa ci si chiede se al termine dell’emergenza le persone avranno ancora voglia di andare fuori oppure avranno assimilato la “noia” di uscire; quasi sicuramente la stragrande maggioranza delle gente sarà contenta di tornare alla propria vita, ma una piccola parte potrebbe non voler più lasciare tale stato di “quarantena”, perché ormai troppo abituata alla nullafacenza e al relax; sarebbe quindi opportuno che lo Stato intervenisse su tali soggetti per incentivarli a riappropriarsi della propria esistenza. In modo da ritornare quantomeno ad una attività completa del sistema.

Al 100% tutte le attività che sono state condizionate dal virus saranno messe nuovamente sotto esame dalla popolazione, che nel frattempo avrà deciso cosa mantenere del vecchio sistema, cosa gettare o accogliere del nuovo. Si tratta solo di un processo accelerato di ciò che accade normalmente: ovvero, ciò che non viene ritenuto indispensabile viene eliminato.

Tutto quello che abbiamo scoperto durante la quarantena: applicazioni di videoconferenze, servizi digitali, ecc. saranno sicuramente tenuti molto più in considerazione al momento di prendere decisioni aziendali e diventeranno un modo nuovo di fare impresa; magari potrebbero rivelarsi più utili e determinanti di qualsiasi altro sistema. Sarà sicuramente un salto difficile da fare, perché in condizioni normali il cambiamento si sarebbe attuato nel corso di anni ma sarà anche un nuovo inizio per tutti: persone, imprese, Stati.

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