I contributi dei lavoratori pagano le pensioni dei più anziani. E’ un patto fra generazioni. Il sistema è sostenibile se la popolazione che lavora cresce in maniera proporzionale.
di Enrico Gaudenzi *
In questo difficile momento la mente va il più possibile all’emergenza COVID 19 e alle conseguenze in primo luogo sulla salute delle persone. In seconda battuta si pensa a come prevenire l’impatto di insostenibilità del sistema economico e sociale che sta subendo un ulteriore scossone dopo la crisi del 2008. Uno dei temi che andrà sicuramente affrontato sarà la sostenibilità del sistema previdenziale sammarinese. Ad oggi è ancora un sistema retributivo, ma come sappiamo è un modello abbandonato da decenni dall’Italia e da molti altri stati europei, dove si sta cercando di incentivare il più possibile un secondo pilastro (fondo di categoria o individuale) che permetta di integrare la pensione. In questi paesi, infatti, si è ridotta in maniera importante o ha un tetto massimo a seguito della scelta di un regime contributivo. Quest’ultimo si basa su un importo che ha come base di calcolo il montante contributivo – cioè i contributi versati durante la vita lavorativa – moltiplicato per un coefficiente di trasformazione stabilito per legge.
Perché pensare ad una riforma del sistema pensionistico?
Le principali motivazioni sono: l’invecchiamento della popolazione e il calo nascite, la crisi del mercato del lavoro e l’eccessiva spesa pubblica.
La maggior parte dei sistemi pensionistici oggi è a ripartizione: i contributi dei lavoratori pagano le pensioni dei più anziani. E’ un patto fra generazioni. Il sistema è sostenibile se la popolazione che lavora cresce in maniera proporzionale. San Marino si trova in un sistema a ripartizione con calcolo della pensione di tipo retributivo, cioè si fa riferimento alle retribuzioni percepite negli ultimi anni sulla base delle percentuali stabilite di cui all’art. 3 punto 1 della legge n. 157/2005. In pratica, si calcola una percentuale annuale sul totale della retribuzione con un tetto massimo. Per rendere sostenibile il sistema pensionistico si dovrà gioco forza passare ad un sistema misto o contributivo.
Un graduale passaggio che potrebbe contemplare l’utilizzo dell’attuale FONDISS – che è invece un fondo a capitalizzazione individuale istituito con la legge n. 191 del 6 dicembre 2011 con lo scopo di assicurare la liquidazione di un’ulteriore pensione, detta appunto complementare – come vettore che conduca ad un sistema di versamenti integrativi (anche di parte del trattamento di fine rapporto dei nuovi assunti), per raggiungere il risultato graduale di rendere il futuro di tutti più sereno, nella speranza che l’emergenza di oggi rientri al più presto.
*Chief Financial Officer per primarie aziende industriali e di servizi, già docente di Matematica finanziaria per l’Università di Bologna.