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San Marino, meno dipendenti in azienda e ora spaventa la CIG

da Redazione

Il Segretario Generale Vagnini preoccupato dai dati del monitoraggio di ANIS sulle aziende associate: “Dobbiamo pensare a come riaprire e ripartire”.

tabella anis

 

di Daniele Bartolucci

 

Se si ferma la “locomotiva” il Paese si blocca, ma non ha le risorse necessarie per restare in piedi. Il settore manifatturiero è quella locomotiva per San Marino: lo dicono da anni i numeri dell’occupazione e dei fatturati delle imprese, ma lo dicono anche le difficoltà di tanti altri settori, oggi aggravate dalla sospensione forzata delle attività, in particolare turismo, commercio e artigianato. In una situazione normale, le imprese del manifatturiero, garantiscono reddito e investimenti, capitali in entrata grazie alle esportazioni, contributi previdenziali e tasse (dirette o indirette attraverso i dipendenti) per lo Stato. Non bastano a sostenere tutto il sistema, si è visto, ma danno comunque una grossa mano. O meglio, davano. Perché da qualche settimana a questa parte anche questo settore trainante ha dovuto fermarsi a causa dell’epidemia da Covid-19: non tutto, è vero, ma in larga maggioranza. A misurare, quotidianamente, questa frenata, si è impegnata ANIS: “Abbiamo attivato un monitoraggio sulle nostre aziende associate”, spiega il Segretario Generale William Vagnini, “in grado di fornirci puntualmente i dati sia delle aziende delle filiere esentate dal blocco, sia di quelle che hanno ottenuto la deroga nei casi previsti dai Decreti, sia di quelle che invece hanno la produzione ferma. Sono dati che abbiamo raccolto e condiviso con il Governo, per meglio impostare i prossimi interventi e per dimostrare che le imprese in generale, e quelle associate in particolare, hanno già ridotto in misura significativa la presenza del personale sui luoghi di lavoro, ma anche che l’operatività si sta oltremodo contraendo. Queste analisi sono importanti anche per sostenere con la forza dei numeri quale sia l’impatto di questa epidemia sull’economia reale e il rischio che stiamo correndo se non interverremo quanto prima per invertire il trend, che si sta rivelando estremamente negativo. Dopo le prime tre settimane”, sintetizza Vagnini, “abbiamo visto che fin dall’inizio la presenza in azienda dei lavoratori delle aziende abilitate e di quelle in deroga era già fortemente ridotta, ma comunque restava un numero importante. Nel tempo abbiamo poi visto un aumento del telelavoro, che per ovvie ragioni non poteva crescere all’infinito visto che difficilmente riguarda la produzione. Questo è comunque un bene, perché si mantenevano posti di lavoro e produttività. Il problema è che, di giorno in giorno, sono aumentate anche le richieste di cassa integrazione, con una proiezione tale da rendere insostenibile il pagamento della stessa. Esaurite le risorse del fondo, che ammontano a circa 10-10,5 milioni di euro, l’unica strada è l’intervento statale”. Ma lo Stato ha già problemi di liquidità oggi e a breve deve anche corrispondere l’indennità di anzianità a migliaia di dipendenti pubblici, oltre al normale stipendio mensile: come potrà far fronte ad un intervento del genere? “C’è un’urgenza che riguarda, come noto, l’attivazione di una linea di credito esterna”, ricorda Vagnini, “ma al di là di questa, o meglio, in attesa di questa, occorre attivare tutte le azioni necessarie a reperire risorse all’interno del nostro sistema, partendo ovviamente dal Bilancio dello Stato. Ad esempio si possono svincolare tutte quelle spese messe in previsione per i prossimi mesi per interventi che oggi non sono prioritari o essenziali: eventi, manifestazioni, progetti non strategici. Inoltre abbiamo chiesto di rivedere tutta la spesa pubblica e il Governo ha garantito che da questa operazione si troveranno molte risorse”.

 

“FILIERE” A REGIME RIDOTTO MA COSTANTI

 

Il monitoraggio effettuato da ANIS si basa su due gruppi di aziende associate: da una parte quelle esentate dal blocco (le cosiddette “filiere”: alimentare, chimico e farmaceutico) e quelle che hanno chiesto di operare in deroga avendone i requisiti (come quelle che avevano degli ordini da esaurire), dall’altra le aziende associate più strutturate (hanno risposto al sondaggio una quarantina di imprese) e quindi con più dipendenti, senza distinzione tra settore di appartenenza. Nel primo caso, le aziende associate ANIS interessate sono 45 e il monitoraggio è stato costante e giornaliero. Si evidenziano due dati macro: il numero di occupati totale di queste aziende è di 2.598 e la presenza in azienda è sempre oscillata tra un massimo di 1.389 e un minimo di 1.192. E’ chiaro che ci siano delle differenze sostanziali da settore a settore: ad esempio le imprese di pulizia, forti dell’aumento di richiesta di igienizzazione, hanno lavorato a pieno regime. Lo stesso dicasi per le aziende chimiche, in particolare quelle che riforniscono la filiera della sanità. Buona la presenza media anche nella filiera alimentare. Mentre “alti e bassi” nelle aziende che hanno chiesto la deroga, ovviamente: si va da picchi di lavoro a pochissimi dipendenti in azienda. Il dato medio parla comunque di una forza lavoro impiegata a poco più del 50%, a volte anche meno.

 

AZIENDE IN DEROGA: AUMENTA LA CIG

 

L’altra analisi è invece stata predisposta su base settimanale, nei periodi 16-22 marzo, 23-29 marzo e 30 marzo-4 aprile. In questo caso, come spiegato sopra, si sono prese come campione le aziende con più dipendenti tra quelle associate ANIS, per un totale di 4.110 occupati. A queste aziende è stato quindi chiesto, per ogni settimana di riferimento, quanti dipendenti erano effettivamente presenti, quanti in telelavoro e quanti in cassa integrazione. Ebbene, come anticipato dal Segretario Vagnini, la dinamica è stata la seguente: la prima settimana erano presenti 1.862 dipendenti mentre 517 colleghi erano in modalità lavoro da domicilio, ma già 846 erano in CIG. La seconda settimana le presenze sono calate a 1.481 unità, mentre in telelavoro sono diventati 601 e 1.166 sono stati messi in cassa integrazione. L’ultima settimana monitorata ha evidenziato il ribaltamento dei valori iniziali: la maggior parte, 1.458 lavoratori, sono passati in CIG, mentre i presenti si sono ridotti a 1.153 e 634 (costanti quindi) sono i lavoratori da domicilio.

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