Home FixingFixing Di che si nutre il genio artistico in particolare quello musicale?

Di che si nutre il genio artistico in particolare quello musicale?

da Redazione

Nel libro “Giant’s bread” la giallista Agatha Christie entra nel mondo del pentagramma. Quale sia il legame che unisce Vernon Deyre e Boris Groen lo può sapere solamente Levinne.

 

di Simona Bisacchi

 

Nella sua enorme produzione letteraria, Agatha Christie si cimentò anche nella stesura di romanzi rosa, firmandoli con lo pseudonimo di Mary Westmacott. Tra questi, spicca un libro che sfugge a una collocazione così smaccatamente femminile. Il suo titolo originale è Giant’s bread, il pane del gigante.

Un titolo che racchiude il tema principale della storia: di cosa si nutre il genio artistico, in particolar modo il genio musicale? Dopo aver assistito all’opera Il gigante del compositore russo Boris Groen, il vecchio critico musicale Carl Bowerman confida all’impresario Levinne, di aver riconosciuto in lui il successore di Vernon Deyre, il promettente compositore inglese morto durante la prima guerra mondiale.

“Un gigante crudele, il genio, Levinne! Un mostro che si nutre di carne e sangue. Non so niente di Groen, eppure giurerei che abbia nutrito il suo gigante con la propria carne e il proprio sangue e forse anche con la carne e il sangue di altre persone”, in queste parole di Bowerman è contenuto il complesso nocciolo della vicenda, che viene ricostruita nell’arco delle 390 pagine successive.

Perché quale sia il legame tra Vernon Deyre e Boris Groen può saperlo solo Levinne. E non può confidarlo al vecchio critico musicale. Ma a noi sì. Ripercorriamo, così, la vita di Vernon Deyre sin dalla sua fanciullezza – da quando era spaventato dalla musica, da quando scappava terrorizzato davanti a un pianoforte perché il suono che produceva lo faceva stare male dentro – a quando intorno ai vent’anni del tutto inaspettatamente assiste a un concerto e decide che lo scopo della propria esistenza sarà comporre un’opera grandiosa. Studierà ogni singolo strumento, a cui mai si era avvicinato, per tradurre in spartito i rumori che si muovono nella sua testa. Ma tanto genio ha bisogno di pane per nutrirsi. Non basta la sua vita, all’artista servono anche le vite di tutte le persone che gli sono accanto. Dagli amici di una vita: il ricco impresario teatrale Sebastian Levinne e la cugina Josephine, innamorata delle cause perse. Alle due donne di cui si innamorerà, l’ordinaria e (per definizione) adorabile Nell e l’intrigante cantante Jane.

Ed è proprio a queste due donne che è dedicato il titolo in italiano, Nell e Jane, una traduzione che non rende merito all’originale e che si sforza di inserire nel genere “rosa” un romanzo che ha la sua forza nella complessità emotiva di personaggi mai del tutto positivi, che oscillano tra l’egoismo più infimo e la più alta nobiltà d’animo.

Ed è ancora una volta il critico musicale Bowerman a riassumere l’ipnotico dondolio di questa storia, sempre nel prologo, ammettendo: “Man mano che invecchio mi convinco sempre più che non esiste nulla di tanto patetico, ridicolo, assurdo, e di tanto assolutamente meraviglioso quanto l’uomo”.

All’inizio non sarà affatto una storia avvincente, ma lentamente svela di quale amore, e ipocrisia, ed egoismo, e profondo sacrificio sia capace l’essere umano. Mentre il genio esplode, mentre la guerra fa mettere in discussione ogni risoluta decisione, mentre si sopravvive all’orrore, all’amnesia e alla presunzione, il gigante cresce. Si nutre di ogni momento.

Ed è spiazzante, fino alla fine, constatare quale costo abbia il suo pane.

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