Home categorieCultura Visto per voi al teatro Petrella di Longiano: “10 miniballetti” di Francesca Pennini

Visto per voi al teatro Petrella di Longiano: “10 miniballetti” di Francesca Pennini

da Redazione

Un assolo lungo come un respiro (45 minuti), denso di bellezza, abilità, comicità e di raffinata poesia.

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di Alessandro Carli

 

LONGIANO(FC) – Mai come oggi la danza si sta ritagliando un ruolo di primissimo piano nella sperimentazione teatrale, forse in maniera più incisiva degli spettacoli di parola: le capacità esplorative del corpo e dei movimenti permettono di azzardare contaminazioni e richiami nobili e allo stesso tempo di illuminare anche gli angoli più bui della scena. La danza ha capito quindi, ben prima di altre forme drammaturgiche, la necessità (chiamarla urgenza è forse eccessivo) di adottare registri anche comici pur mantenendo la cristallinità del gesto del corpo.

Esempio nitido ne è 10 miniballetti, assolo di Francesca Pennini (fondatrice del gruppo ferrarese CollettivO CineticO) e passato sulle assi del teatro “Petrella” di Longiano il 18 gennaio 2020, un “Decalogo” che unisce danza, ginnastica, Pilates e parola lungo come un respiro (45 minuti) denso di bellezza. Dieci “piccoli indiani” (con un finale diverso, ovviamente) che prendono spunto da un piccolo quaderno di appunti ritrovato in cui una giovane ragazzina disegna, ipotizza e inventa piccole scenografie per una serie di performance.

Francesca Pennini (foto: ClaRo) dimostra di conoscere la Grande Storia del teatro – nell’ouverture, davanti al fondale, ritroviamo un grande ventilatore e un mucchio di piume bianche che riportano alla “gabbia” di Giorni felici di Samuel Beckett – ma preferisce, giustamente, non incensarla: è piuttosto il punto di inizio, l’elemento totemistico che dà un appiglio al pubblico (davvero numeroso) e che poi diventa parte dello spettacolo.

L’indovinato abbattimento della quarta parete – l’artista scende dal palco e cammina tra le sedie della platea e per tutto lo spettacolo dialoga con il pubblico – azzera le distanze: nell’abbandonare in parte la (potenziale) dimensione cristallizzata del palcoscenico, Francesca Pennini dà una vita “altra” ai “nove quadri + uno” (nove la vedono in scena, uno invece è “robotizzato” con un drone che “danza” sopra e sotto e attorno alla montagnola di piume che volano in aria e scendono sino agli spettatori, ricreando un effetto neve che riempie gli occhi di meraviglia) che solo alla fine trovano un’unità di forma e quindi d’arte. Francesca, completamente nuda e ricoperta solamente da un gioco di luci che mostra e non fa vedere, si cosparge di corpo di una crema di color nero per indossare una nuova pelle (richiamo al dramma dell’immigrazione?): dà così l’addio all’infanzia dei sogni e diventa donna, pronta a mettere al mondo una figlia che avrà i suoi stessi sogni di quando era bambina.

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