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Editoriale: San Marino, un Governo che sia forte e compatto

da Redazione

Ogni giorno assistiamo alla nascita come funghi di nuovi “partitini” e nuovi movimenti…

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di Alessandro Carli

 

Nemmeno il tempo di riflettere sull’accaduto – la crisi di Governo – che, anche se ancora non ufficialmente, è già scattata la campagna elettorale che porterà i cittadini sammarinesi a esprimersi l’8 dicembre.

Tutto bene quindi? Non proprio, anzi: a leggere i comunicati stampa a ritmi quasi quotidiani che vengono inviati ai media stiamo registrando una frammentazione politica che va invece in direzione “ostinata e contraria” rispetto alle reali esigenze del Paese. Ogni giorno difatti assistiamo alla nascita come funghi di nuovi “partitini” e nuovi movimenti…

Quello che urge alla Repubblica di San Marino per superare la fase critica che sta imperversando ormai da troppo tempo è – come abbiamo scritto più e più volte sulle pagine del giornale – una sorta di Governo di unità nazionale o di larghe intese – la definizione non importa – che permetta di superare una situazione di emergenza eccezionale e di rimandare a un secondo momento la normale gara tra idee e interessi contrapposti. Decaduta questa opzione, ora la speranza – non solo nostra ma anche del mondo delle imprese – è che tra meno di due mesi dalle urne esca una Maggioranza che sia davvero forte e compatta, come richiede il momento. In caso contrario sarà davvero difficile che possano essere approvate tutte quelle grandi riforme (ci riferiamo, in ordine sparso, alla messa in sicurezza del bilancio dello Stato, al passaggio dall’imposta monofase al sistema IVA, alla riforma delle pensioni) su cui si gioca il futuro della Repubblica di San Marino. Una legislatura che “vivacchia”, che lavora con la modalità “della pezza e del cerotto” non ce la possiamo può permettere. Lo ripetiamo con forza: per superare questo momento di stallo e di massima difficoltà serve solo una cosa: coesione. È davvero una missione impossibile avviare una nuova stagione politica basata sui contenuti e sull’interesse del Paese che sia in grado affrontare con la dovuta decisione le riforme necessarie in modo che il Monte Titano possa uscire in maniera definitiva dalla crisi più profonda della sua storia? Noi, sinceramente, crediamo di no.

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