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I dazi USA sull’Unione europea non toccheranno San Marino

da Redazione

Indirettamente però l’imposta sulle importazioni potrebbe avere ricadute anche per il Monte: sono molte le imprese italiane che utilizzano macchinari realizzati sul Titano.

DaziUsaUe

 

di Alessandro Carli

 

Una “bastonata” da circa 7,5 miliardi di dollari contro l’Unione europea: il 18 ottobre sono scattati i dazi voluti dagli USA (ma soprattutto dal suo Presidente Donald Trump) su moltissimi prodotti del Vecchio Continente. È quanto si legge in una nota del Dipartimento del Commercio statunitense pubblicata dopo il verdetto della Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio: gli Stati Uniti d’America quindi potranno applicare l’imposta sui prodotti importati come compensazione in merito alla disputa legale tra i due gruppi più grandi di costruttori di aeroplani al mondo, Airbus e Boeing. L’Ue, lo ricordiamo, è stata accusata di aver aiutato in modo illegale Airbus nello sviluppo e lancio di alcuni suoi modelli. Il braccio di ferro è iniziata ben 15 anni fa quando Airbus si impose come primo produttore per consegne di velivoli nel mondo. Per gli USA il consorzio europeo ha ricevuto sussidi per 22 miliardi di dollari di flussi illegali di denaro, per gli europei invece Boeing ha avuto circa 23 miliardi di dollari di aiuti.

 

ALIQUOTE TRA IL 10 E IL 25%


La “scure” (le aliquote, in base alla tipologia di prodotti, varia dal 10 al 25%) si abbatterà principalmente sui quattro Paesi del consorzio Airbus – Regno Unito, Francia, Germania e Spagna – ma riguarderà anche gli altri Stati dell’UE, in primis l’Italia e che potrebbe portare rincari, su alcuni prodotti, sino al 100%

A spuntare l’elenco dei Paesi che verranno colpiti dai dazi non c’è il nome della Repubblica di San Marino: nonostante abbia sottoscritto un Accordo di Cooperazione e Unione Doganale con l’UE, è un “Paese terzo” e quindi direttamente non soggetto all’imposta. Indirettamente però le cose sono un po’ diverse: molte imprese italiane dei settori messi “al bando” dagli USA utilizzano macchinari sammarinesi quindi è facile pensare che ci possano essere alcune ricadute, tutte ovviamente da quantificare.

 

DAZI USA: I SETTORI

 

Il primo settore che appare nell’elenco è, ovviamente, quello dei “Nuovi velivoli e altri aeromobili (diversi dagli aeroplani militari o altri aeromobili militari), di peso a vuoto superiore a 30.000 kg”. L’imposta – che “cadrà” solo sulle Nazioni che aderiscono al consorzio (Regno Unito, Francia, Germania e Spagna) – è del 10%.

È invece del 25% (e riguarda solo il Regno Unito) il “peso” del dazio su whisky ma anche sui prodotti di abbigliamento “tipici” del territorio.

Stessa aliquota ma allargata a moltissimi altri Paesi (Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito) per l’importazione negli USA delle eccellenze enogastronomiche. I dazi, per quel che riguarda l’Italia, “caleranno” sul latte e i suoi derivati, quindi sul Parmigiano Reggiano, sul Provolone e sul Pecorino, ma anche sulla frutta e sul pesce. E proprio sui formaggi è intervenuto il presidente del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano. Nicola Bertinelli difatti ha detto che attualmente si vende negli USA un totale di 10 milioni di chilogrammi di Parmigiano all’anno: “Se con l’introduzione di tariffe rincarate il prezzo salirà a 60 euro al chilo, stimiamo perdite del 90% del giro d’affari negli Stati Uniti. Il che significa dover trovare nuovi spazi di mercato per 9 milioni di chili. Il tutto chiedendosi: che c’entriamo noi con gli aiuti giudicati illegali a Airbus?”. Per la Coldiretti “I prodotti più colpiti per l’Italia sono il Parmigiano Reggiano ed il Grana Padano con un valore delle esportazioni di 150 milioni di euro nel 2018 in aumento del 26% nel primo semestre di quest’anno ma anche il pecorino con un valore di 65 milioni di euro in crescita del 29%”.

Anche il Presidente italiano Mattarella non ha mancato di criticare la “mossa” statunitense: “Si rischia una spirale che contraddirebbe lo spirito euroatlantico. Nessun Paese può pensare di farcela da solo. Serve una risposta unita della Ue. Mi auguro che l’applicazione non venga mai attuata, abbiamo a cuore il rapporto con gli Usa, ma dobbiamo lavorare insieme per recuperare lo spirito originario dei rapporti transatlantici”.

Di certo il 18 ottobre non sarà l’inizio della fine: tra qualche mese la WTO si dovrà pronunciare anche sugli aiuti che gli States hanno dato a Boeing. Impossibile sapere se l’UE vorrà rendere pan per focaccia. Lo screzio potrebbe essere l’occasione per far sedere attorno a un tavolo (magari senza prodotti agroalimentari) le parti per stabilire nuove regole d’ingaggio per il settore, che disciplinino una volta per tutte i sussidi pubblici.

 

INTERSCAMBI: ITALIA SOPRATTUTTO


Per la Repubblica di San Marino l’Italia è la nazione con cui avviene la maggior parte dell’interscambio commerciale, pari all’82,80% sul totale (83,23 nel 2016). È quanto si può leggere nella “Relazione Economica e Statistica” firmata dall’UPECEDS. Più in dettaglio il commercio con l’Italia conta per il 78,48% delle importazioni (78,83 nel 2016) e per l’86,24% delle esportazioni (86,71 nel 2016). Per la restante parte del commercio estero risaltano in primo luogo: Cina (3,8%), Germania (2,5%), Polonia (1,7%) e Paesi Bassi (1,5%) per le importazioni e Svizzera (1,1%), Russia (0,9%), Germania (0,9%) e Francia (0,8%) invece per le esportazioni. Attualmente risulta irrilevante il rapporto di scambi commerciali con gli USA, ma chissà che la querelle dei dazi non possa creare qualche interessante opportunità di sviluppo. Complessivamente “l’interscambio commerciale, ovvero la somma del totale delle esportazioni e delle importazioni a livello nazionale, si è mantenuto stabile rispetto all’anno precedente”, ma “arrestando la serie espansiva iniziata nel 2014”.

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