Home FixingFixing San Marino, Tavolo Istituzionale: da decidere metodo, riforme e garanzie

San Marino, Tavolo Istituzionale: da decidere metodo, riforme e garanzie

da Redazione

Politica e parti sociali hanno iniziato gli incontri, ma ci sono posizioni differenti: c’è chi vorrebbe limitarsi alla Legge di Bilancio, chi invece vorrebbe delineare un piano complessivo.

tavolo1

 

di Daniele Bartolucci

 

Il Tavolo Istituzionale è ufficialmente partito, ma per comprenderne l’efficacia ci vorranno ancora diversi giorni di incontri e probabilmente scontri. Nato sotto i migliori auspici e con il placet di tutte le forze politiche, infatti, non è ancora nemmeno “apparecchiato”: in buona sostanza, se fosse una cena, al momento sono solo stati fatti accomodare i commensali. Il “menu” è ancora tutto da scrivere: quali temi verranno discussi a questo tavolo? E quali interventi potranno essere decisi, ammesso e non concesso che si possano poi realizzare, visto che non c’è un Consiglio Grande e Generale per approvare le leggi e il Congresso di Stato è in ordinaria amministrazione fino alle elezioni dell’8 dicembre? Le cose da chiarire sono quindi molte, a partire dalle “regole di ingaggio”, perché se è vero che la politica si siede al Tavolo Istituzionale senza differenze tra maggioranza e minoranza, anche le parti sociali chiedono pari dignità e, soprattutto, delle garanzie sulle decisione che dovranno assumere: tradotto, quello che si decide in questa sede, non dovrà essere rinnegato dopo le elezioni, chiunque vinca e chiunque perda. Anche per questo, probabilmente, c’è chi vorrebbe inserire nel “menu” le principali problematiche del Paese per metterle in cassaforte (riforma delle pensioni, messa in sicurezza e rilancio del sistema bancario e Spending Review), al contrario di chi preferirebbe limitarsi alla Legge di Bilancio, primo obiettivo da raggiungere in poche settimane, lasciando di fatto poi tutto il resto nelle mani del prossimo Governo (e poterselo giocare in campagna elettorale).

 

IL BILANCIO DELLO STATO E LA SPENDING REVIEW


Nell’assestamento di Bilancio approvato nella seduta straordinaria (con il Consiglio già sciolto, ma “arruolabile” grazie al Decreto dei Reggenti concordato con tutte le forze politiche, che avevano sottoscritto l’ormai famoso Ordine del Giorno che ha decretato la fine della legislatura) non ci sono e non ci potevano essere grandi interventi, se non quelli contabili. Molto invece potrebbe arrivare con la Legge di Bilancio che la politica si è impegnata ad approvare prima delle elezioni: i conti, che non sono in equilibrio da anni (il disavanzo è di diversi milioni di euro e voci di corridoio parlano di un peggioramento repentino), vanno sistemati e probabilmente questa è l’occasione giusta per iniziare a metter mano alla spesa pubblica, visto che nessun partito o coalizione può permettersi di farlo da soli per non perdere consenso. Una Spending Review che sia passata dalle parole ai fatti, purtroppo, non si è ancora vista, con la conseguenza che la spesa corrente continua ad aumentare e con essa anche l’inefficienza di alcuni settori ancora in mano allo Stato.

Quei servizi o strutture che, al contrario, andrebbero privatizzati o esternalizzati, mettendoli a mercato o nelle mani del privato: non è automatico che si otterrebbero dei guadagni, ma di certo si toglierebbero dei costi, ormai insostenibili.

L’altro fronte su cui agire è ovviamente quello dei dipendenti pubblici su cui grava il mancato accordo con i sindacati per un rinnovo del contratto che da una parte non leda i diritti dei lavoratori, ma dall’altra allinei trattamenti economici e orari di lavoro a quelli del settore privato. Nel mentre, qualcosa si potrebbe comunque fare: dall’abolizione di alcune festività nazionali (che darebbe vantaggi anche al settore privato) fino ad un contratto di solidarietà temporaneo (2 o 3 anni?) che preveda un risparmio comunque consistente sul monte salari.

 

LA PRIMA PRIORITÀ: IL SISTEMA BANCARIO


Il sistema bancario sammarinese resta la priorità numero uno, anche al netto delle situazioni particolari di Cassa di Risparmio e CIS: la raccolta bancaria come noto si è dimezzata e, in generale, gli NPL continuano a pesare sui bilanci degli istituti. Unito a questo, c’è l’annoso problema della liquidità e del costo del denaro, che penalizza non solo le banche, ma anche il tessuto imprenditoriale e le famiglie.

I tassi di interesse richiesti per l’accesso al credito non sono competitivi con quelli oltre confine (e con le banche europee in generale) e la fiducia dei clienti non è certamente ai massimi livelli.

Occorre dunque trovare una soluzione quanto prima. Per gli NPL si attende a brevissimo la presentazione della nuova strategia ideata da ABS con o attraverso la nuova Banca Nazionale Sammarinese, che potrebbe fungere da collettore per tutti gli NPL delle banche e non solo per quelli dell’ex CIS. In questa operazione, si è già detto, dovrebbero rientrare anche nuove normative (basti pensare a quelle per il mercato immobiliare, che a detta degli addetti ai lavori rappresenta il “grosso” degli NPL), per cui si torna al punto inziale: chi approverà le leggi se il Consiglio è sciolto?

Ma anche risolvendo la questione dei crediti non performanti, si arriverà comunque a metà dell’opera: come lo Stato, anche il settore bancario dovrebbe avviare una Spending Review epocale. Del resto, se la raccolta è calata, lo è anche l’operatività: ma le spese correnti non sono diminuite ed oggi gravano sui bilanci con pesi sempre maggiori (è il caso di Cassa di Risparmio, con l’innesto dei dipendenti ex Asset Banca, ad esempio, ma anche della nuova BNS, che ha mantenuto i dipendenti del Cis). Anche in questo caso c’è un contratto nazionale – assai più impegnativo di quello del settore pubblico – da rivedere e da riallineare al contesto economico attuale.

Ma anche qui l’accordo con i sindacati è inesistente: solidarietà e mobilità sono due termini impronunciabili in certi consessi, nonostante i dati dicano obiettivamente che la forza occupata sia sovradimensionata e che gli stipendi percepiti siano anacronistici.

 

LE ALTRE RIFORME: PENSIONI E IVA


Se il Tavolo Istituzionale fosse reale, oltre al Bilancio e alle banche, le atre due gambe potrebbero essere le pensioni e l’IVA, le due grandi riforme che San Marino attende da anni e che – non a caso – rappresentano un bel po’ di quel consenso che si diceva all’inizio. Ovviamente un consenso garantito se non si cambiano le cose. Anche se questo tergiversare costa parecchio al Bilancio dello Stato e alla collettività. Basti pensare al superamento della monofase con l’introduzione di un sistema di imposte indirette sul modello dell’IVA europea, che risulterebbe non solo più equo (chi più spende più versa), ma darebbe anche allo Stato la possibilità di agire su una leva finanziaria importante per incassare di più o di meno a seconda del bisogno. L’aver rimandato questa scelta (tra le altre cose, importantissima per le imprese sammarinesi che operano con l’estero) ha di fatto tolto incassi allo Stato, ma anche fatto perdere competitività al sistema stesso: se dieci anni fa San Marino si poteva infatti permettere aliquote allettanti molto più basse dell’Italia e di altri Paese europei, oggi i conti pubblici non lo permetteranno e, pur con dei differenziali, probabilmente si allineeranno a quelle degli altri Paesi. In ogni caso, resta una strada certa per migliorare sia l’efficienza del fisco sia in funzione dell’interscambio commerciale nel mercato UE. Lo stesso dicasi delle pensioni, il cui impianto è stato definito anche dai tecnici esperti come insostenibile. Già oggi il saldo previdenziale tra entrate contributive e pensioni erogate è in rosso per decine di milioni di euro, rimpinguati solo grazie alla capacità del patrimonio (circa 450 milio di euro) e all’intervento dello Stato. Ma in futuro, eroso il patrimonio in pochi anni, lo Stato rischia di doversi far carico di centinaia di milioni di euro di pensioni ogni anno. Insostenibile, appunto. Anche per questo la riforma delle pensioni, oltre a dover garantire alle future generazioni di lavoratori un reddito dignitoso, è strettamente collegata al Bilancio dello Stato. Lo stesso Bilancio che già deve fare i conti con l’ingente spesa corrente e l’aumento del debito pubblico, e su cui occorre uno sforzo collettivo per trovare soluzioni condivise e sostenibili.

Poi, e solo poi, verrebbe da dire, si potrà pensare alle elezioni.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento