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Cogenerazione industriale: l’Italia investe, il Monte Titano al palo

da Redazione

Solo nel 2018 impianti per 443 milioni di euro e a San Marino non c’è ancora la norma. Attive quasi 1.600 unità, con una produzione che ormai da diversi anni supera i 13 mila MW.

cogenerazione schema

 

di Daniele Bartolucci

 

La Green Economy continua a sviluppare settori industriali e a generare investimenti in tutto il mondo, ad esempio in Italia. Ma a San Marino fatica a trovare lo stesso spazio, a volte per motivi oggettivi legati alle dimensioni e alle riconversioni di filiere produttive, a volte invece per una normativa assolutamente non al passo coi tempi. E’ il caso della cogenerazione industriale, che in Italia viene sviluppata fin dagli anni ’70 e che a San Marino non è nemmeno normata. Da anni si attende un aggiornamento in tal senso (al momento sono regolamentati solo gli impianti “micro”), ma nonostante le ripetute sollecitazioni da parte delle associazioni di categoria e i diversi progetti già pronti a partire, ancora non è arrivata una soluzione. E con essa non sono arrivati nemmeno gli investimenti. Tanti, se si guarda all’Italia, dove solo nel 2018 “le soluzioni di efficienza energetica maggiormente adottate nel comparto industriale sono state i sistemi di combustione efficiente e la cogenerazione, con investimenti rispettivamente di 459 e 443 milioni di euro”.

I dati sono stati presentati dalla School of Management del Politecnico di Milano e sono riportati nell’Efficiency Energy Report 2019 di Energy&Strategy Group che “si concentra sull’industria dell’efficienza energetica italiana che vale 2,3 miliardi di euro”. Dal rapporto emerge “un mercato in forte crescita (+6,3%) con oltre 7 miliardi di investimenti nel 2018 (2,3 riconducibili al comparto industriale), tre quarti dei quali per innovazioni che integrano tecnologie per l’efficientamento energetico e soluzioni digital nel più complesso sistema di gestione della fabbrica, sfruttando l’eccezionale traino del Piano Industria 4.0”. Senza dimenticare che l’autoproduzione di energia elettrica da cogenerazione è incentivata in Italia con il meccanismo dei Certificati Bianchi sin dal 2004.

 

UNA TECNOLOGIA AMICA DELL’AMBIENTE


La cogenerazione permette di produrre contemporaneamente energia termica (recuperando il calore) ed elettrica sfruttando un unico impianto, quindi a vantaggio delle imprese industriali, ma c’è un effetto positivo che è di gran lunga più vantaggioso: ridurre l’impatto sull’ambiente, utilizzando ad esempio combustibili “green” come il gas naturale o biomasse. Inoltre, questo tipo di sistema consente di ottenere il massimo rendimento dall’energia, oltre a vantaggi quali: una riduzione dell’inquinamento atmosferico per quanto riguarda l’emissione di CO2 e della contaminazione termica; un risparmio economico dovuto a un consumo minore del combustibile usato; l’accesso ad agevolazioni (in molti Paese, non a San Marino al momento) per la realizzazione di questa tipologia di impianti. Anche per questo, secondo il Ministero dello Sviluppo Economico (fonte: “Relazione annuale sulla cogenerazione in Italia”, pubblicata l’anno scorso) già nel 2016 in Italia erano attive ben 1.584 unità, con una produzione energetica stimata in 13.344 MW. Se è vero, come riportato dallo studio citato sopra, che gli investimenti nel 2018 sono stati di almeno 443 milioni di euro, questo numero probabilmente è aumentato nel tempo. E questo nonostante la flessione dovuta alle norme disincentivanti introdotte dal Decreto Energivori. “E’ un mercato che ha saputo superare la crisi dei Certificati Bianchi ma il cui tasso di incremento si è ridotto a causa dell’introduzione di norme, come il cosiddetto Decreto Energivori”, ha spiegato a tal proposito il direttore dell’E&S Group, Vittorio Chiesa, “che diminuendo i costi dell’energia disincentivano gli interventi in efficienza”. Nonostante questo, i milioni di euro di investimenti (anche stranieri, si veda articolo in alto su Coca-Cola), non si fermano. Sul tema, anche se non specificatamente, il Governo Conte “bis” potrebbe intervenire a breve, avendo messo nero su bianco tra i 26 punti programmatici anche diversi impegni in tale direzione: (5) “Più attenzione all’ambiente, maggiore ricorso alle fonti rinnovabili […] Promozione dello sviluppo tecnologico e le ricerche per promuovere e realizzare un’economia circolare”, di cui la cogenerazione è un esempio palese; (6) “Potenziare le politiche sul dissesto idrogeologico, sull’efficientamento energetico…”.

Anche il Governo di San Marino (sia quello attuale che quelli precedenti) ha annunciato più volte politiche economiche e di sviluppo che guardassero con maggiore attenzione all’impatto ambientale e alla Green Economy in generale, ma sulla cogenerazione ancora non si è mosso nulla.

 

COCA COLA CI CREDE


Coca-Cola HBC Italia, il principale imbottigliatore dei prodotti a marchio The Coca-Cola Company sul territorio nazionale italiano, ha inaugurato nei mesi scorsi la seconda linea di produzione asettica – per l’imbottigliamento di tè freddi, bevande isotoniche e vegetali – dello stabilimento di Nogara, il più grande d’Europa. L’ultimo step di un piano industriale da oltre 100 milioni di euro che l’hanno resa un polo industriale all’avanguardia anche in termini di sostenibilità. Esso infatti utilizza energia elettrica proveniente da un impianto di cogenerazione in grado di produrre elettricità, calore e acqua refrigerata, in quantità tale da renderlo potenzialmente autosufficiente. A cui si aggiunge il fotovoltaico.

 

IL CASO VIRTUOSO DELLE CARTIERE ITALIANE


“L’industria cartaria, grazie alla produzione combinata di energia elettrica e termica e ai continui investimenti in efficienza, raggiunge i più bassi livelli di consumo di energia, contribuendo fattivamente alla limitazione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra”. Così Assocarta, l’associazione che raggruppa le cartiere italiane, nel proprio Rapporto Ambientale 2019, in cui vengono illustrati i passi in avanti completati dal settore nella green economy e nella riduzione dell’impatto ambientale. “Il processo di fabbricazione della carta richiede significative quantità di energia, sotto forma sia di calore che di energia elettrica”, ammettono gli industriali, tanto che “gli approvvigionamenti di fonti energetiche rappresentano generalmente per le cartiere la seconda voce di costo, con un’incidenza valutabile in media nell’ordine del 20% dei costi di produzione”. Costi aggravati dal mercato italiano, tra i più cari in Europa. Questa situazione “ha fatto si che il settore abbia sempre lavorato per mantenere i più alti livelli di efficienza nell’impiego dell’energia, con un miglioramento dell’efficienza energetica di quasi il 30% registrato da quando misuriamo questo parametro”. Uno sviluppo positivo grazie proprio alla cogenerazione: “La possibilità di impiegare nel proprio processo sia il vapore sia l’energia elettrica ha inoltre favorito, dove le dimensioni lo hanno consentito, l’introduzione di moderni sistemi di cogenerazione, con effetti positivi sul consumo di fonti primarie, ridotte di un terzo rispetto al necessario se il settore avesse dovuto approvvigionarsi delle stesse quantità di energia dalla rete nazionale”. Tradotto in dati, “attualmente il settore produce l’81% dell’energia elettrica di cui necessita, utilizzando quasi esclusivamente la fonte combustibile fossile meno impattante, ovvero il gas naturale, in impianti di cogenerazione ad alta efficienza”.

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