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Quando i risultati sono diversi dagli obiettivi: cause e soluzioni

da Redazione

Simone Selva: “Spesso l’idea sembrava geniale, ma l’impresa non l’ha realizzata”. “Servono strumenti che permettano di tradurre gli obiettivi in messaggi per l’organizzazione”.

Simone Selva

 

di Daniele Bartolucci

 

Molto spesso, l’impresa non realizza ciò per cui è stata creata. L’idea sembrava geniale ma i risultati sono lontani dai desiderata. Qual è il problema? Il Dott. Simone Selva, docente dei corsi di formazione di ANIS, analizza cause e soluzioni ad una situazione non inusuale nel mondo imprenditoriale.

 

IL GAP TRA STRATEGIA E RISULTATI


Ottenere Performance soddisfacenti è il vero problema di ogni imprenditore: riuscire a vedere realizzato quel progetto, quell’idea, quell’intuizione che ha portato a rischiare i propri denari. Eppure molto spesso, l’impresa non realizza quei risultati per i quali è stata creata. L’idea sembrava geniale e anche la modalità di comunicarla e di veicolarla ai clienti appariva unica, eppure le Performance raggiunte evidenziano una incolmabile distanza rispetto a quello che ci si era prefigurati. Dove sta il problema? L’idea era forse eccessivamente ottimistica? La strategia per metterla in atto non era poi così vincente? Oppure semplicemente l’azienda non ha reagito, non ha compreso con efficacia il messaggio della direzione? La strategia, cioè, è rimasta un grande piano senza però trovare poi riscontro nel quotidiano agire aziendale?

 

L’IMPLEMENTAZIONE DELLA STRATEGIA

 

Il vero compito di management e staff è quello di comprendere ciò che l’imprenditore vuole e tradurlo in azioni concrete sul campo. Prendiamo ad esempio un ristorante: un imprenditore vuole creare un posto elegante, con buona cucina, uno staff di camerieri accogliente e alla mano, servendo pasti per tutte le tasche. Vengono assunti uno chef con esperienza, un capo sala e una squadra di camerieri giovane e formata. Nel ristorante all’inizio tutto procede a gonfie vele. Dopo un certo periodo però i clienti iniziano a diminuire, a fine mese i costi sono sempre superiori ai ricavi e di lì a poco l’imprenditore si domanda cosa sia andato storto. Incontrando per strada un vecchio cliente gli domanda perché non sia più tornato. E il cliente “si mangiava anche troppo, non ho mai visto certi piatti in quelle quantità e a quei prezzi! Ma i tuoi camerieri proprio non si sopportavano”. L’imprenditore rimane allibito: che fine ha fatto la sua idea di business? Il suo era diventato un ristorante dove si mangiava troppo e dove lo staff di sala era tutt’altro che alla mano. Se infatti l’idea era probabilmente interessante, l’imprenditore non si è preoccupato di istruire a dovere i suoi collaboratori su cosa dovessero fare e soprattutto come dovessero operare per realizzarla. In secondo luogo mai aveva avuto il problema di verificare se i comportamenti e le prassi da applicare fossero effettivamente adottate. E così il ristorante forniva piatti che non poteva permettersi con prezzi così bassi e d’altra parte i clienti venivano trattati male dai camerieri. L’esempio di assoluta fantasia mostra con chiarezza quali rischi possa correre l’azienda in mancanza di strumenti e sistemi atti a riportare la strategia su tutti i reparti aziendali. Molto spesso non si riesce a capire se una strategia sia buona o cattiva semplicemente perché essa, pur proclamata, non riesce a sfondare i muri della direzione generale e a pervadere tutte le parti del corpo aziendale, non venendo di fatto perseguita. La capacità di tradurre gli obiettivi strategici in azioni operative è pressoché impossibile, in contesti di una certa dimensione, senza l’utilizzo di adeguati sistemi manageriali. Serve un processo strutturato che permetta di tradurre gli obiettivi in messaggi chiari e comprensibili che possano guidare l’agire aziendale.

 

TRADURRE GLI OBIETTIVI IN AZIONI


Per prima cosa, avverte Selva, “la mission non è una favola per bambini”. Infatti, “la mission coincide con la ragion d’essere, lo scopo ultimo dell’impresa. Essa è tipicamente ‘customer centric’, ossia si focalizza sui bisogni del cliente cui l’azienda, con la propria esistenza, intende rispondere. Esplicitare lo scopo ultimo dell’impresa, come ad esempio “To create a better everyday life for the many people” (IKEA) non è uno sforzo inutile, anzi, è necessario per chiarire a tutti cosa vuole fare l’impresa. La mission deve diventare per tutti un riferimento, un metro di paragone, pertanto occorre che essa sia studiata, identificata, formulata e comunicata”. Secondo concetto basilare, “la strategia deve essere descritta e declinata in modo preciso”. “Troppo spesso la strategia, derivante dalla mission, è troppo generica, troppo vaga”, ammette Selva. “Se si formula una strategia si devono necessariamente esplicitare i seguenti aspetti: Chi siamo? Cosa vogliamo fare? Perché ci dovrebbero scegliere? Le risposte a queste domande devono essere poi tradotte in elementi concreti e dettagliati: orizzonti commerciali (regionale/nazionale/world wide); qualità del prodotto/servizio (alto/basso); prezzi di vendita (alta / bassa fascia); livello di servizio (alto/ basso); integrazione/esternalizzazione di fasi produttive; processi interni all’organizzazione; struttura di costo aziendale (importanti costi di struttura v.s. flessibilità)”. Inoltre, “non basta pianificare i risultati finanziari con chi si occupa di amministrazione. Troppo spesso si considera il processo di Budgeting come una attività di mera previsione degli andamenti futuri. I manager di prima linea accompagnati tipicamente dagli amministrativi, delineano cioè un documento previsionale per cercare di definire quali risultati l’azienda otterrà nel prossimo esercizio. Certamente”, spiega Selva, “la capacità di produrre numeri previsionali utilizzando algoritmi di calcolo raffinati può rivelarsi una risorsa per l’impresa, ma se quel documento, pur metodologicamente corretto, non viene adottato per guidare ogni singolo reparto aziendale, molto probabilmente tutto lo sforzo si rivelerà sterile. Se invece il Budget, come documento previsionale, nasce da un vero e proprio processo di condivisione e responsabilizzazione delle risorse in relazione ai risultati pianificati, la reattività dell’impresa agli obiettivi strategici potrà rivelarsi ben più accentuata. Il processo di Budgeting deve infatti permettere di tradurre gli obiettivi di profittabilità, crescita, liquidità e solidità, pianificati al vertice, in obiettivi concreti per ogni ufficio o segmento di business. La grande competenza che è dunque richiesta agli amministrativi è quella di saper collegare gli obiettivi di profittabilità di vertice con obiettivi di risultato operativo”.

 

“NON DI SOLI EURO VIVE L’AZIENDA”


“La reportistica tradizionale si focalizza su un’architettura di misure prettamente economico-finanziarie. La capacità di misurare e segmentare i risultati aziendali è certamente necessaria, ma non sufficiente. Osservando infatti solo ed unicamente i risultati economici si possono correre i seguenti rischi: focalizzarsi solo sul reddito di breve periodo, trascurando le prospettive di investimento future; trascurare le reali dinamiche del mercato, che interessano i movimenti della concorrenza oltre alle preferenze dei clienti; non comprendere a fondo le dinamiche di efficienza interna, che interessano sovente le relazioni tra diversi reparti”. Per tali ragioni “è opportuno adottare anche misure non finanziarie (non in Euro) che siano misurate frequentemente (ossia giornalmente o settimanalmente). Occorre avere misure che abbiano un impatto fortemente significativo sulle modalità di lavoro (es: numero di ordini di produzione) e pertanto che siano in grado di collegare gli obiettivi strategici con le migliaia di azioni che ogni giorno vengono effettuate in azienda. Per fare un esempio potremmo chiederci cosa significhi soddisfazione del cliente per il magazziniere? Potremmo dire ricevere ordini in tempo (quanti sono i ritardi?) e corretti (quanti sono i reclami?)”.

 

POCHI INDICATORI CHIARI E ANALISI SISTEMATICHE

 

“Tutto lo sforzo di pianificazione potrà comunque diventare vano se le performance pianificate non saranno oggetto di puntuale verifica e controllo. Con il termine sistematico non intende assolutamente fare riferimento ad un sistema gargantuesco e farraginoso, si intende solo porre il focus sul fatto che non è possibile realizzare efficacemente un progetto senza prendersi mai il tempo di osservare e analizzare i dati che emergono dal business. Tale attività non può essere saltuaria, ma deve essere sistematica, fatta a certe scadenze e con il giusto grado di attenzione. In tal senso non è possibile esimersi dallo strutturare un opportuno sistema di Reporting. Si parla infatti di ciclo del controllo proprio perché è assolutamente necessario che gli strumenti di pianificazione e gli strumenti di rendicontazione dei risultati siano tra loro correlati. Se dati previsionali e consuntivi non sono messi in relazione tra loro il rischio di perdere il controllo della società è di fatto molto alto”.

 

IL PROCESSO INTEGRATO E IL REPORTING

 

“In un processo integrato”, spiega quindi Selva, “l’azienda, definita la strategia, deve interrogarsi su quali indicatori di risultato possano descriverne al meglio il perseguimento. Una volta definita questa struttura di indicatori e misure, l’attività di pianificazione dovrà tradurre gli obiettivi definiti in azioni operative e concrete di cui, e qui il compito degli strumenti di Reporting, dovrà essere monitorato il raggiungimento. La capacità di implementare la strategia è importante come la capacità di formularla. Il compito degli strumenti di pianificazione e controllo è, in tal senso, proprio quello di costringere la direzione aziendale a tradurre la visione di lungo termine in obiettivi concreti e sostenibili oltre a verificarne costantemente il raggiungimento. Solo in questo modo sarà possibile individuare i veri punti deboli della strategia aziendale ed eventualmente migliorarla”.

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