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San Marino, rifiuti: costi in aumento ma per fattori “esterni”

da Redazione

Con il “Chinese National Sword” maglie più strette sulla “purezza”. IAM, Mirkare Manzi: “Importante mettere in campo politiche ambientali”.

Mirkare

 

di Alessandro Carli

 

“Mi rifiuto di pensare che i prezzi dei rifiuti si siano così alzati nel giro di poco tempo. Sono pur sempre rifiuti”. Affermazione “inventata” come sequenza di parole ma non nel contenuto: la crescita quasi esponenziale dei costi per lo smaltimento dei rifiuti sta toccando picchi mai visti e in questo “rally” (al rialzo) di esborsi ha ripercussioni anche nella Repubblica di San Marino. Molte imprese del territorio difatti, davanti alle richieste economiche ricevute come risposta per il trasporto dei rifiuti, hanno strabuzzato gli occhi. Nel giro di pochi mesi i costi sono praticamente raddoppiati. Ci siamo rivolti a Mirkare Manzi, responsabile tecnico della IAM srl – un’impresa del territorio che opera nella gestione dei rifiuti – per capire meglio l’origine di questo fenomeno.

 

Tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 i costi per lo smaltimento dei rifiuti sono lievitati. Perché?

 

“Un esempio su tutti: la Cina, per molto tempo, è stata una delle principali importatrici di rifiuti provenienti dall’Europa e dagli Stati Uniti d’America. Poco più di due anni fa sono scadute le licenze per l’acquisto dei prodotti provenienti da questi continenti e quindi anche dalla Repubblica di San Marino. Anche per i rifiuti riciclati come per esempio carta e plastica, la Cina – che da sempre aveva importato oltre la metà di questi rifiuti di tutto il mondo – ne ha approfittato per rivedere e riparametrare alcuni ‘punti’ degli accordi. A inizio del 2018 il Paese ha adottato e recepito il ‘Chinese National Sword’, un documento che contiene nuove norme in materia di rifiuti. Andando nei contenuti, sono state poste alcune importanti restrizioni”.

 

Quindi la Cina si sta ritagliando il ruolo di “Paese virtuoso”?

 

“In un certo qual modo sì. Il ‘Chinese National Sword’, tra le altre cose, è intervenuto ad esempio sulle percentuali di ‘purezza’ dei rifiuti di materie plastiche e metalli ammessi in una spedizione. Le ‘maglie’ si sono strette sensibilmente: prima del 2017 era ammessa un’aliquota che oscillava, a seconda dei materiali, tra il 95 e il 97%. Da febbraio 2018 questa percentuale è arrivata tra il 99,5% e il 99,7%%. L’innalzamento della ‘impurezza’ ha comportato anche un’attenzione capillare sui controlli: vengono impiegate tecnologie avanzate e sofisticate come ad esempio le macchine a raggi x o le selezionatrici elettromagnetiche a infrarosso (NIR) dotate di raggi laser”.

 

Come hanno reagito i Paesi che esportano?

 

“L’Europa non era pronta, così come gli altri Paesi. Anche San Marino si è trovata spiazzata al pari di altre Nazioni. La restrizione della percentuale di purezza voluta dalla Cina ha quasi bloccato le esportazioni dei Paesi occidentali. Gli standard richiesti da Pechino sono più alti di quelli presenti negli altri Paesi. Va detto che alcune imprese – anche della Repubblica di San Marino – producono rifiuti di carta in linea con le percentuali ‘cinesi’. Molte altre però non soddisfano questi requisiti, a volte anche semplicemente per un fattore di scarsa ‘conoscenza’ di quanto è avvenuto in scala internazionale in materia di gestione dei rifiuti, a cui va aggiunta una componente economica”.

 

Paletti più stretti. Quindi?

 

“La conseguenza inevitabile è che i costi per la gestione dei rifiuti sono arrivati alle stelle. Se una virtuosa gestione dei rifiuti di carta e plastica in passato serviva per calmierare l’aumento dei costi di smaltimenti dei rifiuti indifferenziati e pericolosi, oggi non è più vero. Quindi i rifiuti riciclati diventano un costo e se nel 2017 lo smaltimento dell’indifferenziata richiedeva 95 euro a tonnellata, nel 2019 invece 185 euro a tonnellata. Il prezzo della carta è crollata, mentre è decollato quello dei rifiuti speciali pericolosi che nel giro di pochi mesi sono passati da un costo di 430 euro a tonnellata a 670 euro. Il fatto vero è che questi aumenti dipendono da vincoli esterni. È il mercato che fa i prezzi”.

 

La Cina vola. E l’Italia? La Repubblica di San Marino esporta quasi esclusivamente in Romagna e nelle Marche.

 

“L’UE, che detta le linee-guida ai singoli Paesi su diversi ‘argomenti’, ha vietato la costruzione di nuove discariche, ponendo anche una serie di limiti agli inceneritori. Roma, attraverso il ‘Decreto salva Italia’, non concede più le autorizzazioni per la costruzione di discariche e termovalorizzatori. Quelli esistenti hanno richiesto di aumentare la tonnellate smaltibili ma si devono scontrare con i limiti autorizzativi. Questo comporta un aumento dei costi. Le politiche ambientali, così rigorose, non sono così premianti perché il mercato mondiale non le recepisce. La gestione dei rifiuti sta diventando sempre più un problema di costi”.

 

Purtroppo si legge spesso di comportamenti poco “virtuosi”, e le cronache ne danno vasta eco.

 

“Non dico nulla di nuovo: basta leggere i giornali per ‘scontrarsi’ con notizie davvero raccapriccianti come ad esempio il ‘conferimento’ di materiali pericolosi e non pericolosi vicino ai contenitori preposti alla raccolta. Anche noi, nel nostro lavoro, quasi ogni giorno assistiamo a questi ‘spettacoli’ poco virtuosi se non addirittura incivili. Queste ‘bad practice’ scaricano i costi sulla collettività”.

 

Torniamo per un momento ai costi che devono sostenere le imprese.

 

“Oltre ai paletti messi in campo dalla Cina, ricordo che 15 febbraio 2018 anche la Repubblica di San Marino, attraverso il Decreto Consiliare nr. 135 del 2017, si è di fatto allineata alle normative europee sull’ADR. L’Accord Dangereuses Route regolamenta i trasporti internazionali di merci pericolose su strada e coinvolge diverse figure: il mittente e/o lo speditore, il trasportatore e il destinatario ma anche l’imballatore, il riempitore e il caricatore. Alcune aziende si sono già allineate mentre altre sono meno ‘attrezzate’ e non hanno mai ‘mappato’ i rifiuti pericolosi. Giova ricordare che i rifiuti devono essere analizzati – le analisi hanno validità 12 mesi – per poter venire a conoscenza della loro composizione e quindi dei ‘numeri’ che li accompagnano. Mi riferisco ai CER e alla caratteristiche di pericolosità. Trattandosi di rifiuti, l’attenzione deve essere sempre alta”.

 

Cosa fare quindi per fronteggiare questa difficile situazione?

 

“Tralasciando gli aspetti ‘culturali’, come detto, e non potendo intervenire sui fattori esterni, è importante comunque cercare di mettere in campo politiche ambientali di contenimento produzione di rifiuti e una maggior efficienza per quel che concerne lo stoccaggio e lo smaltimento”.

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