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Accordo e Legge che garantiscono il recupero dei Fondi pensione in Banca CIS

da Redazione

SAN MARINO – Dopo un lungo ed estenuante confronto che ha visto impegnati per giorni e giorni Governo, forze politiche, Banca Centrale e Consiglio per la Previdenza, sono stati definiti gli atti per la soluzione della crisi di Banca CIS e per il recupero dell’intero ammontare delle risorse previdenziali allocate presso questo istituto di credito.

Ieri è stato sottoscritto un accordo tra lo stesso Esecutivo e il Consiglio per la Previdenza, e al contempo sempre ieri è stata approvata all’unanimità dal Consiglio Grande e Generale la legge n. 115/2019, che stabilisce la costituzione del “Veicolo Pubblico di Segregazione Fondi Pensione S.p.A.”, ovvero lo strumento tecnico che impegna lo Stato alla restituzione dei Fondi Pensione, per la parte non recuperabile dalla vendita degli NPL di Banca CIS.

Dunque di strada ne è stata fatta molta, rispetto alla proposta del Commissario Straordinario di Banca CIS, fortemente contestata dalla CSU, che prevedeva una sorta di “sequestro” dei fondi pensione, collocandoli nella Bad Bank.

L’accordo e la legge stabiliscono la creazione di un’azienda di diritto pubblico per la quale, come previsto dalla stessa legge, al Consiglio per la Previdenza compete indicare il Presidente del Consiglio di Amministrazione, mentre a Fondiss compete la nomina del Presidente del Collegio Sindacale.

Quello che è stato raggiunto con l’accordo e la legge, è dunque un risultato importante e ben diverso dalle ipotesi circolate in precedenza che, come prima detto, prevedevano il vero e proprio esproprio delle risorse previdenziali. Il veicolo pubblico avrà il compito di recuperare i crediti non performanti e di restituire al Fondo Pensioni le risorse spettanti.

L’accordo, che sarà replicato negli stessi termini con la Eccellentissima Camera e con il Consiglio di Amministrazione dell’azienda di diritto pubblico, stabilisce che quanto non rientrerà dalla vendita degli NPL sarà ripianato anno per anno dallo Stato, con uno specifico stanziamento.

È stato definito infatti un piano di rientro in 8 anni, con inizio dal 1° gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2027, che prevede la corresponsione di cedole semestrali, che comprendono la quota capitale più gli interessi (graduati in misura crescente dall’1% fino all’1,75%). Per i primi tre anni, è previsto un rientro di 7 milioni all’anno più gli interessi, mentre dal quarto anno il rientro sarà pari a 13 milioni annui più interessi.

Lo stesso Stato vincola la società di diritto pubblico al rimborso dell’intera somma spettante ai Fondi pensione.

La validità dell’accordo è subordinata al perfezionamento del provvedimento di risoluzione, alla costituzione per legge della società di diritto pubblico ed anche “all’avvio delle azioni di responsabilità, anche in sede penale, nei confronti di coloro che hanno causato il dissesto di Banca CIS anche in riferimento all’esposto narrativo che il Consiglio per la Previdenza ha depositato presso il Tribunale in data 11 giugno 2019”.

A proposito di quest’ultimo punto, la Magistratura dovrà verificare se i titoli sottostanti, posti a suo tempo a garanzia dei Fondi pensionistici investiti in PCT, pari a 62 milioni, sono stati – come presumiamo – oggetto di frode, e nel caso mettere in campo le azioni conseguenti per cercare di recuperare queste risorse, oltre naturalmente ad accertare definitivamente e a punire tutti i soggetti che a vario titolo hanno portato Banca CIS alla bancarotta. Qualora i titoli che erano sottostanti ai PCT venissero recuperati, il controvalore diminuirebbe la massa dell’intervento economico dello Stato.

Entro il 19 luglio il Congresso di Stato è impegnato ad istituire uno specifico tavolo per ricercare una soluzione sistemica per l’intero sistema bancario e finanziario sammarinese, nella consapevolezza che è ormai indispensabile intervenire celermente con un progetto concreto e condiviso. L’accordo precisa altresì che la sua validità è subordinata al suo rispetto integrale.

La CSU sottolinea nuovamente l’importanza di questo accordo, che sancisce definitivamente il diritto al rientro dell’intero ammontare dei Fondi pensione del primo e secondo pilastro allocati in Banca CIS. Un risultato che non era per nulla scontato, frutto della posizione ferma ma sempre aperta al confronto della CSU.

Pur nella consapevolezza che questo intervento graverà sulle casse dello Stato, il quale da anni si è fortemente indebitato per far fronte ai danni e alle malefatte di banchieri senza scrupoli, crediamo tuttavia che questo accordo getti le basi per una nuova partenza per il paese, in un clima basato su un nuovo dialogo tra le parti.

Circa i dipendenti, è previsto che una quindicina di loro saranno integrati nelle tre banche alle quali saranno affidati i depositi al di sotto dei 100mila euro. Poiché quel che resta di Banca CIS “in risoluzione” dovrà continuare con una operatività almeno parziale, si auspica che ciò possa coinvolgere il maggior numero possibile di lavoratori. Per gli altri si dovranno aprire specifici tavoli di confronto per ricercare adeguate soluzioni, con l’obiettivo di salvaguardare i livelli occupazionali.

In definitiva, diamo atto a tutte le forze politiche di aver dato seguito all’unità di intenti dimostrata nel comunicato congiunto dello scorso 4 luglio, e culminata ieri nell’approvazione all’unanimità della legge prima ricordata da parte del Consiglio Grande e Generale, seguendo una strada che prevede una nuova coesione, con la partecipazione e il contributo di tutte le parti sociali, politiche ed economiche. È proprio questa unità ciò che serve al sistema Paese per affrontare e risolvere le gravi difficoltà che sta vivendo.

 

CSU

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