Home categorieCultura Visto per voi: “The Madness of George III” al Cinema Tiberio di Rimini

Visto per voi: “The Madness of George III” al Cinema Tiberio di Rimini

da Redazione

Cast straordinario – Mark Gatiss, Adrian Scarborough e Debra Gillet – per uno spettacolo in lingua inglese che racconta, con incisività e bellezza, la malattia del Re.

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di Alessandro Carli

 

RIMINI – “Una produzione sontuosa” l’ha definita, in maniera asciutta ed efficace, “The Stage” (in Inghilterra i giornali che si dedicano all’arte funzionano e vengono letti ed ascoltati perché ritenuti credibili, in Italia purtroppo no. Ma le differenze tra i due Paesi non si limitano a questo: lì, nel Regno Unito, il teatro è teatro…). E anche whatsonstage.com non ha dubbi: “Un’affascinante e intelligente esplorazione del potere e il suo spostamento esplicito o sottile, poiché le fortune e le facoltà tra re e regine fluttuano tra medici e politici”.

“The Madness of George III” di Alan Bennett, registrato dal vivo al Nottingham Playhouse nel 2018 e visto martedì 9 aprile in esclusiva italiana al Cinema Tiberio di Rimini conferma a piene mani quando “recensito” Oltremanica. E non spaventi il fatto che è recitato in inglese con sottotitoli in inglese: la trama, nonostante qualche più che lecita battuta inafferrata a causa della lingua, è fruibilissima e chiara: siamo nel 1786 e Re Giorgio III è l’uomo più potente del mondo. Ma il suo comportamento sta diventando sempre più irregolare mentre soccombe agli attacchi di follia.

Una “possibilità” che non sfugge ai suoi antagonisti, in testa il Principe di Galles, erede al trono, per ribaltare le sorti del paese, mentre il re combatte la sua malattia, cercando di dimostrare a tutti che è un uomo, prima ancora di indossare la corona sul capo.

Cast straordinario – Mark Gatiss, Adrian Scarborough e Debra Gillet (foto: Manuel Harlan) – per uno spettacolo che, pur ricordando “The King’s Speech” (“Il discorso del Re”) – anche lì c’è una malattia, la balbuzie di re Giorgio VI – ben presto se ne distacca sia per ambientazione storica (fine Settecento per Giorgio III, Novecento per Giorgio VI) che per resa scenica. “La pazzia di re Giorgio” – ottimi i costumi così come la superba interpretazione di Mark Gatiss – mette in luce un interessante contrasto tra il mondo della corte, dove il sovrano è riverito, obbedito, temuto, e il mondo della politica, dove la salute del re è il centro di giochi di potere. Alla famiglia reale, svuotata dell’autorità e della facoltà di dirigere il governo della nazione, resta, però, il dovere di apparire, agli occhi del popolo, come un modello, un esempio a cui fare riferimento.

La cura dei particolari – costumi e interpretazione fanno capire perché in Inghilterra il teatro è un’istituzione – i repentini cambi di scena e i dettagli (la parrucca indossata da Gatiss che alla fine scompare e mette in luce la testa pelata del re) sono quel tocco di veridicità (nonostante si sia a teatro) e di bellezza artistica che trasportano la platea non solo in quell’Inghilterra ma anche a corte, desiderando, anche per una sera, di indossare gli abiti dei personaggi e recitare almeno qualche battuta.

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