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Editoriale: San Marino, dalla legge elettorale al Premier

da Redazione

E’ palese che l’attuale premio di maggioranza abbia creato una serie di distorsioni.

 

di Daniele Bartolucci

 

Il referendum sulle modifiche alla legge elettorale, in programma il 2 giugno (così il Bollettino Ufficiale che riporta il decreto reggenziale), rappresenterà un bel banco di prova per il Governo, ma anche – questo l’auspicio dei proponenti – per il Paese.

E’ palese che l’attuale premio di maggioranza abbia creato una serie di distorsioni, a partire dal fatto che i 20 consiglieri eletti della maggioranza sono poi diventati 35, quasi il doppio. Inoltre, molti candidati votati dai cittadini sono stati “sostituiti” con altri che di voti ne han presi molti meno, con il rischio che siano forse anche meno incisivi.

Al di là di ogni valutazione sul grado di preparazione e di competenza dei Consiglieri o sul fatto che l’asticella del premio di maggioranza è troppo bassa, se passa la riforma ci sarà soprattutto da chiedersi come farà l’attuale Governo a rimanere in carica, visto il pericolo di “illegittimità” del metodo con il quale è stato eletto.

In molti stanno scommettendo sull’eventuale “caduta”, ma vista l’importanza del tema, questa potrebbe essere l’occasione per una revisione dell’intero apparato istituzionale.

Il metodo operativo del Consiglio non è così produttivo come dovrebbe essere e comunque spesso si limita (o viene limitato) a mero organismo di ratifica, visto che è il Congresso di Stato a decidere e scrivere i Decreti più importanti.

Anche per questo motivo, senza negare la storia della Repubblica, in virtù del ruolo super partes, non sarebbe assurdo ipotizzare che un Capitano Reggente sia l’espressione della maggioranza e l’altro invece dell’opposizione.

Ma il tema centrale è un altro: di fronte al bisogno che ha la Repubblica di San Marino di completare le grandi riforme (e sono davvero molte…), serve un coordinamento molto più efficace di quello che si è visto invece nei vari Governi succedutisi nel tempo.

Un coordinatore tra le Segreterie di Stato quindi, ma anche un unico referente verso l’esterno.

Che si chiami Premier oppure Primo Ministro, lo decideranno i sofisti, ma se si mette mano alla legge elettorale, è opportuno pensare anche a come “farli lavorare” meglio – e quindi in maniera più efficace – i futuri eletti.

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