Le dimensioni raccolte di San Marino dovrebbero garantire una certa snellezza nel prendere decisioni, ma spesso resta solo un potenziale.
di Alessandro Carli
Il mondo delle imprese ha detto “basta”. “Basta” alle indecisioni, “basta” al continuo slittamento delle riforme, “basta” alla mancanza di progetti tesi a rilanciare – in maniera concreta e con una prospettiva che superi l’hic e nunc, il qui e ora – l’economia nazionale.
Lo ha fatto di recente il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia che ha chiesto ufficialmente alla politica una serie di “interventi shock” per dare avvio a una nuova stagione di crescita che parta dall’apertura immediata “dei cantieri delle opere già finanziate”.
Lo ha fatto, con una vasta eco sui giornali di tutto il Vecchio Continente, BusinessEurope che nei giorni scorsi ha invitato la Commissione europea a intraprendere nuove iniziative volte a sette obiettivi strategici “necessari” per favorire l’operatività e lo sviluppo del mondo delle aziende.
Lo ha fatto l’Associazione Nazionale Industria San Marino che, rappresentando il mondo dell’economia del Monte Titano e avendo quindi il polso della situazione, si è fatta portavoce delle istanze delle associate. A partire dalla stagnazione delle riforme che, mutatis mutandis, è esattamente quello di cui parla Vincenzo Boccia: anche nella Repubblica ci sono “cantieri” già aperti e altri già annunciati che però giacciono nei cassetti invece di essere portati a compimento.
Ad esempio, i tanti, troppi anni per introdurre un sistema IVA sammarinese (che dovrebbe partire nel 2020) e la riforma delle pensioni che era necessaria fin dall’approvazione dell’ultimo intervento, sono solo alcune delle cartoline che il Titano spedisce nel mondo e che sia il Fondo Monetario Internazionale (FMI) che il “Doing Business” – e quindi World Bank – hanno più volte letto.
Le dimensioni raccolte della Repubblica di San Marino dovrebbero garantire una certa snellezza nel prendere decisioni, ma spesso resta, come si dice in gergo giornalistico, “nella penna”, quindi solo un potenziale.
O peggio ancora, viene scambiata la velocità con l’agire d’imperio (vedi i numerosi decreti pubblicati) limitando di fatto il confronto con il Paese soprattutto con chi, ogni giorno, affronta o subisce le tante problematiche.
Come lamentano le imprese, mancano in primis un piano strategico di medio-lungo orizzonte, ma anche la necessaria condivisione sui singoli interventi, fondamentale perché questi favoriscano il rilancio del Paese.
Condividiamo la preoccupazione dell’intero mondo economico.
Il tempo a disposizione sta scadendo.