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Visto per voi a teatro: “Sei” di Francesco Sframeli e Spiro Scimone

da Redazione

L’assolo lillipuziano della compagnia – un atto unico di circa 60 minuti ospitato al Teatro Dadà di Castelfranco Emilia per la rassegna “VIE Festival” – è una vertigine di precisione.

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di Alessandro Carli

 

“Il dramma è la ragion d’essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere. Io, di quei sei, ho accolto dunque l’essere, rifiutando la ragion d’essere”. Luigi Pirandello, prefazione a “Sei personaggi in cerca d’autore”, ed. 1925.

 

Riscrivere per ammodernare, per rendere più fruibile un testo – un signor testo, quei meravigliosi “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello – che oggi, con i tempi del presente, potrebbe risultare difficilmente affrontabile dalla maggior parte del pubblico.

La “deurbanizzazione” praticata con ottimi risultati da Francesco Sframeli e Spiro Scimone sul copione (che è diventato semplicemente “Sei”, foto di Gianni Fiorito) ha trovato un luogo scenico altrettanto periferico, il Teatro Dadà di Castelfranco Emilia, una delle location scelte dal Festival “VIE” per far vivere il cartellone 2019.

L’assolo lillipuziano della compagnia – un atto unico di circa 60 minuti – è una vertigine di precisione: il duo difatti sceglie poeticamente di asciugare il testo drammaturgico per puntare sui momenti di maggior forza con l’aggiunta di qualche battuta linguisticamente contemporanea, un pizzico di sale “sonoro” che dona all’opera uno slancio nuovo, più incisivo. “Durante il lavoro di elaborazione, abbiamo ridotto il numero dei personaggi, eliminato o aggiunto scene e dialoghi, sostituito qualche termine linguistico, ma senza stravolgere la struttura drammaturgica dell’opera originale” hanno difatti spiegato Sfraceli e Scimone. E questa operazione chirurgica compiuta a “tavolino” e corretta sul palco si è dimostrata straordinaria: nulla è stato tolto al dramma pirandelliano originale, semmai – e lo affermiamo senza paura – qualcosa è stato aggiunto. I temi affrontati da Pirandello nel testo che dà l’avvio alla stagione del “metateatro”, ovviamente, ci sono tutti. E anche in “Sei” emerge il tentativo di svelare il meccanismo e magia della creazione artistica e il passaggio dalla persona al personaggio (dall’avere forma all’essere forma), l’eliminazione dello spazio artistico, la disintegrazione dello spazio teatrale, la creazione di scene traumatiche (volontà di vivere una vita autentica da parte dei “Sei personaggi”, in cui però si ripete l’angoscia delle colpe), la scomposizione delle strutture drammatiche (il “teatro nel teatro”) e l’abbattimento della quarta parete a opera dei personaggi.

Com’è noto, i “Sei personaggi” chiedono a una compagnia di attori di rappresentare la loro tragedia, che l’autore ha immaginato, ma non ha avuto il coraggio di portare a compimento. Ma gli attori nella realizzazione scenica tradiscono i personaggi, non sono in grado di comprendere e interpretare fedelmente ciò che hanno vissuto: le parole hanno un significato diverso per chi le dice e per chi le ascolta.

Anche in questo bellissimo “Sei” emerge con splendore il dramma dell’incomunicabilità, il conflitto tra l’aspirazione a comunicare dei personaggi e l’impossibilità che gli attori, che devono dar corpo alla loro storia sul palcoscenico, li comprendano. Con l’aggiunta di una freschezza verbale e fisica che trasporta lo spettacolo nella piena attualità.

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