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San Marino, le imprese cercano competenze, ancora nei frontalieri

da Redazione

L’aumento degli occupati non residenti dopo la Legge Sviluppo è sintomatico, ma continuano a incidere maggiormente nei soliti settori: manifattura e ristorazione.

FRONTELIERI

 

 

di Daniele Bartolucci

 

L’aumento degli occupati nel corso degli ultimi due anni, in particolare del 2018, pur rappresentando un fatto positivo, ha messo in evidenza un trend importante per quanto riguarda le assunzioni dei frontalieri, che sono cresciute più di quelle dei residenti. Al di là degli aspetti “sociali” di questo fenomeno (e relative critiche protezionistiche e discriminanti), analizzando più a fondo la questione , si trovano delle motivazioni molto chiare, di tutta valenza imprenditoriale: in pratica, viene confermato che le aziende sammarinesi cercano competenze (nel campo manifatturiero in particolare) e flessibilità (nella ristorazione, altro settore in grande forma ultimamente a numero di occupati). Cosa che evidentemente non trovano nel ristretto mercato del lavoro nazionale e sono costrette ad “acquistare” fuori confine, in particolare in Italia ovviamente.

 

QUASI UN TERZO DEI DIPENDENTI È FRONTALIERO

 

“Al 30 settembre 2018”, spiega una nota dell’UPECEDS, “le forze di lavoro complessive sono pari a 22.533 unità e rispetto al 30 settembre 2017 si evidenzia un incremento di 552 unità (+2,5%), imputabile prevalentemente ai lavoratori dipendenti del settore privato, che hanno raggiunto il valore di 15.808 (+4%) e, insieme a quelli del settore pubblico, rappresentano l’86,5% della forza lavoro. Le altre componenti della forza lavoro registrano delle variazioni meno significative; 1.750 sono lavoratori indipendenti (7,8% della forza lavoro) ed infine, 1.292 sono i disoccupati totali (5,7%), di cui 1.011 sono disoccupati in senso stretto”. Detto questo, “negli ultimi dodici mesi il numero di frontalieri è aumentato del 9,8%, raggiungendo la cifra di 5.919 lavoratori (+528 unità), pari al 30,4% del totale dei lavoratori dipendenti (un anno fa la stessa proporzione si attestava sul 28,5%); nella ripartizione per qualifica, i frontalieri sono principalmente “Operai” (58,1%) e “Impiegati” (39,5%), mentre solo l’1,8% rientra tra i dirigenti”.

 

INCIDENZA MAGGIORE TRA TECNICI E SPECIALIZZATI


Un’analisi più approfondita del tema “frontalieri” è stata fatta recentemente nella Relazione Economica e Statistica dell’UPECEDS che accompagna l’ultima Legge di Bilancio, dove emerge che “tralasciando l’analisi della collocazione dei frontalieri nel settore pubblico, dove le figure professionali sono presenti esclusivamente in campo sanitario, si rileva come nel settore privato i lavoratori frontalieri abbiano un’incidenza maggiore nelle qualifiche di manodopera specializzata, dove il valore più consistente lo si riscontra tra gli operai specializzati e tecnici (21%) e tra gli operai qualificati (19,9%)”. Inoltre, “il totale di coloro che ricoprono qualifiche impiegatizie è pari a 1.935 unità, con una incidenza sul totale del 33,2%, mentre l’incidenza di coloro che sono inquadrati nella categoria degli operai è del 58,9% per un totale di 3.440 unità lavorative”. E’ interessante il fatto che “l’incidenza sul totale del personale transfrontaliero, con il 43,1%, si colloca in prevalenza nel ramo dell’attività manifatturiera, seguito dal commercio con il 14,9%”.

 

IN PREVALENZA MASCHI OCCUPATI NELLE INDUSTRIE

 

Altro livello di analisi è quello dell’età e del settore di occupazione. “Rispetto al totale degli occupati, la struttura per età dei frontalieri si caratterizza per una sovra rappresentazione della classe di età che va dai 45 ai 49 anni”. Mentre “da uno sguardo d’insieme, possiamo notare che a settembre 2017, così come da prima degli anni 2000, la maggioranza dei frontalieri è rappresentata da soggetti di sesso maschile ed è occupata nelle attività manifatturiere”.

 

AVVII LAVORATIVI DOPO LA LEGGE SVILUPPO


“Considerati gli effetti prodotti sul mercato del lavoro dall’entrata in vigore della sopraccitata Legge n.115 del 29 settembre 2017, risulta importante analizzare il fenomeno degli avvii lavorativi. Per avvio lavorativo si intende la creazione di un nuovo rapporto di lavoro tra un dipendente e un datore di lavoro”. Analizzando il periodo prima dell’entrata in vigore della legge e quello immediatamente successivo, infatti, “lo scenario si presenta molto differente tra i due periodi, con un incremento del 79,1% di avvii di lavoratori frontalieri e un decremento del -1,3% di lavoratori residenti. In termini numerici, l’incremento di avvii nel periodo gennaio – agosto 2018 risulta di +566 unità, praticamente tutte imputabili a lavoratori frontalieri, mentre residenti, AIRE2 e Soggiornanti, seppur con lievi variazioni, risultano in linea con l’anno 2017”.

L’economia sammarinese continua quindi “ad assorbire un elevato numero di lavoratori frontalieri e lo ha fatto soprattutto negli ultimi 12 mesi, grazie agli effetti della Legge n.115 del 29 settembre 2017 “Modifiche e integrazioni alle norme in materia di sostegno allo sviluppo economico”. In particolare”, si legge nella Relazione dell’UPECEDS, “ci sono due aspetti all’interno di tale provvedimento che hanno consentito un incremento così forte del lavoro transfrontaliero: la possibilità data al datore di lavoro di assumere una persona non iscritta alle graduatorie, nonostante vi fosse la disponibilità di personale iscritto alle liste di avviamento (art.2); l’obbligo di trasformare il contratto dei frontalieri a tempo indeterminato con determinati requisiti (art.32)”.

In conclusione, “l’aspetto quantitativo dei flussi transfrontalieri registrato soprattutto negli ultimi 12 mesi, è sufficiente a giustificare l’attenzione che dovrà essere prestata a questo fenomeno, che, vista la sua strutturazione, occorre esaminare attentamente anche sull’impatto futuro che potrà generare sia in ambito sanitario, sia, in prospettiva, in quello previdenziale”.

 

MERCATO DEL LAVORO: UNA LEGGE DA RIVEDERE


Premesso che l’aumento dell’occupazione in generale è un dato positivo per il sistema sammarinese sotto diversi punti di vista (gettito fiscale, fondi pensione, consumi interni, ecc.), la prevalenza di assunzioni frontaliere rispetto a quelle dei sammarinesi residenti è un dato da non sottovalutare. Anche in funzione della disoccupazione interna, che purtroppo non è calata in maniera proporzionale (ma è comunque calata). La discriminante potrebbe essere innanzitutto la Legge Sviluppo, i cui effetti sono ben diversi da quelli sperati, come si evince anche da queste analisi di approfondimento. Il mercato del lavoro sammarinese resta limitato nel numero delle competenze, che spingono le aziende a rivolgersi fuori. E sono proprio quelle aziende che stanno crescendo a ricercare queste figure: il manifatturiero oggi è il settore trainante e anche le indagini ANIS hanno messo in evidenza la propensione alla crescita delle aziende industriali. Aziende, non a caso, che assumono personale con specifiche competenze tecniche e specializzazioni. La scelta è ovvia: o si agevolano queste aziende perché continuino a crescere, oppure si investe sul capitale umano sammarinese e lo si trasforma in personale qualificato. Nel secondo caso, ovviamente serviranno mesi se non anni, un tempo che le imprese non possono certo attendere. Oppure, e questa è sempre un’opzione anche se negativa, si decide di obbligare le imprese ad assumere solo personale sammarinese, al di là delle competenze e delle qualifiche professionali. L’effetto sulla disoccupazione sarebbe subitaneo, ma penalizzerebbe sicuramente le imprese, che non crescerebbero. E gli effetti sul sistema sammarinese sarebbero nefasti.

E’ giunto dunque il momento di aprire questa discussione, partendo dalle risultanze della Legge Sviluppo, degli aspetti positivi che si sono verificati e di quegli obiettivi che non sono stati raggiunti. Su questo fronte le associazioni di categoria attendono un segnale, anche perché il Governo e il Segretario competente hanno più volte annunciato che una revisione è possibile.

 

SEGRETERIA LAVORO E CFP-UAP


Presentate in questi giorni dal Segretario di Stato Andrea Zafferani e dal Direttore del Cfp-Upal Milena Gasperoni, le risultanze della seconda edizione del questionario sui fabbisogni formativi delle imprese per l’anno 2018. L’iniziativa, hanno spiegato, è nata nel 2017 grazie alla stretta collaborazione tra Segreteria di Stato per l’Industria, l’Artigianato, il Commercio, il Lavoro, la Cooperazione e le Telecomunicazioni ed il Centro di Formazione Professionale e per le Politiche Attive del Lavoro. Una sinergia che ha portato alla stesura di un questionario per capire su quali asset puntare per una formazione mirata alle necessità delle aziende. “L’obiettivo è sempre quello di raccogliere informazioni relative al fabbisogno di nuove professionalità e di formazione espresse dalle imprese, effettuare l’analisi dei bisogni a supporto degli orientamenti di programmazione di politiche attive per il lavoro, al fine di collegare la domanda proveniente dalle attività economiche con la formazione di professionalità determinate e/o competenze trasversali. Tutto ciò per fornire un’offerta formativa ai lavoratori che sia adeguata alle esigenze delle imprese ed ai loro percorsi di sviluppo economico”.

Rispetto al questionario del 2017 quello del 2018 presenta una maggior predisposizione alla risposta da parte delle aziende sammarinesi, infatti hanno risposto il 19,53% delle aziende contro il 13,84% del 2017. “L’obiettivo è quello di stimolare gli imprenditori a rispondere sempre più al questionario perché così facendo si intende favorire la creazione di figure professionali attinenti alle esigenze delle imprese e dall’altro lato cerchiamo di aumentare la ricchezza delle nostre risorse umane”.

“Fra le figure più richieste dalle aziende troviamo le figure tecniche come i Periti ma anche gli impiegati amministrativi e gli addetti alle vendite e le figure di ristorazione. Tra le altre richieste, si ricercano informatici e specialisti nel web e addetti marketing. Inoltre emerge anche la richiesta di conoscenza della lingua inglese”. Rispetto all’anno 2017, ove si era visto che le aziende non avessero svolto tanta attività formativa durante l’anno, “nel 2018 si può notare, dai dati del questionario, che c’è maggiore volontà di voler formare il proprio personale e quindi credere nella formazione in azienda. Pensiamo che questo sia molto importante perché la formazione e l’investimento nel capitale umano è la miglior benzina per l’innovazione”. Le risultanze del questionario sui fabbisogni ha un duplice obiettivo: “In primis quello di mirare l’offerta formativa del Centro di Formazione Professionale (sempre più vicina alle esigenze delle aziende del Titano); dall’altro anche per gli studenti per orientarsi per la propria scelta di scuola. In tal senso la Segreteria al Lavoro e il Centro di Formazione Professionale e per le Politiche Attive per il Lavoro ha già avviato un confronto con i Presidi delle scuole medie e superiori e orientatori affinché si possano divulgare e veicolare queste informazioni agli studenti, anche tramite confronti diretti con gli alunni”. La Segreteria di Stato al Lavoro e il Centro di Formazione Professionale, nell’evidenziare che tali dati sono stati condivisi anche con le parti sociali e le categorie economiche, hanno quindi annunciato di voler stilare subito un nuovo questionario per l’anno 2019 e proporlo alle aziende, in modo tale da avviare un’analisi continuativa sui fabbisogni formativi.

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