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Leonardo da Vinci nella Repubblica di San Marino. Forse…

da Redazione

Ufficialmente non si è mai recato sul Monte, eppure qualche dubbio rimane: se ne parla in “Adelinda” dove l’autore Cesare Monteverde fa incontrare il “genio toscano” e il console del Titano, Giorgio…

leonardo

 

di Alessandro Carli

 

Lo spunto: nel programma delle emissioni postali 2019 l’Ufficio Filatelico e Numismatico ha inserito anche il 500esimo anniversario della scomparsa di Leonardo da Vinci, uomo d’ingegno e talento universale del Rinascimento, si occupò di architettura, scultura ma fu anche ottimo disegnatore, ritrattista, scenografo, anatomista, musicista e inventore.

Ma qual è il legame tra colui che viene considerato uno dei più grandi geni dell’umanità e San Marino? La storia non parla di un suo passaggio sul Titano. Eppure…

Gli “annales” e le biografie di tutto il mondo non menzionano la sua presenza in territorio: si sa che ha lasciato qualche impronta della sua creatività nelle zone limitrofe, ma mai sulla Rupe.

È noto che nel 1502 Leonardo venne assoldato da Cesare Borgia in veste di architetto e ingegnere militare; i due avevano già avuto modo di conoscersi a Milano nel 1499. Il figlio di Papa Alessandro VI, detto “duca del Valentino”, fu uno dei tiranni più feroci del momento e occupò Leonardo, che era giunto a Cesena, in varie mansioni legate alle continue campagne militari, come rilevare e aggiornare le fortificazioni delle città romagnole conquistate. Il 6 settembre 1502 Leonardo da Vinci lascia il ricordo della sua presenza a Cesenatico tracciando sul suo taccuino di viaggio il famoso “Codice L”, un preciso rilievo del piccolo borgo marinaro accompagnato da una veduta dall’alto della rocca. A “colmare” il vuoto storico di Leonardo a San Marino ci ha pensato l’avvocato Cesare Monteverde che nel 1862 fece pubblicare per “Luigi Cioffi Editore Libraio” una “storia del secolo XVI” intitolata “Adelinda o la Repubblica di San Marino”, oggi custodito dalla Biblioteca di Stato.

Nel “Capitolo X” compare difatti “il venerando Leonardo da Vinci” che a Imola aveva avuto modo di conoscere il console sammarinese padre di Adelinda. Il console, Leonardo e il Buonarroti, una sera, si erano trovati a “favellare di San Marino” a lungo.

Leonardo promette al console (Giorgio) una stretta di mano con il senatore Morosini, che vive a Venezia. All’indomani quindi “il celebre pittore” e il padre di Adelinda si ritrovano davanti alla ma invece di bussare e entrare Leonardo prende in disparte l’uomo e assieme prendono una “direzione diversa”. Leonardo a bassa voce gli dice: “Congedate, messere, il vostro seguito. È per questo che sono uscito io: io prevedeva che voi sareste accompagnato, avendo dimenticato di darvi delle istruzioni in proposito; vengo dunque a rimediare alle dimenticanza e vi avverto che siamo in Venezia. Infino a questa notte non potremo vedere il senatore”. Giorgio “licenziò gli uomini del suo corteggio e profittò del gentile invito fattogli da Leonardo di percorrere seco la città, onde ammirarne i più celebri monumenti”. La visita fu ovviamente gradita al console: “Quel celeberrimo pittore ed architetto con ragionata critica faceva maggiormente spiccare la bellezza e i difetti di quei monumenti che andavano visitando col Sammarinese” scrive Monteverde.

Assieme ammirarono “il ricco e superbo arsenale, il palagio del doge per quale il Vinci lavorava a un gran quadro”, ma anche la Basilica con “i quattro cavalli di bronzo dorato nel 1205 tolti all’ippodromo bizantino per decorarne Venezia”, videro “la torre dell’orologio, le gallerie e la biblioteca”. Le bellissime opere che impreziosivano la Serenissima rivelavano “al Sammarinese la potenza e la ricchezza di quella repubblica; ma ricordando quanto avevano detto e i Buonarroti e Nicolò de Lapi e qualche parola di Leonardo”, il padre di Adelinda pensò dei veneziani: “Costoro si credono felici e liberi; ma ahimè! Sono disgraziati e schiavi. La tirannia è sempre funesta, o abbia una testa, o ne abbia cento”.

La presentazione tra Giorgio e il senatore Morosini venne officiata da Leonardo i due si ritrovarono a parlare delle proprie realtà. Il padre di Adelinda “spiegò francamente i bisogni e i pericoli della sua repubblica”.

Di fatto quindi, anche nella letteratura meno storica e più fantasiosa, Da Vinci non salì mai sul Titano anche se ebbe modo di conoscere, attraverso le parole del console, alcune peculiarità del Paese.

 

“ADELINDA” E IL TEATRO


È legata all’inaugurazione del Teatro Concordia e alla relativa messa in scena dell’opera che ha seguito il taglio del nastro dello spazio di Borgo Maggiore – quella “Adelinda”, dramma lirico in tre atti – l’ascrizione all’elenco dei cittadini onorari di San Marino di Antonio Ghislanzoni (il suo nome è legato soprattutto al libretto dell’opera “Aida” di Giuseppe Verdi, con il quale collaborò anche alle revisioni della “Forza del destino” e del “Don Carlos”) e del Maestro Agostino Mercuri in data 28 ottobre 1872.

L’opera venne portata sulle assi del Concordia alla presenza degli Eccellentissimi Capitani Reggenti Giuliano Belluzzi e Pietro Berti, ma anche dei maggiori esponenti dello Stato, dei critici giunti da diversi paesi e da un numerosissimo pubblico, che applaudì più e più volte diretto dal Maestro Agostino Mercuri. Si racconta che le “arie”, in particolar modo quella della “Marcia Trionfale” del primo atto, vennero fischiettate dai sammarinesi anche a distanza di molto tempo dalla “prima”.

L’opera, in tre atti, si basa sul romanzo di Cesare Monteverde “Adelinda o La Repubblica di San Marino”, e narra il tentativo di invasione del territorio sammarinese perpetrato da Cesare Borgia nella prima metà del secolo XVI.

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