San Marino, un progetto innovativo ma sempre nel rispetto della tradizione.
“Vi giuro che questa pietra di mulino canta le lodi di Dio” scrisse nel 1200 Gialalad-Din Rumi, antico poeta originario del Khorasan storico. La più recente Matilde Maisto invece, in una lirica “macinata” in maniera fine, si rivolge con queste parole al figlio: “Guarda la pietra e ricorda le mani/ strette, offerte, protese, a difesa./ Lingua degli uomini da tutti compresa./ Guarda la pietra, osserva il tuo volto”.
Un volto che a San Marino si declina in tre nomi: Lorenzo Canini, Laura Luna Serrandrei e Cristian Lancioli. I tre under 35 stanno completando un progetto piuttosto importante, che si inserisce nel filone del saper innovare nel rispetto della tradizione.
“Sul territorio, da anni, non vi erano più mulini a pietra funzionanti e in grado di fare piccole produzioni artigianali – spiegano i tre giovani sammarinesi –, così nel febbraio del 2018 abbiamo presentato la nostra proposta, anche in virtù del fatto che oggi stiamo assistendo a una riscoperta dei cereali antichi e delle tradizionali metodologie per la sua macina. Siamo tre amici ma anche tre soci della CAPA (Cooperativa Ammasso Prodotti Agricoli, una delle realtà del Consorzio Terra di San Marino) e abbiamo fatto squadra per realizzare un’attività, in sinergia con la Cooperativa, che vuole rappresentare una risorsa per il Paese”.
Il mulino a pietra ha aderito al disciplinare di produzione del Consorzio Terra di San Marino che potrà quindi contare su questa nuova realtà per macinare piccoli e grandi quantitativi di farina e studiarne, ma anche proporne, nuove tipologie.
“La pietra della macina ha un diametro di un metro e pesa all’incirca nove quintali – proseguono Lorenzo Canini, Laura Luna Serrandrei e Cristian Lancioli -. La sua produzione massima è di 350 chilogrammi di farina all’ora”.
In un mondo fatto di iperattività e produzioni ultrarapide, questa piccola oasi è all’insegna del tempo passato.
“La velocità di rotazione della macchina è molto bassa: in questo modo – sottolineano – si evita il surriscaldamento della farina, con il conseguente decadimento delle proprietà organolettiche”.
I mulini in pietra inoltre “donano” una farina integrale in quanto vengono macinati chicchi interi: la crusca non viene separata ma si amalgama con la farina e “restituisce” quindi un prodotto ricco di fibre, minerali e anche di vitamine del gruppo B ed E.
“Il processo di trasformazione – affermano Lorenzo Canini, Laura Luna Serrandrei e Cristian Lancioli – è a ‘ciclo chiuso’: una volta macinata, la farina prodotta (di tipo 1, 2 e integrale) viene fatta riposare e infine confezionata”.
Un recupero delle tradizioni di una volta portato avanti con tenacia. “Oltre al grano tenero, macineremo anche quello duro e altri cereali, come ad esempio il farro, il mais e l’avena, e anche altri prodotti come i ceci”.
In attesa del primo grano, ci vengono incontro le parole del poeta, giornalista e diplomatico nicaraguense RubénDarío: “Guarda il segno sottile che le dita del vento/ fan agitando lo stelo, che si piega/ e s’alza in ritmica virtù di movimento/ con l’aureo pennello del fior di farina”.