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La XXXIV edizione del “Premio Archivio Disarmo – Colombe d’oro per la pace”

da Redazione

BOLOGNA – Si è tenuta oggi, 30 novembre 2018, la XXXIV edizione del Premio Archivio Disarmo – Colombe d’oro per la pace. La cerimonia di premiazione, cominciata alle 10.30, si è svolta a Bologna presso Palazzo Re Enzo. L’evento, sostenuto dalle Cooperative aderenti a LEGACOOP, è stato organizzato in concomitanza con la Biennale della Cooperazione Italiana (Bologna, 30 novembre – 1 dicembre 2018).

La Giuria, formata da Fabrizio Battistelli, Dora Iacobelli, Riccardo Iacona, Dacia Maraini, Andrea Riccardi e Tana de Zulueta, ha consegnato le Colombe riservate ai giornalisti a Michele Giorgio (il Manifesto), Sara Manisera (freelance) e Pietro Suber (W l’Italia); la Colomba d’oro internazionale a Steve McCurry (fotografo) e un premio speciale al Progetto Presidio Caritas di Ragusa.

La Colomba, opera di Pericle Fazzini, viene assegnata ogni anno a tre operatori dell’informazione, che si sono distinti nel far conoscere esempi di gestione nonviolenta dei conflitti e della cooperazione internazionale, e ad una personalità che si è fatta portatrice di ideali di convivenza e dialogo fra i popoli. In un momento storico in cui la pace, i diritti umani, l’accettazione delle differenze sono valori assediati da visioni politiche ispirate a sentimenti di odio, il Premio “Colombe d’oro per la pace” si rivela ancora più attuale, perché promuove atteggiamenti di apertura reciproca e occasioni di dialogo.

“Guerra e violenza assediano il mondo” afferma Fabrizio Battistelli, presidente di Archivio Disarmo. “Le forme di questo assedio sono tante: dall’iniqua distribuzione della ricchezza nelle diverse aree del pianeta, al deterioramento dell’ambiente ad opera di un’industrializzazione e di un consumo selvaggi. Quanto al piano politico, è la pace ad essere sotto assedio: dalla piaga mai sanata del conflitto arabo-israeliano, ai postumi della guerra in Siria e alla guerra per procura che è in corso in Yemen, mentre il terrorismo per ora tace, pur non essendone ancora estirpate le cause”. “Apparentemente meno incombente – continua – ma tragicamente coinvolgente nella sua eventuale realizzazione, è il secondo fronte, quello nucleare, reso pericoloso dal paventato ritiro americano, non soltanto dall’accordo anti-proliferazione con l’Iran, ma anche dal trattato con la Russia per la riduzione dei missili a medio raggio (Inf)”.

La testimonianza professionale, e soprattutto umana, dei vincitori delle “Colombe d’oro per la pace” dimostra che sono possibili contributi concreti alla conoscenza e alla pratica della pace e della solidarietà internazionale. Ed è con questa convinzione che il Premio giornalistico “Colombe d’Oro” è stato assegnato, anche quest’anno, a quei professionisti della comunicazione che hanno operato a diretto contatto con i principali teatri di crisi contemporanei.

“Stando un po’ in Medioriente – ha dichiarato Michele Giorgio al momento della premiazione – ho capito che la pace sarebbe raggiungibile anche lì, ma dovrebbe essere accompagnata dalla giustizia. Non si può continuare ad applicare la legge del più forte. Bisognerebbe seguire le risoluzioni del diritto internazionale, che dovrebbero diventare dei fari per il nostro agire”.

“Sono molto grata per questo premio – ha detto Sara Manisera quando ha ricevuto la Colomba – perché mi dà lo stimolo a continuare umilmente questo lavoro, nonostante la precarietà del mio mestiere e l’assenza dei diritti che caratterizza la mia generazione”.

“Penso che questa cerimonia di incontro e dialogo – ha affermato Pietro Suber ritirando il premio – sia davvero importante in un momento in cui l’accettazione del diverso risulta un valore così difficile da perseguire”.

“La realtà dello sfruttamento agricolo – ha spiegato Vincenzo Lamonica, responsabile del Progetto Presidio della Caritas di Ragusa – deriva da un deficit di cooperazione dei piccoli lavoratori agricoli, che sono continuamente schiacciati dalle grandi aziende e che si trovano costretti a sottopagare i loro lavoratori. Siamo tutti responsabili di questa situazione: produttori e consumatori. Bisognerebbe diventare consapevoli di quali sono le filiere etiche e quali invece no, avendo alle spalle lo sfruttamento del lavoro, che equivale inevitabilmente a sofferenza.”

“Quando faccio le foto – ha raccontato Steve McCurry al momento della premiazione – cerco sempre di trattare le persone con grande rispetto. Oggi ci troviamo in un momento pericoloso, perché questo sentimento di rispetto nei confronti dell’altro sta venendo a mancare. Noi tutti dovremmo rendercene conto, per lottare contro questa situazione”.

Subito dopo la premiazione, Steve McCurry ha inaugurato la sua mostra: “Una testa, un volto. Pari nelle differenze”, presso Palazzo D’Accursio.

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