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Italia, premi collettivi per tre lavoratori su cinque

da Redazione

Presentata l’indagine annuale di Confindustria sul lavoro del 2018. La diffusione del welfare aziendale cresce con la dimensione dell’impresa.

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L’annuale indagine Confindustria sulle condizioni dell’occupazione nelle aziende associate ha registrato che nella prima metà del 2018 nell’industria in senso stretto il 63,7% dei lavoratori erano coperti da un contratto aziendale che prevede l’erogazione di premi variabili collettivi (l’82,5% nelle imprese con almeno 100 dipendenti). La contrattazione aziendale di contenuto economico è meno diffusa nei servizi, dove i lavoratori coperti erano il 45,3%. Oltre alla corresponsione di premi, il 15,8% dei contratti aziendali prevede la possibilità che questi siano convertiti in welfare. La diffusione di forme di partecipazione dei lavoratori agli utili è invece del 3,5% e quella di forme di coinvolgimento paritetico dei dipendenti nell’organizzazione del 4,1%.

Il 57,6% delle imprese associate mette a disposizione dei propri dipendenti non dirigenti almeno un servizio di welfare. La forma più diffusa è l’assistenza sanitaria: 43,5% in media, 76,1% per le aziende industriali con 100 o più addetti. Tra le grandi imprese dell’industria, inoltre, 1 su 4 eroga somme e servizi di educazione, istruzione o ricreazione a favore di familiari dei dipendenti e 1 su 10 offre contributi per l’assistenza a familiari anziani o non autosufficienti.

Si diffonde il lavoro agile: 1 azienda su 20 lo ha già introdotto e 1 su 10 lo ritiene un tema di interesse da affrontare. È ancora in prevalenza regolato solo da accordi individuali, ma in 1 caso su 4 ad essi si affianca già un trattamento da regolamentazione e/o contratto aziendale. L’incidenza delle ore di assenza sulle lavorabili nelle aziende associate è rimasta nel corso del 2017 sui livelli del 2016 (6,5% da 6,6%) e si è confermata più elevata nei servizi (7,6% contro il 5,9% nell’industria in senso stretto) e nelle imprese più grandi (7,3% in quelle con 100 e più addetti; 4,4% in quelle fino ai 15).

 

CONTRATTI AZIENDALI NELLE GRANDI IMPRESE


Secondo la rilevazione condotta tra marzo e maggio 2018, il 56,2% della forza lavoro delle imprese associate a Confindustria è coperto da un contratto aziendale che prevede l’erogazione di premi variabili collettivi. Ampie le differenze settoriali: tra le imprese dei servizi i lavoratori coperti sono il 45,3%, nell’industria al netto delle costruzioni il 63,7%.

Il 21,3% delle aziende associate stipula tali contratti. La percentuale è più elevata per i dipendenti che per le imprese perché i contratti aziendali sono più diffusi tra quelle di maggiore dimensione.

Nell’industria al netto delle costruzioni la quota con contratto aziendale passa dal 10,4% tra le aziende fino a 15 addetti al 32,6% tra quelle con 16 addetti, raggiungendo il 73,1% tra quelle con 100 e più addetti.

 

PREMI COLLETTIVI PER OPERAI E IMPIEGATI

 

Per il personale non dirigenziale, l’incidenza dei premi variabili collettivi sulla retribuzione annua complessiva è simile per operai e impiegati, rispettivamente pari al 3,4% e 3,5%, mentre tra i quadri scende al 2,7%. Nell’industria al netto delle costruzioni l’incidenza dei premi è mediamente più elevata che nei servizi e particolarmente alta nelle imprese oltre i 100 dipendenti: 4,8% per gli operai e 4,4% per gli impiegati.

 

NON SOLO PREMI NEI CONTRATTI AZIENDALI


Tra le imprese che applicano un contratto aziendale che prevede l’erogazione di un premio variabile collettivo, nel 15,8% dei casi lo stesso contratto prevede anche la possibilità (su richiesta del lavoratore) che il premio sia convertito in welfare.

L’opzione è più diffusa al crescere della dimensione aziendale: nell’industria in senso stretto è prevista dal 9,6% dei contratti in imprese fino a 15 dipendenti, dal 18,7% in quelle con 16 addetti e dal 30,5% in quelle con 100 addetti e più.

La diffusione di forme di partecipazione dei lavoratori agli utili, sempre come previsione contenuta in un contratto aziendale, è invece del 3,5% e quella di forme di coinvolgimento paritetico dei dipendenti nell’organizzazione del 4,1%. Mentre la partecipazione agli utili ha una diffusione più omogenea per dimensione aziendale, il coinvolgimento paritetico nell’organizzazione tocca un picco del 6,1% tra le imprese industriali con 100 o più dipendenti.

 

VARIEGATA L’OFFERTA DI BENEFIT AI DIPENDENTI


Il 57,6% delle imprese associate a Confindustria eroga uno o più servizi di welfare ai propri dipendenti non dirigenti. Anche la diffusione del welfare è più elevata nell’industria e nelle imprese grandi. Come nel caso dei premi, la maggiore diffusione delle erogazioni di welfare nelle aziende di grande dimensione eleva la quota complessiva di lavoratori a cui tali servizi sono messi a disposizione. La forma più diffusa è l’assistenza sanitaria: quasi la metà delle aziende associate versa contributi in fondi integrativi (43,5%), principalmente in applicazione di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali di categoria (37,7%). La diffusione della previdenza complementare è al 27,1%, anch’essa soprattutto in attuazione di CCNL (24,2%). Per entrambe le forme di welfare la percentuale di imprese che le erogano ai propri dipendenti schizza tra quelle grandi, in particolar modo nell’industria (76,1% e 72,9% rispettivamente). Seguono le somministrazioni di vitto (per esempio tramite mense aziendali) e i fringe benefit (tra cui autovetture ad uso promiscuo o prestiti agevolati), messi a disposizione da circa una su 5 aziende (20,7% e 19,2%), in entrambi i casi principalmente per decisione unilaterale (12,7% e 15,9%). Per le somministrazioni di vitto non è trascurabile nemmeno la quota di aziende che ne includono la previsione in un contratto aziendale (4,8%). Somme e servizi con finalità di educazione, istruzione o ricreazione rivolti ai dipendenti sono erogati da un’azienda su 20 (il 5%), e una quota, seppur di poco, superiore li eroga a favore di familiari dei dipendenti (6%). Le percentuali si quadruplicano tra le grandi imprese. Mediamente al 7,7% (ma 18% tra le grandi imprese) la diffusione del “carrello della spesa”, un altro tipo di erogazione che offre un concreto sostegno al potere di acquisto dei dipendenti, ancor più se distribuito con accordi con specifici esercenti. Al 2,3% la diffusione di servizi di tra sporto collettivo (8,9% tra le grandi).

Tra le imprese più grandi si registra anche l’incidenza più elevata della previsione di welfare da contratto aziendale. Concentrandoci sui tipi di benefit più diffusi, tra le imprese con 100 o più addetti, il 12% offre assistenza sanitaria integrativa prevista da contratto aziendale, il 10,5% previdenza complementare e il 18% qualche forma di vitto. Nel caso dei fringe benefit, invece, la previsione da contratto aziendale scende al 6%, perché di gran lunga prevalente rimane l’erogazione per decisione unilaterale.

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