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San Marino, invalidità e disabilità: novità in arrivo

da Redazione

Avviato il confronto tra Governo e parti sociali: si ipotizza un contributo da parte di tutte le imprese, più un ulteriore versamento per le imprese con oltre 20 dipendenti e che non rispettano il rapporto di 1 a 20. ANIS: “Prima delle percentuali è fondamentale istituire un’Anagrafe con i dati reali e accessibile ai datori di lavoro”.

Lavoro disabili

 

di Daniele Bartolucci

 

In un mercato del lavoro ristretto come quello di San Marino, la delicata questione degli invalidi e delle persone con disabilità riveste senza dubbio una rilevanza importante, a maggior ragione dopo la Legge n. 189 del 2015, che ha introdotto il principio dell’assunzione degli invalidi come requisito vincolante “per partecipare alle gare di appalto per la fornitura dei beni e servizi alla Pubblica Amministrazione” (art. 66). Tale normativa è intervenuta, come noto, in assenza di una revisione generale della vecchia Legge 29 Maggio 1991 n. 71 sull’inserimento lavorativo degli invalidi e dei portatori di deficit. Un aggiornamento che resta ancora oggi opportuno anche alla luce delle proroghe che nel tempo si sono susseguite per non penalizzare le imprese sammarinesi, in particolare quelle che partecipano agli appalti pubblici. Almeno fino ad oggi, stante l’avvio di un confronto tra Governo e parti sociali per giungere – 8 anni dopo – alla formulazione di un regolamento generale. Il tutto per dare seguito all’articolo 77 della Legge 194 del 2010, che recita: “E’ dato mandato al Congresso di Stato di adottare un apposito decreto delegato teso a riformare le norme in materia di assunzione e impiego di personale invalido in imprese private, gli obblighi di cui al 2° comma dell’articolo 4 della Legge n.71/1991 e le regole relative al conseguente impiego delle risorse del Fondo Ammortizzatori Sociali, previa individuazione delle pertinenti risorse finanziarie. Con il medesimo provvedimento potranno essere rivisti gli attuali metodi di valutazione funzionale della persona con disabilità, con l’obiettivo di consentire inserimenti lavorativi maggiormente compatibili con le abilità residue e funzionali al miglioramento delle stesse”.

L’innovazione più consistente, almeno al momento, è che si potrebbe arrivare alla “monetizzazione” – come avviene anche in Italia – per quelle imprese che, pur avendo più di 20 dipendenti, non hanno in organico il numero previsto di persone con disabilità o invalidità: in pratica, l’azienda che non dovesse assumerli (o non avesse mai assunto) verserebbe un contributo a parte, che poi verrebbe utilizzato in funzione di queste categorie di persone (agevolazioni all’assunzione, formazione, creazione/finanziamento di cooperative, ecc).

 

ANIS: “L’ANAGRAFE È FONDAMENTALE”


Come noto, non esiste una specifica categoria di “invalidità”, ma diverse condizioni, che rientrano comunque tutte nell’ambito di applicazione del Decreto previsto dalla Legge del 2010, già presentato in bozza alle parti sociali nei giorni scorsi. C’è infatti la “persona con disabilità” (art. 3, comma 2, della Legge 10 marzo 2015 n.28) e la “persona con invalidità” o “invalido” (chi ha difficoltà a svolgere funzioni tipiche della vita quotidiana a causa di minorazioni fisiche, intellettive, sensoriali e psichiche). Al di là, quindi, di ciò che deve essere previsto nell’ambito socio-sanitario per queste persone, nel contesto lavorativo occorre individuare altri criteri, come ad esempio l’accertamento della riduzione della capacità lavorativa. Si tratta di una percentuale, come avviene anche in altri Paesi, che dovrebbe oscillare tra il 45 e il 50%.

Definita questa “asticella”, però, non si risolverà l’annoso problema che le imprese (e le categorie che li rappresentano) manifestano da sempre: chi sono questi lavoratori? Una domanda non banale, perché conoscere queste categorie, nel momento in cui serva assumere un dipendente (o anche, come si vedrà, una persona con disabilità o con invalidità, per rientrare nei parametri), è oggettivamente necessario. Ad oggi questa anagrafe non esiste, ma la proposta, anche del Governo, è che dovrà essere istituita e resa operativa. “E’ fondamentale”, rimarca da sempre ANIS, “senza un’anagrafe accessibile, in cui il datore di lavoro possa avere conoscenza dei dati prima dell’assunzione, ogni successivo intervento perde di efficacia. Inoltre, senza avere contezza dell’esatta situazione numerica, non è possibile quantificare l’entità del contributo annuale da richiedere agli operatori economici o ancor di più di giustificare lo stesso intervento normativo”. Perché la novità, come detto sopra, potrebbe essere proprio quella del contributo economico.

 

PREVISTI CONTRIBUTI ALLE AZIENDE: LE IPOTESI


L’idea di un contributo di solidarietà (si ipotizza uno 0,1% mensile dello stipendio lordo per ogni dipendente) per tutte le aziende è la base di partenza della discussione in atto, perché il ruolo sociale dell’impresa non è determinato dalla dimensione e dal numero dei dipendenti. L’equità viene meno nel momento in cui verrà chiesto un ulteriore contributo alle aziende che hanno più di 20 dipendenti ma non rispettano il criterio di avere nel proprio organico una persona con disabilità ogni 20 dipendenti. Così facendo il contributo più rilevante graverebbe solo su poche aziende: delle 5080 attività economiche operanti in Repubblica solo 118 di esse hanno più di 20 dipendenti.

 

NUOVI CONTROLLI E INCENTIVI


Di fronte all’ipotesi di un aggravio economico, seppur sotto forma di contributo di solidarietà, è chiaro che si chieda anche una maggiore attenzione rispetto alle dinamiche sottostanti questo tema, che è comunque molto delicato. In particolare i controlli a monte, ovvero sulle persone con disabilità e soprattutto invalidità: per questo sarà istituita la Commissione degli Accertamenti Sanitari Individuali (CASI), che accerta la disabilità, attraverso l’individuazione del grado di invalidità e la limitata capacità lavorativa generica e specifica. Non solo per i nuovi accertamenti, ma anche – pare sia questa l’indicazione – sulle posizioni attuali e già certificate in passato. In ogni caso, le visite saranno periodiche, esclusi i casi di invalidità al 100%.

Più controlli e accertamenti più puntuali, ma anche più agevolazioni e incentivi all’inserimento lavorativo di queste persone (oltre a quelli predisposti dall’articolo 26 della Legge 29 settembre 2017 n.115). Ad esempio è al vaglio una forma incentivante per le cooperative sociali e le aziende a scopo sociale, mentre per le imprese è interessante l’ipotesi di uno sgravio contributivo dal 70 al 100%, differente in base alla percentuale dell’invalidità del dipendente che si assume.

 

I DUBBI


Premesso che l’obiettivo principale deve essere l’inclusione di queste persone, le imprese hanno ovviamente la responsabilità di partecipare al raggiungimento di un obiettivo così importante. Ma gli interventi vanno tarati sulle reali necessità e l’impianto normativo che si sta discutendo appare fin da subito sproporzionato, almeno fino a quando – come rileva ANIS – non si avrà contezza dei numeri con l’istituzione di un’Anagrafe. Se dovessero esserci solo poche decine di persone iscritte, ad esempio, vale la pena strutturare un Decreto di tale portata (che impegna operativamente l’amministrazione pubblica ed economicamente le imprese)? E’ opportuno, con quei contributi creare un fondo che potrebbe arrivare fin da subito a 1 milione di euro? O forse, sarebbe meglio tornare alla “vecchia” Legge 71 e applicarla in maniera puntuale? Inoltre, se si guardano alle dinamiche del mercato del lavoro sammarinese, non è difficile prevedere posizioni vacanti: se nella lista speciale non ci fosse nemmeno un lavoratore disponibile alla posizione offerta, l’impresa dovrebbe versare il contributo aggiuntivo nel caso non rispettasse il rapporto 1 a 20? In teoria dovrebbe valere lo stesso principio del 4,5% per le nuove assunzioni: se non c’è il lavoratore disponibile, non si è tenuti a versarlo. Chissà se anche in questo ambito si attiverà un discorso coerente con quello alla base del cosiddetto “doppio binario”.

 

COM’È IN ITALIA


Nella discussione in atto spesso di fa riferimento anche ad altri ordinamenti, che hanno affrontato la questione probabilmente in maniera diversa fino ad oggi.

Ad esempio, come funziona in Italia, dove esiste anche il regime di “collocamento mirato”?

I criteri. Come spiega il portale ClickLavoro del Ministero del Lavoro italiano, “dal collocamento mirato deriva l’istituto delle assunzioni obbligatorie. Le aziende con più di 14 dipendenti devono riservare una quota destinata a: invalidi civili con percentuale di invalidità dal 46 al 100%, invalidi del lavoro con percentuale di invalidità superiore al 33%, gli invalidi per servizio (ex dipendenti pubblici , compresi i militari), invalidi di guerra e civili di guerra con minorazioni dalla prima all’ottava categoria, i non vedenti e i sordomuti; categorie protette: profughi italiani, orfani e vedove/i di deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio ed equiparati (sono equiparati alle vedove/i e agli orfani i coniugi e i figli di grandi invalidi del lavoro dichiarati incollocabili, dei grandi invalidi per servizio o di guerra con pensione di prima categoria), vittime del dovere, del terrorismo e della criminalità organizzata”. In pratica, “i datori di lavoro che impiegano un numero di dipendenti: dai 15 ai 35, sono obbligati ad assumere un disabile; dai 36 ai 50, devono assumere 2 disabili; oltre i 50, devono riservare il 7% dei posti a favore dei disabili più l’1% a favore dei familiari degli invalidi e dei profughi rimpatriati”. Detto questo, “i datori di lavoro presentano la richiesta di assunzione entro sessanta giorni dal momento in cui sono obbligati all’assunzione”.

Modalità. “Le modalità attraverso le quali si procede all’assunzione del lavoratore appartenente a categorie protette sono di due tipi: la chiamata nominativa, la convenzione e l’avviamento per graduatoria”. In Italia “le convenzioni comportano l’assunzione a tempo indeterminato ed il contestuale distacco presso cooperative sociali, imprese sociali, disabili liberi professionisti o altri datori di lavoro privati non soggetti all’obbligo, con oneri retributivi e contributivi a carico del soggetto ospitante, al quale il datore di lavoro si impegna a conferire commesse di importo non inferiore”.

Deroghe. “L’obbligo di assumere lavoratori appartenenti alla categoria dei disabili è sospeso, temporaneamente, nei confronti delle imprese: in ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale con in intervento straordinario di integrazione salariale in situazione dichiarata di fallimento, in liquidazione che stipulano contratti di solidarietà in mobilità, limitatamente alla durata della mobilità”. “Nei casi sopra indicati, nel periodo in cui l’azienda rimane in attesa di ricevere l’autorizzazione, il Servizio Provinciale Competente può concedere la sospensione per un periodo non superiore a 3 mesi, rinnovabile una sola volta”. Inoltre “l’esonero parziale si sostanzia nel versamento di un contributo pari a € 30,64 per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore disabile non assunto” ed “è concesso per un periodo massimo di 12 mesi con scadenza al 31 dicembre di ogni anno, prorogabile”.

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