Home categorieCultura Visti per voi: gli spettacoli di “Crisalide”, il festival di Masque teatro

Visti per voi: gli spettacoli di “Crisalide”, il festival di Masque teatro

da Redazione

Stupisce per leggerezza Cristina Kristal Rizzo, “madre” di “Ultras – sleeping dances”. “Everyone Gets Lighter – All!” di Kinkaleri è invece un piacevole esercizio stilistico dai registri (anche) comici.

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di Alessandro Carli

 

FORLI’ – Se c’è da fare un solo, piccolo appunto a Masque teatro – gli ideatori, da un quarto di secolo, del festival “Crisalide – arti dinamiche del presente” – è solo il nome della rassegna: la kermesse, che si rifà alla condizione che precede lo stadio di adulto, è abbondantemente (e artisticamente) matura.

E gli spettacoli che hanno innervato il programma di sabato 8 settembre, ospitato nello spazio forlivese di via Orto del Fuoco, ne sono la conferma. Lavori “bonsai” per durata (quasi mai oltre i 30 minuti), non tutti poeticamente e scenicamente compiuti, ma “must see”.

Ad aprire le danze, ed è il caso di dirlo, “Prometeo: Contemplazione” di Simona Bertozzi (nella foto), assolo senza oggetti. Il rito gestuale, suddiviso dalla musica (e dalla sua assenza) in tre quadri, emerge nella sonorità degli strumenti, della voce e del movimento (un po’ più debole invece la partitura silenziosa). Chiusura ad effetto, con il buoi in scena e le che parla, piano, fino a scomparire.

Stupisce per leggerezza – a dire il vero, il monologo corporeo di Simona Bertozzi qualche “tonfo” sonoro lo ha fatto sentire al pubblico – Cristina Kristal Rizzo, “madre” di “Ultras – sleeping dances”: su un tappeto musicale di spessore (Deepsea ma anche Ed Sheeran) la danzattrice decide di zoomare l’indagine sul movimento delle gambe, riempendo il palco sino alle sue estremità. Cristina, già presente al Festival di Santarcangelo, in questo “atto” punta ancora su colori: dal sangue che le sgorga dalla bocca alla parrucca marrone, sino al bianco delle luci. Finale “doppio” – lei esce e poi rientra – che in parte allenta il pathos quando, piangendo, prende lo smartphone e inizia a commuoversi.

Meno convincente “Tu es libre (Voci. Di. Libertà.)” di Teatro i: una scrivania, a metà palco, di erge a stanza della tortura della memoria. Memoria recente, attuale, quella di una donna che, dopo aver urlato “Allah akbar”, commette una strage. Giocando sapientemente con l’oggi e il passato – alla cronaca si alternano pagine sui troiani -, lo spettacolo non riesce a compiersi in maniera strutturata, a causa di un testo complessivamente debole e a un’attrice, Francesca Garolla, troppo acerba per la parte.

“Everyone Gets Lighter – All!” di Kinkaleri è un piacevole esercizio stilistico che sa toccare registri anche comici. Marco Mazzoni spiega che la compagnia ha ideato un codice personalizzato in cui a ogni lettera dell’alfabeto corrisponde un gesto. Così gli haiku di Jack Kerouac – su tutti, uno: “Uccelli che/ cantano nel buoi/ alba piovosa” diventano danza e movimento.

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