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Visti per voi: Escarteen a Coriano e Mark Lanegan Band a Verucchio

da Redazione

Due stelle hanno illuminato le notti di fine luglio della Provincia di Rimini. Due concerti diversi per poetica e pubblico, ma davvero straordinari.

Escarteen Coriano

 

di Alessandro Carli

 

Due stelle hanno illuminato le notti di fine luglio della Provincia di Rimini. La prima – che poi in realtà è più corretto parlare di una stella doppia, quindi di due astri (nascenti) – si chiama Escarteen Sisters (nella foto), due sorelle di Barcellona giovanissime (il “teen” in questo senso è esplicito: una ha 21 anni e l’altra 19) che il 25 luglio hanno dato più di un motivo al pubblico di raggiungere la Cantinetta della Corte di Coriano.

Un violoncello (la più giovane, Flavia), un violino (l’altra, Laia) e le loro voci: un pastiche misurato ed esplosivo di sonorità folk che strizzano l’occhio al fado, la flamenco e alla grande musica francese del Novecento. C’è contagiosità, nell’accezione più nobile, nella loro musica: note nate e donate per ballare, che giocano sui tempi lenti e poi accelerati, come due fiumi, o forse tre, che si alternano e si incontrano. Sperimentazione quindi ma non improvvisazione: sono viaggi, quelli che suonano, ben strutturati e profondi, e che portano inevitabilmente lontano. Si tocca la malinconia a delle persone che aspettano alla stazione, nei dieci-dodici pezzi presentati, il cuore di una madre – la loro -, i ritratti dell’umanità che cammina in silenzio nelle strade di notte quando anche uno sguardo si fa racconto. Un affresco di mosaici, che dimostra un’interessante capacità compositiva e di riarrangiamento, una straordinaria complicità e soprattutto una intrigante comunicabilità emotiva. Si sfiora la “gonna di Jenny in un ballo di tanti anni fa” (Fabrizio De André, “Il suonatore Jones”), con il pubblico che danza, si muove, o meglio: si lascia cullare dalle voci delle sorelle, come un carillon immaginifico e vero.

La seconda stella – Mark Lanegan – ha fatto da faro alla volta notturna del Verucchio Festival. Un’ora e 25 minuti (compreso il bis) tutta d’un fiato, con la prima nota che si è diretta verso il pubblico (il piazzale davanti alla chiesa, sgombro di sedie, ha accolto oltre 500 persone) alle 21.30 in punto. Parzialmente penalizzata dal checksound – i bassi erano troppo alti e si è avvertito un po’ un effetto “rimbombo”, ma nulla di allarmante, è grunge mica musica lirica – il cantante statunitense dalla voce  inconfondibile, rauca e gutturale, ha confermato le attese: pochi fronzoli e poche parole perché lui fa musica e musica ha fatto.

“Bleeding muddy water”, No bells on Sunday”, “Come to me” e “Atmosphere” sono solo alcuni gradini della scaletta proposta alla platea, particolarmente attenta al live e meno (grazie al cielo) agli smartphone: anche questo è grunge.

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