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Editoriale: San Marino, il Bilancio ha le “ore” contate

da Redazione

Alzare le tasse e non fare investimenti servirebbe solo a sfiduciare imprese e cittadini nel loro Paese.

 

di Alessandro Carli

 

Pur accogliendo con favore le linee di principio della spending review – semplificazione, interventi sui costi del persona e recupero dell’efficienza – non possiamo non fare una riflessione sulla situazione economica del Paese. Il Bilancio dello Stato è già rosso e le prospettive lo sono ancora di più: ci riferiamo al debito pluriennale di Cassa di Risparmio, incrociando le dita che non arrivino altri guai per le casse statali. Un debito che, al momento, appare impagabile e rappresenta un grosso freno per il Paese: se si impiegano le poche risorse disponibili per coprire la spesa corrente e i “buchi”, poco rimane per la crescita e lo sviluppo. La coperta è corta.

Per fare entrare un po’ di linfa nelle casse statali il Governo ha riutilizzato la “facile” via della Patrimoniale e di un aumento delle imposte, mentre le riforme – che dovrebbero andare di pari passo – sono ferme al palo.

Inoltre, con le tasse crescono le entrate (che pagano tutti), ma sul fronte delle uscite non vediamo riduzioni importanti, né tantomeno concertate e disciplinate.

L’esempio è il taglio di un’ora dell’orario di lavoro dei dipendenti pubblici (da 37 a 36 ore), prevista dal piano di spending review: essa va in maniera diametralmente opposta a quella di un servizio pubblico che soddisfi le esigenze dei cittadini e delle imprese, che pretendono semmai un orario parificato a quello del privato e sportelli aperti tutto il giorno.

E poi, quando verrà messo a regime? Su che bilancio? Ben che vada, se ne parlerà in autunno. Un’ora in meno negli ultimi tre mesi dell’anno che incidenza potrà avere? Ma ci sono altri aspetti che riteniamo importanti. La maggior parte dei Segretari di Stato (6 su 7) sono dipendenti della Pubblica Amministrazione.

Non è necessariamente un difetto, ma è chiaro che la delicatezza della situazione imporrebbe un’organizzazione di stampo imprenditoriale, che la politica normalmente non ha. Anche per questo nelle democrazie moderne si avvia quello che si chiama confronto e concertazione, soprattutto con chi “paga” il servizio e chi ha necessità di quel servizio. Qualcuno si è accorto di questa fase preliminare? Ma il rischio vero, oltre a interventi di spending review abbastanza soft e forse perfino dannosi, è che con un Bilancio così in difficoltà le tasse aumenteranno ogni anno. Forse non con una Patrimoniale ma in maniera strutturale: già si sta parlando di modifiche all’IGR e al cambio delle aliquote. Nel frattempo qualcuno dovrà chiedere scusa per aver stoppato l’entrata dell’IVA a San Marino, un sistema che garantisce un maggiore e più equo gettito per l’erario ma che è soprattutto un fattore di stabilità per i conti pubblici, essendo una di quelle leve su cui i Governi possono agire per ottenere risultati immediati. Vanno quindi ricreate le condizioni – che riteniamo ci siano – per mettere in moto un “effetto fiducia” che dia spinta alla ripresa.

Alzare le tasse e non fare investimenti servirebbe solo a sfiduciare imprese e cittadini nel loro Paese.

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