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Non versare i contributi ora è un’appropriazione indebita

da Redazione

Modificato l’articolo della finanziaria, ma non il principio: ora si rischia il penale. Prevista una soglia di 10mila euro e almeno 3 “partite”, oltre alla possibilità di oblazione.

 

di Daniele Bartolucci

 

Non versare i contributi previdenziali dei dipendenti significa commettere il reato di appropriazione indebita.

Il Governo modifica la norma introdotta dall’art. 64 della legge 147/2017 (che a sua volta modificava l’art.197 del Codice Penale), ma la sostanza non cambia: gli imprenditori – o comunque il legale rappresentante dell’impresa – dovranno fare i conti con il rischio di un procedimento penale, perché “è punito con le pene previste al comma 2 l’intestatario di cartella esattoriale esecutiva che non provvede al pagamento degli oneri previdenziali e sociali dovuti”. Va detto che rispetto alla prima proposizione, ora devono concorrere delle condizioni più specifiche, a partire dal fatto che “l’ammontare delle iscrizioni a ruolo per oneri previdenziali e sociali scaduti e non pagati raggiunge complessivamente il numero di tre partite”, poi che “l’importo della vera sorte iscritto nelle suddette partite supera cumulativamente euro 10.000” e infine che “l’impresa non adempie agli obblighi dell’accordo di dilazione di cui all’articolo 34 della Legge 25 maggio 2004 n.70, ove sottoscritto, o a quelli dell’eventuale piano di rientro, concesso dal Servizio di Esattoria Unica, in assenza dei presupposti per la dilazione di cui sopra ed ai sensi della Convenzione di cui all’ articolo 7, comma 1, della summenzionata Legge, nell’intento di rendere comunque più fruttuosa e celere l’azione di recupero del credito”.

Inoltre il legislatore ha previsto l’oblazione: “Per le ipotesi di cui al comma che precede, segnalate dal Servizio di Esattoria Unica, il giudice applica la pena dal primo al terzo grado ed ammette, su richiesta, l’estinzione del reato mediante l’oblazione volontaria di cui all’articolo 69 del codice penale. Il termine per provvedere al pagamento della somma determinata dal giudice ai sensi dell’articolo 69, comma 2, del codice penale non può essere inferiore a trenta giorni. In caso di mancato pagamento entro il termine assegnato, il Giudice dispone il rinvio a giudizio. Il beneficio dell’oblazione volontaria non può essere concesso in caso di recidiva ai sensi dell’articolo 91 del codice penale”.

E riguardo alla retroattività? “Le disposizioni del presente articolo”, conclude la nuova norma istituita con il Decreto Legge maggio 2018 n.52, “si applicano a decorrere dalle cartelle esattoriali con scadenza 30 giugno 2018”. Quindi il principio della non retroattività non è salvo. Ovviamente le imprese non hanno accolto con favore questa imposizione, pur condividendone il principio deterrente (negli anni, purtroppo, il debito dei contributi non versati all’ISS ha assunto dimensioni importanti, nell’ordine di milioni di euro, ndr). In primis ANIS, che ne ha chiesto l’abrogazione. L’Associazione degli Industriali ha anche proposto alcune modifiche, soprattutto per evitare che potesse avere efficacia retroattiva, ma anche che avesse una soglia di punibilità, e soprattutto che venisse precisato che il reato si configurasse solo per l’ipotesi di mancato versamento dei contributi per la quota corrispondente alle ritenute operate nei riguardi dei lavoratori. In teoria, infatti, i contributi versati dall’azienda sono un’altra partita, mentre quelli trattenuti in busta paga, ovviamente, sono già del lavoratore. Di queste, oltre alla previsione di oblazione volontaria, è stata accolta unicamente la soglia di punibilità portata ora a 10.000 euro.

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