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San Marino, Patrimoniale su capitale netto e immobili privati

da Redazione

ANIS: “Si continuano a colpire le imprese virtuose, si agisca invece sulla revisione della spesa per trovare le risorse necessarie”. Il Governo cancella le case all’estero dal provvedimento e riapre il tema degli stipendi pubblici: subito lo scontro coi sindacati.

 

di Daniele Bartolucci

 

Servono almeno 35 milioni di euro per sistemare il Bilancio dello Stato. Questa la cifra di cui il Governo parla da qualche tempo e attorno cui ruota il dibattito su come trovare queste risorse. Da una parte aumentando le entrate, dall’altra riducendo i costi dell’apparato pubblico: questa la strada maestra, ma con evidenti differenze di visione, che stanno emergendo in questi giorni. Visioni e “pesi” diversi, come quello che avrà il privato (più colpito per ora) piuttosto che il pubblico: ai cittadini e alle imprese viene infatti chiesto un sacrificio importante, visto che la sola patrimoniale doveva garantire 16-17 milioni di euro (oltre alla reintroduzione della minimum tax, che colpisce solo le imprese) e al pubblico, invece, verrà tagliato un 2,5% nel 2018 (il 10% totale in tre anni) della spesa corrente totale, quindi non solo e probabilmente solo in minima parte riguarderà i dipendenti.

 

L’ULTIMA VERSIONE DELLA PATRIMONIALE


Il 30 aprile, ultimo giorno utile per presentarla, il Congresso di Stato ha varato il Decreto Delegato nr 44, come previsto dall’articolo 48 della Legge di bilancio. Una versione più “soft” di quella presentata in bozza alle parti sociali nei giorni scorsi, ma che comunque, non cambia la filosofia dell’intervento: si tasseranno i patrimoni, quello netto per quanto riguarda le aziende (esclusi dunque i capannoni), quello totale per le persone fisiche, compresi gli immobili e gli asset finanziari (ma non i conti correnti). Per quanto riguarda le imprese, è stata ridotta di 0,2 punti l’imposta straordinaria sul patrimonio netto delle società, che comunque dovranno calcolare un esborso dello 0,4%, che in molti casi significherà cifre importanti. Per le persone fisiche, invece, nell’ultima versione viene cancellato il pagamento per gli immobili posseduti all’estero da sammarinesi e residenti, così come gli strumenti finanziari – sempre detenuti all’estero – dalle persone fisiche che hanno ottenuto la residenza fiscale. Prima casa: si pagherà l’imposta, ma la cifra sarà esattamente la metà di quella sborsata nella precedente tassazione straordinaria sugli immobili. E comunque, tramite l’abbattimento, dovrebbero essere esclusi gli appartamenti “normali” sotto i 90 metri quadri circa a seconda della tipologia. Chi ha la villa o immobili di pregio, pagherà per il valore quasi intero, quindi. Come detto non verranno toccati i conti correnti, ma solo se detenuti in Repubblica, per quelli all’estero, come tutte le attività finanziarie, è previsto il contributo, eccezion fatta per i valori sotto la soglia di 10mila euro, che verranno esentati. Anche l’ultima versione, comunque, non piace alle parti sociali e saranno settimane calde, queste, perché prima della ratifica del Decreto nel prossimo Consiglio Grande e Generale, il confronto potrebbe continuare e qualche modifica potrebbe ancora arrivare, sempre che il Governo decida di andare a cercare le risorse altrove. Ed è quello che auspicano gli imprenditori, soprattutto quelli associati ANIS.

 

ANIS: “PENALIZZATE LE IMPRESE VIRTUOSE”


Dopo aver annunciato modifiche alla bozza di Decreto Delegato che regolamenterà l’imposta straordinaria sui patrimoni, il Segretario alle Finanze ha incontrato nei giorni scorsi anche la delegazione ANIS per presentare la nuova versione. “Si è trattato purtroppo solo di una presentazione perché, come già detto nei giorni scorsi”, ribadiscono da ANIS, “i tempi sono troppo stretti per un confronto efficace. L’impostazione del Governo è infatti stata resa nota solo dieci giorni fa, nonostante i quattro mesi a disposizione e la scadenza del 30 aprile fissata in finanziaria. Questo, ancora una volta, conferma il metodo di lavoro con cui le parti sociali sono costrette a confrontarsi”. “Nonostante ciò”, avvertono, “la nostra Associazione non si è limitata a criticare l’intervento del Governo, perché è consapevole dell’urgenza di trovare risorse per il Bilancio dello Stato, anche se non è ancora chiaro di quante e per quanti anni a venire. Anche per questo abbiamo voluto ribadire un principio fondamentale, da cui non possiamo retrocedere: è l’economia reale, fatta di imprese che generano occupazione e ricchezza, che ha permesso a San Marino di reggere l’impatto della crisi e che ci permetterà di recuperare in futuro quanto abbiamo perso. Per questo, seppur ridotto dallo 0,6% allo 0,4%, l’intervento volto a tassare il patrimonio netto delle aziende era e resta sbagliato, perché colpisce le imprese virtuose, mettendo a rischio investimenti e sviluppo. Due cose di cui il nostro Paese ha invece bisogno”. Per lo stesso principio, “abbiamo rilevato l’incongruenza di un’imposta straordinaria sugli immobili detenuti all’estero da parte dei residenti, in particolare per quegli imprenditori e manager che invece cerchiamo di attirare in territorio. Su questo fronte il passo indietro del Governo è stato più deciso e di questo ne prendiamo positivamente atto”.

 

SPESA CORRENTE, ECCO DOVE RECUPERARE RISORSE

 

Qualche “sconto”, quindi, è arrivato, ma la situazione non solo non è migliorata, bensì si allarga il problema principale, perché, come spiega anche ANIS, “le modifiche effettuate mettono in luce ancora di più l’altro aspetto da noi sollevato: ci sarà un minore gettito dalla patrimoniale e quindi occorreranno comunque risorse aggiuntive, che vanno a nostro avviso recuperate dalla riduzione della spesa corrente. Il risparmio previsto del 2,5% per il 2018 appare infatti sempre più insufficiente e auspichiamo vengano accolte quanto prima le nostre proposte per aumentarlo. Pur ritenendo opportuno un risparmio anche sul monte salari dei dipendenti pubblici, non ci si può limitare a questo, né credere che il problema sia solo riferibile alle persone che lavorano nella Pubblica Amministrazione. Senza entrare nel merito va attuata una profonda ristrutturazione della spesa corrente, una decisa lotta agli sprechi e l’esternalizzazione dei servizi non strategici. Il sistema IVA, capace di riequilibrare i conti agendo in maniera equa sui consumi, va introdotto dal 1° gennaio 2019. E sempre in nome dell’equità, va introdotto subito l’ISEE per l’erogazione di tutti i servizi e i contributi che lo Stato offre oggi gratuitamente e in maniera indiscriminata. Non ce lo possiamo più permettere. Ed è giusto che chi ne ha le capacità reddituali, paghi almeno una quota di questi servizi, a iniziare da sanità e scuola, proprio per renderli sostenibili ed evitare che vengano sacrificati”.

 

L’ULTIMA IDEA: TAGLIARE UN’ORA NELLA P.A.


Che il contratto dei dipendenti pubblici vada rivisto e aggiornato all’attuale situazione delle casse dello Stato è un dato di fatto da parecchio tempo, ma all’orizzonte non si vede ancora una soluzione che possa accontentare tutti. Va anche detto che la Segreteria agli Interni ha scelto da tempo di tenere separati spending review e contrattazione, proprio per evitare un muro contro muro, ma non è pensabile che entrambi i tavoli restino bloccati ancora a lungo. La revisione della spesa deve andare avanti ed entro giugno va svelato il piano di recupero del 2,5% (molti auspicano almeno il doppio quest’anno, ndr), così come la contrattazione, ferma ad alcune proposte di intervento che però non piacciono ai sindacati. L’ultima sarebbe un taglio dell’orario settimanale, con il “sacrificio” di 1 ora di retribuzione. “E’ inappropriato e largamente inapplicabile”, commentando i segretari delle Federazioni Pubblico Impiego CSU, Alessio Muccioli e Milena Frulli,

Inoltre, “il passaggio da 35 a 36 ore settimanali”, calcolano i segretari FUPI-CSdL e FPI-CDLS, significa una riduzione netta degli stipendi del 2,6%, riduzione che salirebbe al 3,1% con l’ulteriore taglio dello 0,50% imposto recentemente. E’ la fin troppo facile scorciatoia dei tagli lineari, che funziona benissimo sulla carta, ma poi incontra moltissime difficoltà nella realtà. In settori complessi come la scuola e la sanità la diminuzione dell’orario è ad esempio una scelta inapplicabile, mentre in altre aree dell’amministrazione, dove da tempo c’è carenza di personale, rischia di creare seri problemi nell’erogazione dei servizi ai cittadini”.

 

LE PROPOSTE: SOLIDARIETÀ E ORARI “PRIVATI”

 

Il taglio di 1 ora, per quanto contestato e contestabile, apre però la riflessione sull’orario di lavoro nel settore pubblico. Da tempo si chiede di intervenire per parificarlo a quello del privato, ovviamente a parità di retribuzione altrimenti si aumenterebbero i costi. Del resto non è comprensibile (né difendibile politicamente) perché chi lavori nel pubblico abbia una retribuzione oraria più alta che nel privato e che il servizio erogato non coincida con gli orari in cui l’utenza ne ha effettivamente bisogno, che sono i classici orari d’ufficio del privato, quindi anche il pomeriggio (tutti i pomeriggi, ndr) e perché no, anche al sabato mattina, come avviene nei Comuni italiani. Aumentare la produttività potrebbe portare nuove risorse e contrattualmente, se messo a regime, invogliare molti più dipendenti a contratti part time, con ulteriori risparmi per lo Stato (anche in termini di straordinari, che calerebbero). Ma la vera questione è, da tempo e ormai prioritaria anche nella “lista” del FMI, è il numero esorbitante dei dipendenti pubblici, oltre al fatto che moltissimi sono senza competenze specifiche purtroppo (la formazione può sopperire alcune carenze, non certamente a tutte). Di qui l’idea di trasferire un meccanismo virtuoso che nel settore privato è utilizzato da qualche anno di fronte alle crisi aziendali e alla volontà di non lasciare subito a casa i dipendenti: il contratto di solidarietà. Applicarlo anche ai dipendenti pubblici permetterebbe fin da subito di avere dei risparmi sul monte salari, dando tempo e modo alle autoirtà e alle parti sociali di ragionare più serenamente sul nuovo contratto collettivo dei dipendenti pubblici senza effettuare tagli di personale e di stipendio poco condivisi.

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