Home FixingFixing San Marino, ecco cosa insegnano Eschilo e Sofocle ai bulli della Rete

San Marino, ecco cosa insegnano Eschilo e Sofocle ai bulli della Rete

da Redazione

Il Liceo Classico dice no all’odio con uno spettacolo rispetta i dogmi greci: coro per introdurre la platea ai fatti, le tre vedove sul proscenio (le pioniere delle streghe del “Macbeth”) che spiegano il dramma che accadrà.

no hate 1 - Copia

 

di Alessandro Carli

 

La risposta alla stretta attualità legata al bullismo che si sta diffondendo nelle scuole italiane l’ha data il Monte Titano con “No hate – L’odio è figlio dell’Errore”, lo spettacolo teatrale curato dagli allievi della Quinta del Liceo Classico della Scuola Secondaria Superiore di San Marino e che ha visto la partecipazione dei ragazzi della classe Seconda.

Una pièce che, partendo dal fecondo tessuto greco (Eschilo ed Euripide in questo caso), racconta – ed è questa la grande forza del teatro antico – la quotidianità del terzo millennio: il rapporto tra genitori e figli (Eteocle e Polinice, i due figli di Edipo), le conseguenze della bramosia di potere, l’educazione verso la res publica.

Lo spettacolo rispetta i dogmi greci: coro per introdurre la platea ai fatti, le tre vedove sul proscenio (le pioniere delle streghe del “Macbeth”) che spiegano il dramma che accadrà, l’agorà, la piazza che diventa una taberna, luogo aperto in cui i giovani si incontrano e attendono lo scontro.

I giovani ascoltano, increduli e sbigottiti, le notizie di ciò che avviene alle sette porte della città e si interrogano sui motivi, sulle responsabilità, sugli esiti di uno scontro fatale, a cui non pare esserci rimedio.

Una guerra che 2.500 anni fa avveniva (e veniva raccontata) sulla terra e che oggi invece ha la consistenza “pericolosa” delle Rete.

Giocasta e Tiresia sullo sfondo di Tebe, e la battaglia – qui “fisica”, ma nella vita avviene anche a parole – per il riconoscimento della supremazia sugli altri, sottendono un messaggio vuole far riflettere: l’odio è figlio dell’errore. Errori nella gestione generazionale ed errori nella forma educativa, errori nella non riconoscenza dei maestri, che poi portano – esasperati dai social e dai telefonini – alla diffusione delle atrocità.

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