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Il cantautore-biologo riminese Luca Casali racconta in musica “La sesta estinzione”

da Redazione

L’album verrà presentato ufficialmente il 26 aprile all’interno del “Circolo Milleluci” di Rimini per poi andare in tournée.

Luca Casali

 

di Alessandro Carli

 

Gioca con i multipli del numero tre, la perfezione, il nuovo lavoro in studio del cantautore riminese Luca Casali, che suddivide il suo tempo tra il lavoro (è laureato in Biologia e fa di mestiere il nutrizionista), la famiglia e la musica. Sono nove le tracce che compongono “La sesta estinzione”, il concept album promosso da “La Clinica Dischi & Worilla” e verrà presentato ufficialmente il 26 aprile all’interno del “Circolo Milleluci” di Rimini per poi andare in tournée – da maggio in poi – toccando città come Roma, Firenze, Pesaro, Urbino e altre ancora.

 

Che rapporto hai con i numeri?


“Abbastanza diretto e lineare. Il gruppo è composto da tre persone: oltre a me, ci sono Eros Rambaldi che suona il contrabbasso e Lorenzo di Silvestri che invece si dedica alle percussioni. Il numero giusto per coordinarsi e viaggiare: si può stare insieme ma allo stesso tempo ci si può anche isolare. Non dimentico poi Stefano Rossini, che ha partecipato attivamente alla stesura dei testi”.

 

Titolo “scientifico”, quello del tuo nuovo album. Dopo cinque estinzioni, come sta la razza umana?


“Non siamo ancora estinti e non è detto che ci estingueremo. Sicuramente è molto allarmante la velocità della perdita della biodiversità. Stiamo assistendo a una forte riduzione delle specie viventi, animali e piante”.

 

Tutto gravita attorno al tempo. Quanto ci hai messo per completare il tuo nuovo lavoro?


“La registrazione ha richiesto circa un anno e mezzo. Ovviamente non è stato un lavoro assiduo ma piuttosto un percorso in divenire, che ha portato a una forte caratterizzazione del suono”.

 

L’album è attraversato da un’idea…

 

“Si tratta di un concept album: la tematica dei nove pezzi gura attorno a un argomento comune, quello non tanto della sesta estinzione ma piuttosto quello della decadenza dell’umanità. In ‘Uomo della pioggia’ racconto la storia di un immigrato africano, in ‘Come iene’ invece emerge una situazione di instabilità e incertezza. Nel cd trova spazio anche l’amore: ‘Tra le dita’ è dedicato a mio figlio Samuel”.

 

I concept album si snodano lungo una linea di crescita…


“Il primo lato, il ‘side A’, è caratterizzato da sonorità più blues e rock, il secondo invece è più ipnotico ed introspettivo. Il titolo invece mi è stato ispirato da una scrittrice, Elisabeth Kolbert”.

 

Dove componi i pezzi? E da dove parti?

 

“Le canzoni sono nate in epoche e momenti diversi. ‘Tempo ancestrale’ per esempio l’ho scritta quattro o cinque anni fa ed è forse il pezzo che lega il mio primo album, ‘Time to smile’, cantato in inglese, a ‘La sesta estinzione’, che invece è ‘detto’ tutto in italiano. In genere scrivo in casa, a Rimini, in cucina. Non so perché ma è fonte di grande ispirazione. Mi chiudo lì dentro, carta e penna. Ho scelto la lingua italiana per riuscire a comunicare di più e riuscire a dire in pieno quello che penso”.

 

C’è un titolo che mi ha compito: “Il tassidermista”. Chi è?


“Una persona. Il suo ‘nome’ è preso dalla biologia. Si tratta di un uomo che faceva l’imbalsamatore di animali. Ci siamo conosciuti anni fa all’estero, era un emigrato bolognese. Il suo lavoro si è scontrato con le nuove tecnologie e piano piano si è trovato quasi senza occupazione. Mi ha raccontato la sua storia, piena di malinconia per il tempi passati. Lo ho voluto ricordare con una canzone”.

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