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Editoriale: “PSN”, il rapporto con l’Italia e il ruolo della manifattura?

da Redazione

Per i nuovi Capitani Reggenti Stefano Palmieri e Matteo Ciacci l’inizio dell’incarico istituzionale è partito con un “carico da 90”.

 

di Alessandro Carli

 

Per i nuovi Capitani Reggenti Stefano Palmieri e Matteo Ciacci l’inizio dell’incarico istituzionale è partito con un “carico da 90”: il “Piano di Stabilità Nazionale”.

Le linee di intervento del progetto, che sono state presentate alle parti sociali la settimana scorsa e martedì 3 aprile alla cittadinanza, ruotano attorno ad alcuni punti focali: la stabilità del sistema bancario, la riforma di Banca Centrale e la messa in sicurezza del Bilancio dello Stato. Purtroppo non si sottolinea, come invece meriterebbe, la centralità del rapporto con l’Italia, essenziale per portare avanti progetti volti a sviluppare anche nuovi ambiti di attività, a semplificare l’interscambio commerciale, in generale una sinergia propositiva utile ad entrambi.

Il documento poi, purtroppo, è carente sul tema – molto importante invece – dello sviluppo.

Le intenzioni e alcuni buoni propositi non mancano: attrazione di nuovi investitori, sburocratizzazione e un miglioramento della raccolta e della diffusione dei dati economici per permettere a tutti gli operatori di prendere decisioni più consapevoli e meglio informate.

Il punto fondamentale è rappresentato dal poter avere a disposizione i dati puntuali di sistema perché da questi occorre partire per individuare con precisione le soluzioni.

Soluzioni che si calano in una situazione di straordinaria gravità, su cui è indispensabile ricercare una larga condivisione anche con le parti sociali, perché dovranno essere, ahinoi, piuttosto profonde, rigorose e incisive.

Ciò che emerge a “singhiozzo” invece – forse anche a causa di poco confronto con le parti sociali in fase di “definizione” del Piano Nazionale di Stabilità – è la non attenta valutazione dell’importanza del sistema industriale manifatturiero, che ha rappresentato una grande diga negli anni più bui della crisi. Le imprese, lo ricordiamo, sono il vero volano dell’economia sammarinese per capacità di generare ricchezza e occupazione ma devono essere messe nelle condizioni di poter operare sui mercati e crescere per farle diventare ancora più forti.

Stessi sforzi e stesse attenzioni vanno poi riposti sugli altri settori che innervano l’economia del Paese, come il commercio, il turismo e l’artigianato.

Tutte richieste che se l’Esecutivo avesse messo in campo una modalità di dialogo e confronto, sarebbero potute essere accolte e modulate adeguatamente per renderle davvero incisive.

Del resto, le intenzioni del “Piano Nazionale di Stabilità” sono racchiuse proprio nel nome che è stato scelto. E un progetto “nazionale”, per essere davvero tale, deve coinvolgere tutti.

Per rilanciare il Paese serve davvero fare sistema: le forze sociali e politiche devono scambiarsi riflessioni e suggerimenti, lavorando sul recupero della fiducia ma anche sulla fattibilità dei progetti.

Anche per questi motivi, l’auspicio è che ci possano essere ampi margini di discussione anche in corso d’opera: la stabilità e soprattutto il futuro del Paese stanno a cuore a tutti. Politica, cittadini e imprese.

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