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San Marino, contributivo per i nuovi, “ricomputo” per gli altri

da Redazione

Riforma delle pensioni: al nuovo metodo per calcolare la prestazione si abbinerà il contributo degli attuali percettori, che sarà agganciato alla situazione economica equivalente con l’ICEE. Potenziamento del FONDISS con tutto o parte del TFR.

grafico saldo previdenziale

 

di Daniele Bartolucci

 

La riforma delle riforme prende corpo. Il problema della sostenibilità del sistema previdenziale è comune a tutti i Paesi industrializzati, non da meno San Marino, che ne ha fatto un vanto in passato. E da cui, stando alle attuali ipotesi in campo, potrebbe trarne un ulteriore vantaggio, diventando uno dei primi, se non il primo, a riequilibrare l’intero impianto andando a “ricalcolare” anche le pensioni in essere, ovviamente per coloro che registrino un sensibile divario tra contributi versati e pensione ricevuta. Ma agganciando questo contributo (da parte dei pensionati) all’ICEE (il nuovo ISEE sammarinese che sta per essere messo in campo) e non limitandosi a questo intervento, ma andando a muovere diverse “leve”, in primis il passaggio al contributivo, fino alla riforma della governance dei fondi pensione, il cui secondo pilastro (Fondiss) andrà notevolmente potenziato, anche con il versamento di parte o tutto il TFR. E’ questo in sintesi il ventaglio di proposte che il Governo sta concordando con le parti sociali (prossimo incontro il 13 febbraio) e che il Segretario di Stato alla Sanità, Franco Santi, ci illustra oggi. Ricordando che “la riforma strutturale del sistema previdenziale sammarinese è una delle priorità individuate dal programma di governo, rappresenta uno dei punti di azione contenuti nel piano di stabilità nazionale. Ed è riconosciuta da tutti come passaggio obbligato per dare risposte alle molteplici criticità oggi presenti”.

 

IERI GRAVI ERRORI, OGGI EFFETTI DEVASTANTI


Le riforme del passato sono state troppo “generose” e questo è ormai un giudizio unanime che il Segretario Santi motiva riepilogandone le fasi principali. “La riforma del 1983 ha coinvolto nella sua prima fase di attuazione – che ricordo, con una oggettiva situazione di squilibrio tra contributi richiesti e prestazioni promesse – una coorte di lavoratori in forte crescita frutto di una situazione macro economica molto positiva che ha visto il nostro PIL crescere anche a doppia cifra. Se consideriamo per questi lavoratori, una carriera media di circa 40 anni capiamo molto bene che gli effetti più significativi di questo squilibrio sta arrivando con tutta la sua potenza deflagrante. Potenza in grado di azzerare in pochi anni quella riserva tecnica accumulata dal 1983 ad oggi (oltre 400 milioni di euro, ndr), grazie al favorevole rapporto tra lavoratori attivi, che aumentavano con percentuali importanti, e prestazioni erogate, che erano poche e con un valore medio basso”.

 

OBIETTIVI ECONOMICI MA PENSANDO AI GIOVANI

 

Premesso che “la necessità di un intervento era ed è nota oramai a tutti, pur non potendosi immaginare un intervento che abbia carattere di definitività (ora e per sempre), si tratta di porre in termini compiuti le fondamenta del sistema per la sua messa in sicurezza e dar definitivamente crescere il modello multipilastro avviato nel 2011. Le condizioni per intervenire e per rispondere a tutte le esigenze in più tempi manifestate dalle rappresentanze datoriali e dei lavoratori, così come dalla politica, sicuramente ci sono”, garantisce Santi. “Una ulteriore attesa, però, potrebbe risultare decisiva in termini negativi ai fini del risultato auspicato”. Quindi si discuterà, ma si dovrà anche decidere. Nel merito, “si tratta di dar corpo ad una vera riforma che, per essere degna di tale nome, deve vedere i singoli interventi legati tra loro da un fil rouge che deve rispondere ad un leit motiv”.

Ovvero: “Un sistema pensionistico sano e sostenibile che garantisca prestazioni adeguate alle future generazioni. Per giungere all’obiettivo è necessario contestualizzare il ragionamento, come lo si è già fatto in passato, ricordando come non esistano sistemi pensionistici sostenibili in uno scenario macroeconomico inefficiente. La riforma andrà, quindi, accompagnata da una revisione degli attuali assetti economici e del mercato del lavoro, pena depotenziarne gli effetti per fattori esogeni alla stessa”.

In pratica, “il punto da cui partire è quello forse più lontano nel tempo, ma è il vero obiettivo: assicurare che, quando la riforma andrà a regime, il sistema potrà dirsi in sicurezza”. Per questo “tutti gli sforzi devono essere orientati all’obiettivo e animati dalla convinzione che il sacrificio richiesto ci condurrà finalmente ad un sistema pensionistico in regola e in condizioni di garantire il corretto rapporto tra entrate e uscite, lasciando che le risorse pubbliche oggi impiegate per ripianarne il delta negativo (19 milioni attualmente, ndr) possano essere utilizzate per sviluppo e crescita, quindi, per il benessere di tutti. Data questa constatazione, bisogna, quindi, immaginare un periodo transitorio di difficoltà che, però, una volta superato, ci lascerà sicuri di poter lasciare alle giovani generazioni un sistema sano e equo”.

 

SUBITO IL PASSAGGIO AL SISTEMA CONTRIBUTIVO


Come ottenere questo ambizioso obiettivo? “Il primo passo consiste nel modificare il metodo di calcolo della pensione per coloro che inizieranno a lavorare dopo l’entrata in vigore della riforma e, pro rata, per chi già è attivo nel mercato del lavoro”. Sul tavolo un’ipotesi c’è già: “Il metodo di calcolo immaginato dovrebbe essere basato su una logica contributiva (tanto versi, tanto otterrai in termini di pensione), di modo da rendere il sistema complessivo equo e atto a restituire ai futuri pensionati un rateo calcolato sulla vera contribuzione. Il tutto legando la rivalutazione dei contributi versati lungo tutta la vita lavorativa all’andamento del PIL nominale, con conseguente correlazione tra sistema pensionistico e andamento del Paese”.

Ovviamente, “dovrebbe comunque essere prevista una soglia minima di pensione per coloro che, giunti all’età pensionabile, non dispongano di redditi e patrimonio utili a far fronte alle esigenze della vecchiaia, integrando in questi casi il trattamento pensionistico ad una soglia minima e adeguata, evitando così di lasciare in stato di povertà coloro che versino in difficoltà”. Dall’altra parte, verrebbe superato il cosiddetto “tetto”, permettendo a quanti versano tanto, di avere pensioni molto più alte rapportate ai contributi versati (un tema molto caldo per rendere competitivo il sistema verso top manager e imprenditori).

 

CORAGGIO ED EQUITÀ: RICOMPUTO DELLE PENSIONI


“Il passaggio al contributivo, se ben strutturato, dovrebbe dare certezza sul fatto che a distanza di qualche decennio il sistema non vivrà le criticità che vive oggi”, spiega Santi, “ma comporta naturalmente una possibile riduzione del rateo pensionistico per le giovani generazioni, che potrebbero non conoscere gli stessi tassi di sostituzione dei loro genitori e nonni. Così, il secondo passo logico e fattuale, rispettoso del patto intergenerazionale e del più generale dovere di solidarietà, è intervenire sull’esistente, invitando coloro che siano già titolari di pensione a rendere sostenibile questo passaggio al nuovo modello”. Perché il punto principale è proprio questo: “Le riforme precedenti non hanno voluto intervenire su ciò che in termini giuridici viene definito ‘un’aspettativa di diritto’ molto spesso confuso con il termine di ‘diritto acquisito’. Non sono intervenute sui parametri di calcolo della misura pensionistica maturata alla data della riforma e hanno preferito ragionare solo con la logica dei pro-rata. Le conseguenze di questo mancato intervento sono state quindi in gran parte ripartite sulle spalle delle giovani generazioni, su coloro che hanno appena cominciato la loro carriera e su coloro che ancora si stanno formando”.

Con la riforma “in progress”, invece, si interverrà finalmente anche su questo aspetto, ma uscendo “dalla logica sin qui seguita del contributo di solidarietà”, avverte Santi, “che interviene indipendentemente dal fatto che il percettore della pensione abbia contribuito di più o di meno rispetto a chi percepisce una pensione di medesimo ammontare e senza, peraltro, tenere conto della presenza nel nucleo familiare di quest’ultimo di minori o soggetti portatori di disabilità”. Come verrà invece calcolato questo contributo? “La misura dovrebbe modularsi tenendo conto dei contributi versati nel corso della vita lavorativa in rapporto alla pensione percepita (ove il delta superi determinate soglie verrebbe richiesto un contributo percentuale della pensione), il tutto avuto riguardo alla situazione economica equivalente del percipiente”, quindi agganciato all’ICEE. Uno strumento che risulta fondamentale anche perché andrà “necessariamente collegato alla misura delle prestazioni assistenziali o previdenziali, per un migliore utilizzo e meglio orientato delle risorse esistenti a favore di coloro che ne abbiano più bisogno”.

 

POTENZIARE IL FONDISS: TFR E NUOVE “ARMI”


Contributivo e “ricalcolo” dovrebbero rendere sostenibile il sistema, ma per avere un tasso di sostituzione più alto, occorre “dare effettivo respiro e sviluppo alla previdenza complementare di secondo pilastro”, ovvero al FONDISS. Almeno due i cantieri su cui intervenire, spiega il Segretario alla Sanità: il primo è di “ragionare sulla destinazione a FONDISS di parte o di tutto il TFR dei neoassunti post entrata in vigore della legge per incrementare i futuri montanti di secondo pilastro”. L’altro è sulla gestione di questi contributi: “E’ compito delle Istituzioni fare sì che questi importi siano gestiti e investiti prudentemente, ma utilmente. Da qui, la necessità di rivedere le regole e i limiti esistenti e aprire alla possibilità di investimenti fuori territorio. A ben vedere”, spiega Santi, “il rischio di investimento non risiede tanto (o almeno non solo) nel luogo o nel soggetto che materialmente opera la gestione stessa delle risorse, bensì nella corretta predisposizione di limiti e regole di investimento da parte del legislatore e, entro tali limiti, nella redazione di un piano di investimento chiaro, prudente e diversificato da parte del soggetto amministratore del fondo”. L’esempio arriva anche dalla vicina Italia, con il D.Lgs. 252/2005 e il DM 166/2014, che disciplinano la materia degli investimenti da parte dei fondi di previdenza complementare.

“E’ evidente”, conferma Santi, “che una buona parte della partita e dello sviluppo della previdenza complementare si giochi sul tema dell’investimento delle risorse di questo sistema fondato sulla capitalizzazione individuale. Ma lo stesso ragionamento vale anche per il primo pilastro fondato sulla ripartizione, essendoci un patrimonio da gestire, sempre nell’interesse dei giovani (nonché, chiaramente, degli attuali lavoratori e pensionati)”. Del resto la redditività di questo patrimonio non è mai stata altissima, anche perché quasi del tutto legata al sistema bancario sammarinese. “Si tratta di disegnare le regole di investimento per entrambi i pilastri”, annuncia Santi, “ricordando che sempre di investimento a fini previdenziali si discute”. Ma, qui la novità, “in una logica di razionalizzazione e piena sinergia tra pilastri previdenziali, deputati allo stesso fine, sarebbe interessante ragionare su un’unificazione della gestione degli stessi; gestione squisitamente tecnica, orientata a dare corso ai dettami di legge e a muoversi entro tali limiti. Alle parti sociali, rappresentative degli interessi di coloro che contribuiscono a entrambi i pilastri, dovrebbe essere lasciato l’importante compito – non tanto di gestire gli importi, date anche le difficoltà sin qui registrate – ma di controllare che tutta l’amministrazione si svolga in conformità agli stessi dettami di legge, con un potere di verifica puntuale su tutto l’andamento della gestione”.

 

“SOSTENIBILITÀ ED EQUITÀ TRA GENERAZIONI. INCONTREREMO LE PARTI SOCIALI E I CITTADINI”

 

Segretario Franco Santi, qual è la situazione reale del sistema previdenziale di San Marino?

 

“La situazione presenta uno squilibrio tra entrate e uscite importante e con una dinamica sempre in aumento. Una situazione conosciuta da anni. Le proiezioni attuariali che furono fatte in occasione della riforma del 2005 avevano già fatto emergere la strutturale criticità del sistema. Purtroppo le riforme approvate dalla politica sia in quella occasione che in quella successiva del 2011 non hanno avuto il coraggio di andare fino in fondo nonostante la disponibilità e il senso di responsabilità dimostrato dalle parti sociali. Oggi non possiamo commettere lo stesso errore e la politica per prima deve avere il coraggio di intervenire per costruire un sistema previdenziale equo e sostenibile e che, soprattutto, non metta in difficoltà il bilancio dello Stato”.

 

La riforma che state costruendo quali obiettivi si pone, dunque?


“Innanzitutto la sostenibilità economica: il crescente disequilibrio tra contributi e prestazioni sta diventando un peso troppo forte per il bilancio dello Stato e rischia di rendere inutili tutte le politiche messe in campo per consolidare le finanze pubbliche e far ripartire lo sviluppo economico del nostro paese. Obiettivo che deve necessariamente passare anche attraverso il perseguimento di un secondo importante obiettivo, quello dell’equità tra generazioni: è profondamente ingiusto erogare prestazioni pensionistiche oggi che molto spesso superano, come valore netto, quello dell’ultima retribuzione percepita e nello stesso tempo sapere che chi entra nel mondo del lavoro potrà far affidamento ad una pensione di circa la metà. Questo divario è profondamento iniquo ed è una delle principali ragioni del crescente disequilibrio di gestione”.

 

Come procede il confronto con le parti sociali?


“Stiamo consolidando un terreno comune, una consapevolezza condivisa che spero possa rappresentare la base più corretta e utile per raggiungere il traguardo. Del resto i dati sono molto chiari, come i possibili ambiti di intervento e le leve che possiamo utilizzare per modificare il sistema. Il mio augurio è che l’approccio di tutti sia improntato ad un forte senso di responsabilità e capacità di guardare il quadro generale e non al proprio settore di riferimento”.

 

Qualcuno, però, teme tagli “draconiani”…


“Credo che le preoccupazioni espresse dalle organizzazioni sindacali nei giorni scorsi siano assolutamente legittime e degne della massima attenzione. Gli interventi di riequilibrio necessari dovranno essere costruiti con una forte sensibilità sociale e con una previsione di impatto che non tenga conto solamente dell’ambito previdenziale, ma che ragioni su un quadro più generale come già detto. Tuttavia dobbiamo tutti ammettere che l’intervento a carico del bilancio dello Stato è molto importante e difficilmente si potrà incrementare. In questa direzione mi auguro che si possa ragionare con serenità ad un utilizzo condiviso di queste risorse anche differente da quello attuale”.

 

Obiettivi chiari, metodo definito: siamo in vista del traguardo finale?


“Il Governo si è posto come obiettivo di presentare una proposta di riforma in prima lettura, possibilmente condivisa, entro i primi sei mesi del 2018. Credo che ci sia tutto il tempo per poter approfondire i temi e le proposte che sono state già elaborate dalla Commissione Tecnica per la Previdenza. Credo anche che i dati in nostro possesso ci spingano a trovare soluzioni concrete nel più breve tempo possibile. Sarà molto importante e utile organizzare momenti di confronto e di informazione nel paese. È mia intenzione organizzare diverse serate pubbliche nei Castelli, in collaborazione con le Giunte di Castello, proprio per avere l’opportunità di informare al meglio i nostri concittadini e per attivare un confronto diretto e mi auguro costruttivo”.

 

INTERVENTI TROPPO “GENEROSI” IN PASSATO, AGGRAVATI DA UN’ASPETTATIVA DI VITA SEMPRE PIÙ ALTA


Da una parte le riforme precedenti, “troppo generose” e generatrici di distorsioni, dall’altra la mancanza di coraggio nell’intervenire su questi errori. Anche senza crisi economica (con meno contributi versati), il sistema non avrebbe retto lo stesso. “Analizzando i dati degli ultimi 5 bilanci consolidati di gestione dei fondi previdenziali (2012-2016)”, spiega infatti il Segretario alla Sanità Franco Santi, “risulta subito evidente la tendenza molto preoccupante di crescita del disavanzo tra entrate contributive e prestazioni erogate. Le ragioni di questo andamento del saldo previdenziale sono molteplici e impattano con diverse modalità e misura sul risultato finale. Ragioni che sono conosciute da tempo e che hanno rappresentato elementi di riflessione ed analisi anche delle precedenti riforme del 2005 e del 2011, ma che hanno prodotto soluzioni sicuramente apprezzabili ma altrettanto insufficienti e profondamente inique da un punto di vista intergenerazionale. Per comprendere a fondo le motivazioni di questo squilibrio e soprattutto per poter mettere in campo soluzioni utili e condivise, è necessario ricostruire la genesi del nostro sistema previdenziale, le sue peculiarità e caratteristiche”. La prima considerazione da fare è che “il sistema previdenziale pensato e messo in campo nel 1983 si è rivelato molto generoso”, commenta Santi.

Infatti “a fronte di basse aliquote contributive riconosceva un tasso di sostituzione che si avvicinava sempre al 100% dell’ultima retribuzione del lavoratore. Non solo: la grave incapacità del nostro sistema fiscale di accertare gli effettivi redditi da lavoro autonomo, ha permesso gravi distorsioni in termini previdenziali, in particolar modo per categorie di lavoratori appartenenti ai commercianti e agli artigiani, causando forti disequilibri dei fondi e un importante intervento delle finanze pubbliche. Purtroppo ancora oggi, nonostante le riforme, si registrano casi nei quali la misura della pensione si avvicina molto o addirittura supera, la misura dell’ultimo stipendio del lavoratore”. Altro “elemento di criticità del nostro sistema è l’aumento dell’aspettativa di vita che è notevolmente aumentata dal 1983 ad oggi.

Semplice capire”, chiosa Santi, “cosa comporta questo dato in rapporto alle prestazioni erogate”.

Ovvero che si avranno più anni di pensione rispetto a quelli pagati con i contributi.

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