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Repubblica di San Marino, imprese: possibilità di business in UK

da Redazione

Nel Regno Unito il manifatturiero “pesa” solamente per il 10%. Brexit, UE e San Marino, alcune riflessioni dopo il seminario della Camera di Commercio.

Brexit seminario

 

di Alessandro Carli

 

Uno dei dati più interessanti che sono emersi durante il seminario “Gran Bretagna in corso Brexit: rapporti tra San Marino e Gran Bretagna” organizzato dalla Camera di Commercio della Repubblica di San Marino e ospitato all’interno del Best Western Palace Hotel è stato quello che riguarda il “peso” della produzione industriale nell’economia dell’Inghilterra, più o meno il 10%. Economia reale che invece è ben presente in Repubblica con realtà diversificate. L’industria manifatturiera sammarinese è il “principale erogatore” di economia del Paese, confermandosi come asset assolutamente strategico del sistema: contribuisce a circa il 35% del PIL.

L’economia anglosassone, è stato detto, è molto spostata su servizi e finanza, due settori che dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE, subiranno profonde trasformazioni. In attesa di capire come proseguirà l’uscita dell’UK dall’Unione europea – soft Brexit o hard Brexit, tempistiche e accordi che Londra farà post Brexit, quindi una serie di accordi bilaterali con i singoli Paesi – e in virtù del percorso inverso che sta facendo la Repubblica di San Marino (ricordiamo che il Monte Titano già da qualche anno sta portando avanti un accordo di associazione con l’UE), il seminario ha “acceso” una lampadina piuttosto importante. “I rapporti bilaterali tra San Marino e il Regno Unito – ha spiegato l’ambasciatore Federica Bigi prima di entrare nel dettagli – sono buoni”. Nel 2017 il valore dell’import dall’UK è stato di circa 8 milioni e mezzo di euro mentre per quel che concerne l’export (quindi RSM-UK) il valore ha superato i 13 milioni e mezzo di euro. Cifre importanti anche se non paragonabili né a quelle italiane né a quelle francesi (20 milioni e import e circa 21 milioni di export) e tedesche (43 milioni di import e 20 milioni di export).

Ma torniamo alla Brexit e al percorso che sta compiendo il Titano, cercando di allargare lo sguardo. Il questo caso crediamo che il tempo possa portare consiglio. In tutta Europa, Italia compresa, ci sono correnti politiche che spingono per l’uscita dall’UE.

E’ innegabile che la questione Brexit stia generando un quadro che può aprire una serie di riflessioni che coinvolgono inevitabilmente tutti quei Paesi che sono entrati recentemente nell’UE o che, avviato l’iter, sono in procinto di farlo.

Se il Regno Unito dovesse strappare condizioni particolarmente favorevoli, qualcosa potrebbe cambiare. Oggi San Marino ha la volontà di decidere perché è uno Stato indipendente. Se domani dovesse perdere l’indipendenza, automaticamente potrebbe perdere la propria forza. Forse è il caso di mettersi alla porta, ed aspettare l’evolversi della situazione: devono essere valutati tutti i pro e i contro, pur tenendo a mente che il mercato di riferimento del Titano è quello europeo.

Il quadro è in evoluzione e San Marino non ha ancora individuato con precisione chirurgica i propri obiettivi. L’attesa quindi può essere saggia.

Se un Paese membro esce dall’UE – parliamo ancora dell’UK – dovesse riuscire a “estrapolare” condizioni non troppo penalizzanti, San Marino può “impugnare” l’history case e nel caso chiedere all’UE le cose che gli servono. Siamo così sicuri che le quattro libertà – la libera circolazione delle merci, delle persone, delle prestazioni dei servizi e della libera circolazione dei capitali – siano ancora così ferree?

Com’è stato detto in occasione del seminario, dopo la Brexit il Regno Unito si metterà a stringere accordi bilaterali con i singoli Paesi e a siglare una serie di “Memorandum of Understanding”. Materie, queste, che trovano terreno fertile anche sul Titano: già da tempo sosteniamo che debba essere aggiornato l’accordo di unione doganale del 1992, anche alla luce delle esperienze maturate e della significativa evoluzione che in questi ultimi anni hanno subito le relazioni internazionali, così come debba essere reso operativo il “Memorandum of Understanding” tra BCSM e Bankitalia.

Insomma, sull’UE è meglio aspettare quando la situazione sarà più chiara.

 

BREXIT, UK, RSM

 

E’ stato un seminario votato soprattutto sulla finanza e sulle startup, quello organizzato dalla CCIAA, come testimoniano i professionisti che sono stati chiamati a relazionare: Leonardo Simonelli Santi MA, President Italian Chamber of Commerce and Industry for the UK; Maurizio Bragagni, Councillor Italian Chamber of Commerce and Industry for the UK – CEO, Tratos; Sergio Mottola, Presidente San Marino Innovation; il Presidente di Cassa di Risparmio Fabio Zanotti e il Direttore Generale Dario Mancini; il Direttore Generale di Banca di San Marino Domenico Lombardi.

Al centro, naturalmente, la Brexit. Brexit che, come ha rimarcato l’ambasciatore Bigi, “può rappresentare un’opportunità per San Marino”. Titano che, anche in virtù della creazione dell’Agenzia per lo Sviluppo, dovrà attrarre nuove imprese a San Marino e offrire nuovi business per quelle che già operano in territorio.

Dopo l’intervento del Vice Ambasciatore del Regno Unito a Roma, Ken O’Flaherty, che si è soffermato sui valori che accomunano UK e UE – “libero scambio e protezione dei diritti” -, Simonelli ha spiegato che una delle caratteristiche del Regno Unito è quella della “continuità dei rapporti” e che “l’innovazione tecnologica” riveste un ruolo molto importante. Innovazione che è legata al settore bancario. “Le startup hanno bisogno di sicurezza e di capitali” ha sottolineato Mottola.

Bragagni, nel suo intervento, ha evidenziato come la Brexit rappresenti una “grande sfida” per l’Industria 4.0, quella dell’automazione e dell’intelligenza artificiale, ma anche per la “guerra dei talenti”. La Premier May firmerà 45 mila permessi di lavoro per persone di alto profilo.

“La progettabilità del finanziamento di una startup è delicata” ha raccontato Zanotti. “Serve una maggiore efficacia del sistema bancario sammarinese, ma anche un’adeguatezza, così come un miglioramento qualitativo e normativo”.

Mancini invece ha aggiunto che in Italia il 90% delle imprese dipendono dalle banche, nel Regno Unito la percentuale è minore. “A San Marino è necessario aprire i confini verso l’internazionalizzazione”.

Lombardi ha ricordato “Innovazione, Educazione e Fintech: quale futuro?”, organizzato a fine 2017 a San Marino, l’evento realizzato per esplorare le potenzialità del Fintech. “San Marino viste le sue dimensioni ridotte, può diventare un interessante laboratorio di sperimentazione”.

 

IL PRESIDENTE ANIS STEFANO CECCATO: “ALCUNE IMPRESE ASSOCIATE GIÀ OPERANO IN UK”

 

Incontro nella sede dell’Associazione Nazionale Industria San Matino tra il Presidente di ANIS Stefano Ceccato, il Segretario Generale ANIS William Vagnini e una delegazione dei relatori del convegno “Gran Bretagna in corso Brexit: rapporti tra San Marino e Gran Bretagna”. Al tavolo, assieme ai vertici ANIS, il Direttore Camera di Commercio di San Marino Massimo Ghiotti, il President Italian Chamber of Commerce and Industry for the UK Cavaliere di Gran Croce Leonardo Simonelli Santi MA e il dottor Maurizio Bragagni, Councillor Italian Chamber of Commerce and Industry for the UK – CEO, Tratos.

“In questo momento – racconta il Presidente ANIS Stefano Ceccato – la Brexit rappresenta un’opportunità per le imprese italiane e sammarinesi”. Aziende sammarinesi che operano in diversi settori, alcuni dei quali “possono potenzialmente inserirsi nel mercato anglosassone”. Il Presidente, dopo aver ricordato che già “alcune associate lavorano nel Regno Unito”, si sofferma su alcuni aspetti emersi dalla conversazione. “Dopo la Brexit, il mercato dell’UK diventerà ‘chiuso’. Il mercato ‘interno’ della Gran Bretagna può aprire interessanti scenari: ci è stato riferito che gli inglesi sono piuttosto conservatori e che tendono a prediligere il ‘made in UK’, anche se realizzato da imprese straniere che si stabiliscono nel territorio”.

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