Home FixingFixing “La regina del silenzio”, la fiaba “fantasy” di Paolo Rumiz

“La regina del silenzio”, la fiaba “fantasy” di Paolo Rumiz

da Redazione

Ravenna: un viaggio nel regno che vive sulle righe del pentagramma.

Rumiz Paolo

 

di Alessandro Carli

 

Per il suo secondo libro dedicato ai bambini – il primo, lo ricordiamo, si intitola “A piedi” -, l’ottimo giornalista e scrittore di “viaggi” Paolo Rumiz ha scelto una storia “fantasy”, “La regina del silenzio”, pubblicato da “La nave di Teseo”.

Biblioteca classense di Ravenna gremita, il 22 gennaio, per ascoltare le sua parole. “E’ un libro nato oralmente – ha esordito -, scritto in pochi giorni ma che ha avuto una lunga gestazione. E’ la storia di un regno fantastico, collocato in una pianura priva di concavità dove i venti passano senza ostacoli e dove le persone cantano”. Un giorno però arriva “un castigamatti con tre mostri e impone il silenzio”. Se le persone non cantano, “anche la natura ne risente”. A un certo punto “entra” una bambina, “nata dopo l’arrivo del silenzio. Ha nostalgia per il canto. Quel canto che ascoltava quando era nel grembo della mamma”. La bambina si chiama Mila (“Ho scelto due note musicali” ha spiegato Paolo Rumiz) e “sino a 5 anni non parla. Però ascolta le voci del mondo, che la affascinano. Aspetta che i suoni si sfoglino” finché un giorno il nonno (lo stesso autore, ndr) le spiega il segreto: “Un giorno era passato un Bardo che portò la musica in questa terra”. Mila decide così di andare a cercare questo Bardo: prende una piroga e inizia l’avventura. Riuscirà a liberare Eco e soprattutto riuscirà a riportare la musica nella sua terra. Quando avviene lo scontro tra i ‘cattivi’ e la squadra di Mila, “l’esercito viene sedotto dall’esecuzione”.

Una storia, quella della “Regina del silenzio”, che contiene, ha spiegato l’autore, “tutto il mio passato di viaggiatore”. “L’ho scritta perché quando arrivi a 70 anni, sei maturo per essere nonno”.

Ma c’è una storia che è ancora più storia, e che è altrettanto importante: il sottotesto. “Mila si ispira a una vicenda vera. In occasione dell’audizione per la Youth Orchestra avvenuta a Belgrado, si presentò una ragazza serba (Aleksandra Latinovic, che poi divenne il primo violino). Sino a 5 anni non parlava. Ha iniziato a farlo – e bene – solo quando ha sentito il fratello suonare il violino. Per i primi 5 anni si è dedicata alla felicità dell’ascolto”.

Musica a Ravenna però vuol dire anche altro. Soprattutto un nome e un cognome: Riccardo Muti. “L’ho conosciuto nel 2009. Il Maestro aveva in programma l’esecuzione dell’Eroica di Beethoven a Sarajevo. Un dì il mio giornale, ‘Repubblica’, mi chiama e mi dice: ‘Vai a Sarajevo con Muti’. Muti mi metteva soggezione, anzi (ha detto ridendo, ndr), mi stava antipatico. In più non sapevo nulla di musica. ‘Tu lo segui e gli racconti Sarajevo’ mi ha detto il giornale. Ci vediamo all’aeroporto di Bologna, vedo un uomo vestito di nero che fuma una sigaretta. Durante il viaggio gli racconto la mia storia su Sarajevo. Vedo che assorbe le cose che gli spiego. Una volta arrivati, ci fermiamo al mercato a mangiare un piatto locale e a bere. Era una giornata di aprile, ci sediamo all’aperto. Lo vedo felice. Appoggia la schiena quando arriva una vecchietta ben vestita ma povera, di ritorno dal mercato. ‘Maestro, ci porti un po’ di armonia’. Muti ha gli occhi lucidi: ‘Signora, se ci fosse armonia ovunque, io sarei senza lavoro’ rispose”.

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