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Versailles sfida Davos: tutti a caccia di imprese

da Redazione

La mossa di Macron riaccende la luce sui grandi meeting economici. Anche San Marino, per storia e tradizione, potrebbe fare questa promozione.

 

di Daniele Bartolucci

 

Economia e investimenti: la sfida per rilanciare la prima e attrarre i secondi non è solo politica, ma “statuale”. La conferma arriva da Davos, dove si è tenuto il tradizionale Forum economico che ogni anno rilancia i temi che caratterizzeranno i mesi successivi: dalle grandi riforme alle sfide della globalizzazione. Ma al di là dei dati e delle “ricette” che ne emergono, è interessante proprio il luogo scelto: Davos è una nota località turistica, famosa per gli impianti sciistici d’inverno e il trekking d’estate, che grazie al Forum gode di un indotto che da solo vale la metà del Bilancio dello Stato di San Marino. Nel 2016 il bilancio del World Economic Forum di Davos si è chiuso nel 2016 con un giro d’affari di 238 milioni di euro e un utile (reinvestito quest’anno) di un milione. Cifre da capogiro, che forse non immaginava nemmeno Klaus Schwab, l’economista svizzero nato in Germania che nel 1971 si inventò questo meeting. Da lì in poi un po’ tutti i Paesi industrializzati hanno fatto a gara per crearne uno proprio. A farla da padrone sono gli Stati Uniti, ovviamente, grazie al fatto – soprattutto – di ospitare le sedi del FMI e Banca Mondiale (entrambi Washington), ma anche dell’ONU (a New York). Queste organizzazioni organizzano diversi meeting internazionali, come noto, che si aggiungono a quelli spari per il mondo come i cosiddetti G8 e G20. Ma l’elenco di quelli “privati” è molto più lungo e non riguarda solo Davos o gli eventi “informali” targati Bilderberg. Da quest’anno c’è anche Versailles. O meglio, c’è il presidente Macron che al grido di “scegliete la Francia” ha invitato 140 tra i gruppi industriali più importanti del mondo nell’ex residenza reale alle porte di Parigi, per convincerli a investire nel suo Paese. Un vero e proprio “affronto” alla vicina Svizzera, visto che Macron ha spalancato le porte della reggia proprio il giorno prima dell’inizio dei lavori a Davos. Ma il presidente francese non è l’unico, né oggi né ieri, a tentare queste sortite per la propria patria. Lo stesso Putin l’ha fatto per anni, Trump lo fa praticamente ogni giorno, anche forzando la politica protezionistica degli USA, ma anche Berlusconi lo ha fatto più volte e Renzi non è stato da meno (se veda il “contorno” dell’Expo di Milano, dove il Governo italiano ha fatto incetta di contratti e commesse con aziende straniere). Il tutto con o senza fair play finanziario, a dire il vero. In un’Europa che oggi mette dei paletti sempre più stringenti alle politiche fiscali troppo attrattive per evitare che i Paesi membri si “rubino” aziende l’un l’altro, certe operazioni di promozione, portate avanti da gruppi privati (come Davos) o dai Governi (come Macron), sono considerate normali. Anche San Marino (che a Davos è stata invitata) potrebbe giocarsi questa carta: il Segretario di Stato Marco Podeschi ha partecipato alla Conferenza dei Ministri della Cultura Europei, su iniziativa della Confederazione Svizzera, per promuovere i principi di una nuova cultura dell’edilizia. Ha dunque toccato con mano l’organizzazione che c’è dietro questi grandi meeting. E come lui altri, in passato, basti pensare ai Segretari alle Finanze che partecipano agli Spring Meetings del FMI. Le Istituzioni sammarinesi conoscono quindi queste dinamiche, che valorizzano i Paesi che le ospitano e che producono sia un indotto subitaneo (visti i partecipanti) sia un indotto a posteriori, con imprese e investitori che in questi Paesi poi stabiliscono i loro business. Portarne qualcuno sul Titano è impresa titanica, appunto, ma tentare di farlo è obbligatorio. D’accordo, l’antica Repubblica non ha né Versailles né la potenza economica dei magnati svizzeri, ma per storia e tradizione, San Marino avrebbe tutte le carte in regola per ospitare non solo convegni internazionali, ma anche le sedi diplomatiche di grandi organizzazioni mondiali.

 

REPORT OXFAM


Qualche giorno prima dell’apertura dei tavoli della 48esima edizione del World Economic Forum di Davos, il più importante evento mondiale dedicato all’economia che quest’anno ha come tema “Creating a shared future in a fractured world’, ovvero “come creare un futuro condiviso in un mondo fratturato”, Oxfam ha reso pubblico un report sulle diseguaglianze nel mondo, “Ricompensare il lavoro, non la ricchezza”. I ricchi continuano ad essere più ricchi e i poveri sempre più poveri. In Italia ma anche nel mondo.

Nel corso dell’ultimo anno, si legge nel “Briefing paper Oxfam”, il numero dei miliardari “è aumentato come mai prima: uno in più ogni due giorni. La ricchezza dei miliardari si è accresciuta di 762 miliardi di dollari nell’arco di 12 mesi, un incremento che, a titolo comparativo, rappresenta 7 volte l’ammontare delle risorse necessario per far uscire dallo stato di povertà estrema 789 milioni di persone. Di tutta la ricchezza creata nel 2016, l’82% è andato all’1% della popolazione, mentre il 50% meno abbiente non ha beneficiato di alcun aumento”. Rimandando il lettore al report integrale su oxfamitalia.org, ecco la sintesi del documento. Salari dignitosi e condizioni di lavoro decenti per tutti i lavoratori sono premesse fondamentali per porre fine all’attuale crisi della disuguaglianza. In tutto il mondo, l’odierna “economia dell’1%” grava sulle spalle di lavoratori mal pagati, spesso donne, che ricevono salari di sussistenza e sono privati dei diritti fondamentali. Per far fonte a questo gap, Oxfam ha “consegnato” ai Governo un vademecum. Stabilire obiettivi e piani d’azione concreti, soggetti a scadenze temporali, per ridurre la disuguaglianza. I governi devono porsi l’obiettivo di fare in modo che il reddito complessivo del 10% più ricco non sia maggiore di quello del 40% più povero. Porre fine alla ricchezza estrema. Per eliminare la povertà estrema dobbiamo eliminare anche l’estrema ricchezza. I governi devono usare la regolamentazione e l’imposizione fiscale per ridurre drasticamente i livelli di ricchezza estrema e per limitare l’influenza dei soggetti ricchi (sia individui che gruppi) nei processi di definizione delle politiche pubbliche. Collaborare per operare una rivoluzione nei dati sulla disuguaglianza. Ciascun Paese deve porsi l’obiettivo di rilevare con frequenza annuale i dati relativi alla ricchezza e al reddito di tutti i componenti della società, specialmente del 10% e dell’1% più ricchi. Oltre a finanziare un maggior numero di indagini relative ai bilanci dei nuclei familiari, devono pubblicare anche dati di altre fonti per far luce sulla concentrazione di reddito e ricchezza al vertice della piramide distributiva. Attuare politiche di contrasto di qualsiasi forma di discriminazione di genere e che promuovano atteggiamenti e norme sociali positive nei confronti delle donne e del lavoro femminile, riequilibrando le dinamiche di potere a livello familiare, locale, nazionale e internazionale. Rispettare e tutelare il diritto alla libertà di parola e associazione di tutti i cittadini e delle loro organizzazioni. Ribaltare le norme di legge e le azioni che negano spazio ai cittadini; fornire uno specifico sostegno alle organizzazioni che tutelano i diritti delle donne e di altri gruppi emarginati. Riportare l’uomo al centro dell’economia creando “una società inclusiva, giusta e che dia supporto”. E’ quello che ha chiesto, attraverso una lettera, Papa Francesco ringraziando l’organizzazione per l’invito ricevuto – “l’uomo torni al centro dell’economia” – avvertendoli dell’urgenza di quello che è un vero e proprio imperativo morale.

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