Home FixingFixing Luigi Pasquini e gli splendori del Monte Titano

Luigi Pasquini e gli splendori del Monte Titano

da Redazione

Anche la Repubblica omaggia il “buon sammarinese”: sino al 16 febbraio, nelle Biblioteca di Stato, in mostra i suoi acquerelli e le sue xilografie. Il suo studio fu frequentato da Mastella e da Lombardi.

Pasquini Luigi

 

di Alessandro Carli

 

“Nessun altro pittore – ch’io sappia – ha saputo rendere con tanta verità e tanta varietà gli aspetti di questa nostra bella e pittoresca Terra di San Marino… Egli ha saputo cogliere e ritrarre – direi quasi al volo – gli splendori del Monte Titano in tutta la sua varietà di colori: sfolgorante d’oro nel sole meridiano; cupo nel grigiore delle nebbie; candido sotto la neve; in tutte le luci, dall’alba al tramonto” scrisse Alpinolo Danielli sul periodico “Museum”.

Un “buon sammarinese”, Luigi Pasquini, lo è stato davvero. Artista riminese nato nel 1897, dal 1925 al 1936 ha vissuto e ha operato sul Titano: al fianco del suo impegno come insegnante disegno e calligrafia nelle scuole medie inferiori e superiori ha alternato uno straordinario percorso artistico: è stato scrittore ma soprattutto acquerellista, non disdegnando le xilografie. I “prodotti sammarinesi” della sua arte fanno pensare che fosse ben inserito nel contesto sociale della Repubblica. Già nell’estate del 1926 (4-11 luglio) infatti nell’elegante sala del Kursaal veniva inaugurata una sua mostra di acquerelli. “L’opuscolo e il cartoncino d’invito, abbelliti entrambi da una sua xilografia in cui compare sullo sfondo uno stilizzato Monte Titano sormontato da una lampada che rimanda all’oggetto di pascoliana memoria, sono stampati dalle Arti Grafiche sammarinesi di Filippo Della Balda con cui Pasquini avviò poi un fruttuoso rapporto”.

Una presenza, la sua, che viene ricordata attraverso una mostra (“Un buon sammarinese, Luigi Pasquini a San Marino 1925-1936”) ospitata all’interno della Biblioteca di Stato a Palazzo Valloni sino al 16 febbraio 2018) e che è propedeutica all’omaggio che Rimini sta dedicando all’artista (“Luigi Pasquini (1897-1977). Un cronista del pennello” al Museo della Città e “Luigi Pasquini Memorabilia” alla Galleria Embassy).

Il legame di Pasquini con la Repubblica realizzò attraverso una serie di collaborazioni che il riminese avviò fin dai primi mesi dal suo arrivo sul Titano. Il 15 agosto 1916, infatti, uscì il primo numero de “Il Popolo Sammarinese”, organo del Partito Fascista Sammarinese, unico periodico in Repubblica, con la grafica della testata disegnata dall’artista riminese. Altro periodico al quale Pasquini prestò la sua arte fu Museum. A partire dal numero 1 del 1927 fino al 1931 il periodico governativo fu impreziosito da copertine e xilografie dell’artista.

A San Marino, Paquini seppe farsi apprezzare. Manlio Gozi pubblicò nel 1926 “San Marino leggende e storia, letture ad uso scolastico e di cultura” e l’artista riminese curò la copertina con una xilografia che inquadra “da una apertura gotica, simbolico rimando al Palazzo Pubblico, il monte tricuspide sovrastato da un cielo azzurro intenso. In primo piano la lucerna con tre bocche fumanti”. Ma anche Francesco Balsimelli e Goffredo Fanti si avvalsero della collaborazione artistica di Pasquini per i loro elaborati a stampa.

Il dramma teatrale “Redenzione” (1927) di Francesco Balsimelli vede la pubblicazione con la copertina a caratteri e immagine color rosso, firmata da Pasquini. Sullo sfondo le Tre Penne, in primo piano un giglio con tre fiori si erge ritto tra un groviglio di spine. Balsimelli, che ha scritto soprattutto di storia, nel 1928 si cimenta anche nella compilazione di un libro che a suo dire per San Marino mancava. Una guida “Guida storico-artistica illustrata della Repubblica di San Marino” che conciliasse le esigenze storico-artistiche con quelle tecniche e commerciali. All’interno in cartoncino la bella xilografia promozionale dell’arte pittorica di Pasquini: il tratteggio di un quadro, il cui soggetto è la visione azzurra del monte Titano vista lateralmente. In primo piano due pini marittimi, forse a rammentare le origini del pittore o la vicinanza territoriale, e la dicitura “Luigi Pasquini pittore Acquerelli di San Marino”. Il sodalizio artistico sammarinese con Goffredo Fanti è quello più fervido di produzioni, avendo Pasquini dal 1926 al 1931 collaborato in vario modo a 11 pubblicazioni. La prima, “Le scuole della Repubblica di San Marino alla mostra didattica romagnola in Cesena” venne pubblicata dopo la mostra svoltasi in Cesena tra aprile e maggio del 1926. Nella copertina una xilografia azzurra in cui vengono lateralmente ritratti i due santi protettori della Repubblica, Marino ed Agata, al centro una lampada ardente con tre fiammelle che illumina un libro aperto, posto su un basamento lavorato ed adornato da due figure sedute congiunte da una ghirlanda fiorita. All’interno della pubblicazione sono presenti altre immagini di Pasquini..

Giuseppe Mastella, Nino Lombardi e Protogene Belloni (i primi due sono già stati “raccontati” sulle pagine del nostro settimanale) sono altri sammarinesi che hanno gravitato intorno allo studio sammarinese le cui opere, differenti tra loro nelle tematiche, sono state impreziosite dalla grafica di Pasquini.

Lombardi con “Un quadrett d’ pieda” raggiunge una maturità poetica ragguardevole. L’opera la cui prefazione è firmata da Aldo Spallicci, si compone di varie poesie. Ogni sonetto reca una dedica e ha in calce la traduzione. A Pasquini, amico ed illustratore della copertina, il poeta dedica il sonetto “Bunacia”.

Nell’opera “Il Pater” (1929) di Mastella invece Pasquini, oltre a realizzare la copertina, si fa interprete attraverso le immagini delle parole del “Padre Nostro” rese in chiave poetica.

Pasquini, da buon osservatore della realtà, scrisse anche un “breve” racconto dedicato alla “Liscia”, ovvero le gare di slittino. “Ed ecco che si va. Seduti sul seggiolino già incastrato nelle cordonate parallele di ghiaccio, gambe in avanti come prora a dirigere la marcia, mani che si tengono fortemente nelle apposite maniglie del seggiolino, ci si lancia alla folle corsa. E’ una dolce, piacevole vertigine. Sfilano nello schermo della velocità le porte e le finestre delle case della contrada affollata di ragazze, e ‘lo sportivo’ corre tra un’ala di ragazzi allegri e chiassosi che lanciano palle di neve a chi corre. Perché la ‘lisca’ sammarinese si corre nel gran clamore delle manifestazioni della vita, tra canti e motti e facezie, tra la gran massa di gente, nelle nostre contrade addirittura, e la salute ti viene in casa”.

 

IL “CRONISTA DEL PENNELLO” CHE RACCONTÒ RIMINI


Acquerelli, disegni, incisioni: una ampia selezione di opere su carta, per raccontare la lunga stagione artistica di Luigi Pasquini, personaggio eclettico, scrittore e giornalista, xilografo nella sua stagione più fertile e instancabile pittore di vedute all’acquerello. Ma quello che pare incontrovertibile ancora oggi è la resistente affezione a lui tributata dal collezionismo riminese malgrado sia stata la sua una pittura provinciale e anacronistica. Per tutta la vita ha ritratto la città, i suoi monumenti, i suoi borghi, le piazze, il porto cogliendo con la scioltezza e la velocità della pittura ad acqua gli aspetti più caratteristici e i cambiamenti avvenuti tra le due guerre, raccontando con note nostalgiche una Rimini che andava scomparendo. E Rimini lo omaggia: sino al 17 febbraio il Museo della Città “Luigi Tonini” ospiterà “Un cronista del pennello”, una personale realizzata grazie al contributo di Banca Carim.

I suoi paesaggi della marina e della campagna ripetuti in varianti atmosferiche e addomesticati alla quiete del vero, in prospettive cariche di ombre e brillanti nei colori sono la testimonianza del suo attaccamento alla Romagna che celebrò per le tradizioni e le testimonianze artistiche e architettoniche.

Per quasi sessant’anni Luigi Pasquini fu la voce delle cose d’arte a Rimini e il vedutista che fermava con la sua pittura all’acquerello i luoghi pittoreschi della città storica e del mare. Personaggio discusso, irruente, ingombrante quanto la sua statura che lo vide subito arruolato come granatiere durante la Grande Guerra, irretito in gioventù dalla corrente del Dinamismo futurista consumato in fretta nelle discussioni dei caffè riminesi e presto risolto nell’unica direzione possibile per lui cioè nella convenzionalità figurativa e retorica di una pittura lontano da ogni forma di ricerca, ma anche nella esaltazione delle tradizioni della Romagna, nella attenzione affettuosa e scrupolosa delle cose notabili, monumentali e urbane, di Rimini e dei borghi sempre nel suo mirino, del pennello o della sgorbia. Pasquini restituisce in modo riconoscibile e immediato, senza formalismi, con un disincanto lieve e sentimentale il contesto della città e dei suoi dintorni, l’immota serenità campestre della Valmarecchia o del territorio sammarinese (dove visse e operò dal 1925 al 1932 abbracciando il suo primo incarico da insegnante).

Sino a tutti gli anni ’70 continuerà a dipingere gli stessi soggetti, malgrado in quasi ogni parte della città storica e balneare si fosse rotto l’equilibrio degli originali rapporti spaziali, malgrado il sorpasso della modernità in ogni manifestazione.

Agli slogan vitalistici della giovinezza Pasquini sostituì un totale conformismo espresso sia dalla sua penna briosa che dal suo pennello veloce, che – come scrive Pier Giorgio Pasini – sono “resi accattivanti da una superficialità che nasceva da bonomia paternalistica, ma che veniva fatta passare per anarchica franchezza romagnola”.

In contatto con personaggi importanti da Marino Moretti a Alfredo Panzini da Filippo Tommaso Marinetti a Sibilla Aleramo, da Aldo Spallicci a Manara Valgimigli, non c’era occasione pubblica nel campo delle arti e delle lettere che non lo vedesse presente. Giornalista in varie testate locali e nazionali, Pasquini è stato l’arbiter della critica militante riminese e alla sua cura son passati un po’ tutti da Mirro a Corrà da Morigi a Bianchi da Saetti a De Pisis. Ma rimase legato a quella retroguardia che nel secondo dopoguerra respingerà con decisione sia la figurazione realista che l’astrattismo, contribuendo a radicare ulteriormente un gusto tradizionalista legato ai generi pittorici proprio della borghesia riminese attratta dagli aspetti nostalgici. La mostra è stata possibile grazie alla disponibilità dei collezionisti privati, alla collaborazione con gli Istituti Culturali della Repubblica di San Marino, alla Provincia di Rimini.

Ingresso libero.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento