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Il gap tra contributi e pensioni potrebbe superare i 400 milioni

da Redazione

L’innalzamento dell’età pensionabile aiuterebbe i conti solo nel breve periodo. Riforma urgente: anche la riserva tecnica dei Fondi verso l’esaurimento in soli dieci anni.

grafico pensioni

 

di Daniele Bartolucci

 

La riforma delle riforme. Ormai non c’è più motivo per non chiamarla così: il sistema pensionistico di San Marino non è più sostenibile e i dati sono lì a certificarlo. Se non verranno approntanti i necessari correttivi, il saldo previdenziale tra contributi versati e prestazioni erogate, dagli attuali 24,5 milioni passerà presto a 100 (tra dieci anni), poi a 200, 300 e oltre 400 milioni di euro nel 2049. Una cifra incredibile, che ha fatto strabuzzare gli occhi ai membri del Consiglio di Previdenza quando sono stati presentati i dati reali e le proiezioni future. Il problema è che anche innalzando l’età pensionabile a 67 anni e portando la quota anzianità da 100 a 103, si prenderebbe solo una decina di anni di tempo in più. Più incisivo il passaggio al contributivo, ma non basterà. Gli errori del passato, perché di errori è obbligatorio parlare, ora pesano come macigni sulla testa dei lavoratori, ma anche sul Bilancio dello Stato, perché il contributo statale potrebbe essere l’unica via per il sostentamento del sistema.

 

LO STATUS QUO: PATRIMONIO ADDIO


Come annunciato nei mesi scorsi, la Segreteria alla Sanità ha incaricato il gruppo tecnico di eseguire un’analisi attuariale dei dati del sistema previdenziale, pur essendo ormai condivisa l’idea che così come costruito, il sistema sia insostenibile. E infatti nel report consegnato ai membri del Consiglio per la Previdenza nei giorni scorsi, questa idea viene certificata appieno. Con numeri da capogiro. Basti pensare che senza interventi strutturali, il patrimonio dei Fondi Pensione, la famosa “riserva tecnica” oggi allocata in maggior parte nelle banche sammarinesi (fondamentale per la liquidità del sistema finanziario, ndr), potrebbe esaurirsi in una decina d’anni, precisamente nel 2029. Si tratta di 409 milioni (che cresceranno fino a 434, per poi venire erosi dal 2023 in poi) che potrebbero invece servire per sostenere la riforma nel tempo, ma che stando così le cose si esauriranno molto velocemente, più di quanto si era immaginato solo qualche anno fa.

E senza questa riserva, l’unico modo per sostenere le pensioni sarà ricorrere al Bilancio dello Stato.

Ma anche qui sono dolori: già oggi il concorso statale è di 31 milioni, in futuro potrebbe schizzare fino a 392 tra meno di 50 anni. Allo stesso modo, mantenendo costante la crescita di San Marino (economica e demografica, quindi con pochi lavoratori e pochissimi nuovi nati per sostituire chi andrà in pensione domani), il saldo previdenziale tra i contributi versati e le prestazioni erogate, dagli attuali 24,6 milioni di passivo, potrebbe arrivare anche a superare i 400 milioni. Un rosso difficilmente gestibile.

 

INNALZARE ETÀ E SOMMA “ANNI+CONTRIBUTI”


Il gruppo tecnico non ha solo analizzato lo status quo, ma ha anche proiettato nel tempo le conseguenze di alcuni interventi, per evidenziare quanto possano incidere nel breve e nel lungo periodo. Uno di questi interventi è l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, in abbinamento all’aumento della cosiddetta “quota 100” tra anni e anni di contributi versati, che salirebbe a 103. Con questi due soli aggiustamenti già dal 2018 si avrebbe un risparmio in termini di saldo previdenziale del 3%, che salirebbe fino al 17% nel breve periodo, ma che poi risulterebbe molto blando, nell’ordine dell’1-2% nei prossimi trenta e quarant’anni. In numeri, ciò significa un “rosso” di circa 10 milioni di euro l’anno, che non è cifra di poco conto, ma che non cambierebbe il risultato finale, visto che nel 2066 (ultimo anno analizzato) si avrebbe un saldo previdenziale negativo per 357 milioni rispetto ai 374 che si avrebbero con l’attuale regime. Il vantaggio, come detto, si avrebbe nel periodo 2018-2031 con effetti positivi superiori al 10% annuo, che permetterebbero, a parità di intervento statale, di posticipare forse l’erosione totale della riserva tecnica. Ma il problema verrebbe solo spostato più in là, quando la popolazione over 67 sarà ancora più predominante e il gap tra contributi e prestazioni ricomincerà a salire vertiginosamente.

 

IL PASSAGGIO AL SISTEMA CONTRIBUTIVO


L’altra ipotesi presa in esame è il passaggio ad un sistema contributivo (tipo quello italiano), che ha l’indubbio vantaggio di garantire ai lavoratori un tasso di sostituzione più in linea con le proprie aspettative (ma non certo il cambio quasi alla pari che ha garantito per decenni il sistema retributivo sammarinese, di cui si pagano ancora i danni di tali scelte). Il passaggio al contributivo però, non avrebbe l’effetto subitaneo dell’innalzamento dell’età pensionabile e i risparmi si vedrebbero nel lungo periodo: solo nel 2037, infatti, il saldo previdenziale di questo sistema diventerà più conveniente dell’altro. Da lì in poi il sistema “costerà” sempre meno, tanto che nel 2066 dovrebbe arrivare a un rosso di “soli” 258,8 milioni di euro.

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