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San Marino, il passato che diventa (anche) futuro

da Redazione

Dal convegno “Le fortificazioni del Titano” è emersa l’importanza dell’anima medievale del Monte E le nuove tecnologie 3D la possono valorizzare anche dal punto di vista turistico ed economico.

Paolo Rondelli fortificazioni

 

di Alessandro Carli

 

Mentre si avvicina il decennale dell’entrata di San Marino nel patrimonio Mondiale dell’UNESCO (2018), nei giorni scorsi il Titano – attraverso gli Istituti Culturali – si è interrogato sui nuovi orizzonti di ricerca e di valorizzazione dell’anima medievale della Repubblica. E lo ha fatto chiamando sul Monte sei esperti che, ognuno per il proprio ambito di competenza, ha illustrato traiettorie e progetti realizzati. Perché, come ha affermato il Direttore Paolo Rondelli, “gli archeologi sono dei detective sognatori: devono trovare la ‘scena del delitto’ e allo stesso tempo immaginano quello che c’è al di là di un segno”.

“Gli storici – così il professor Gianluca Bottazzi – hanno seguito sempre con grande attenzione le fortificazioni” che caratterizzano la penisola italiana anche se, ha rimarcato il professore, “l’archeologia medievale è una materia abbastanza recente”, più o meno risalente agli anni Settanta. San Marino, in questa mappa “italiana”, rappresenta un caso molto importante: “Il recupero del numero di conoscenze è piuttosto notevole: ci sono circa due aree archeologiche ogni chilometro quadrato”. Un esempio su tutti, il “tesoro” di Domagnano che costituisce uno dei più spettacolari e importanti ritrovamenti dell’Italia ostrogotica (V-VI secolo), ma anche uno dei più misteriosi: fu scoperto per caso nel 1893 nel corso di lavori agricoli nei pressi della fattoria Lagucci.

Per venire all’argomento del convegno – il medioevo -, il più grande insediamento si trova a Città. Ce lo dicono i catasti ma anche l’architettura, lo spessore degli intonaci, le cisterne e i pozzi. “Le base che Gino Zani propone nel libro ‘Le fortificazioni del Monte Titano’ sono solide: è un ottimo punto di partenza da cui muoversi. Io credo che si siano comunque anche altre soluzioni, altri elementi di valutazione, altri monumenti da esplorare o da ricontrollare. Ci sono, a mio modo di vedere, ulteriori possibilità che possono rappresentare un importante balzo per la storia urbanistica della Repubblica”. Perché se l’età romana è stata esplorata per 20 anni ed è stata portata a compimento – a San Marino si producevano e si esportavano pietre e laterizi -, quella medievale è ancora un libro da conoscere. “Ogni volta che muovo il capo – ha concluso il professor Bottazzi – vedo una pietra nuova. Lo studio dell’edilizia storica e quella del ciclo delle pietre offrono ancora tante possibilità di apprendimento”.

Materia e argomento che interessa anche l’Ateneo, come ha testimoniato l’architetto Antonella Salvatori dell’Università degli Studi della Repubblica di San Marino – Ingegneria Civile: “E’ importante far conoscere agli studenti il contesto in cui studiano: in questo modo possono crearsi una capacità di lettura critica”. Per la professoressa è centrale, “in un processo produttivo, la capacità di osservare”. E’ questo il punto di partenza che “permette di elaborare una critica, una modalità di recupero o di restauro”. Perché “un monumento è un Maestro e bisogna saperlo ascoltare” ha concluso l’architetto.

Oggi, rispetto al passato, le operazioni di recupero, restauro e valorizzazione del patrimonio sono certamente più agevole, anche grazie alle nuove tecnologie. Quelle che hanno applicato l’ingegner Enzo d’Annibale, il dottor Daniele Ferdani e il dottor Emanuel Demetrescu di CNR-ITABC che, attraverso il 3D, gli strumenti ad alta precisione di rilevamento e documentazione (uno su tutti, i droni) i mesh e l’archeologia virtuale, hanno presentato una serie di prospettive di valorizzazione dei “tesori” medievali di San Marino, oggetti nel tempo di diverse operazioni di “restauro stilistico”, che “ricostruisce uno stato di fatto mai esistito”. E se per la ‘merlatura’ si può parlare di due fasi (una di costruzione, tra il XV e il XVI secolo, e una di restauro, nel Novecento), per la Prima Torre (su quella chiamata “Montale” l’ingegner Davide Forcellini ha illustrato gli studi che ha portato avanti assieme a un’équipe di professionisti internazionali sulla sua resistenza sismica) gli interventi sono stati molti di più. Una stratificazione che oggi si può “leggere” anche grazie alle strumentazioni più innovative.

I modelli 3D e l’archeologia virtuale permettono la fruizione dei “monumenti ricostruiti al computer” anche a diversi km di distanza e possono rappresentare soprattutto interessanti traiettorie turistiche ed economiche. La realtà virtuale permette, attraverso una “mascherina” interattiva, di entrare e “vedere” ogni luogo. Un progetto già sperimentato con successo in Italia e in Romania, e che si appresta a “far conoscere al mondo” le meraviglie medievali della Repubblica.

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