Home FixingFixing La spending review compatta le categorie: ecco dove agire

La spending review compatta le categorie: ecco dove agire

da Redazione

ANIS, OSLA, UNAS e USOT sottoscrivono un documento su risparmi e ottimizzazioni. A partire dalla P.A., si devono recuperare risorse con ISE, esternalizzazioni e immobili pubblici.

 

di Daniele Bartolucci

 

La Spending review è un tema caldissimo a San Marino, sia per la presentazione della Legge di Bilancio di questi giorni, sia per il lavoro portato avanti dal tavolo tripartito che dovrà aumentare la portata dei risparmi per lo Stato. E proprio a quel tavolo, dove siedono tutte le parti sociali, le associazioni di categoria hanno deciso di fare squadra, indirizzando una lettera alla Segreteria di Stato alle Finanze con diversi punti condivisi, iniziative e azioni tali da rendere più efficace la revisione della spesa pubblica.

A firmarla ANIS, OSLA, UNAS, USOT, con l’eccezione dell’USC, che non ha ritenuto di sottoscriverla.

La missiva parte da due considerazioni: la prima è che c’è un sostanziale “apprezzamento per la volontà manifestata dal Governo di intervenire nella riduzione delle spesa pubblica”; la seconda è che, “la riduzione della spesa corrente del 10% nei prossimi tre anni, prevista dall’art. 15 della L. 94/2017, non appare sufficiente a garantire l’obiettivo di pareggio di bilancio, anche alla luce degli impegni che lo Stato ha assunto per il necessario sostegno al settore bancario”. Di qui gli interventi che le associazioni di categoria propongono al Governo.

 

VALORIZZARE I SERVIZI GRATUITI, SUBITO L’ISE

 

“Appare inevitabile”, scrivono le associazioni di categoria, “che lo Stato inizi a valorizzare i servizi e le prestazioni che oggi vengono erogati gratuitamente alla popolazione e che di fatto non vengono percepiti in tutto il loro notevole livello qualitativo. In quest’ottica, inserire un piccolo contribuito da parte del cittadino avrebbe una duplice valenza: educare al valore del welfare garantito dallo Stato e perseguire nell’immediato un contenimento dei costi e dell’abuso di alcuni servizi o prestazioni. Naturalmente il tutto considerando la capacità di reddito del cittadino sulla base di un indicatore ISE (indicatore dello stato economico dei nuclei familiari), che era già stato previsto di introdurre sin dalla Legge Finanziaria del 2012, per stabilire appunto interventi differenziati a seconda della reale capacità economica dei soggetti”. Uno strumento utilissimo anche in altri casi, spiegano i firmatari: “Potrebbe essere utilizzato in tutti gli ambiti del welfare, dagli assegni familiari e di studio agli ammortizzatori sociali (su quest’ultima siamo in attesa della riforma complessiva)”.

 

UN NUOVO CONTRATTO DEL PERSONALE DELLA P.A.


Altra valutazione “improcrastinabile”, scrivono, è quella “sui rapporti di lavoro nella PA, come già evidenziato nella relazione dello Spending Review del 2013”, ricordano. Inoltre, “considerando che la spesa corrente è caratterizzata per una parte rilevante dal costo del personale, appare inevitabile intervenire su questa voce di spesa. Premessa d’obbligo è evidenziare che la crisi economica ha impattato unicamente sul reddito dei lavoratori dei settori privati (massiccio ricorso alla CIG e nei casi estremi alla mobilità)”. Da qui alcuni interventi, “in molti casi già attuati in molti Paesi”: si va dalla parificazione “dell’orario di lavoro della pubblica amministrazione a quello del privato a parità di retribuzione” alla “trasformazione a tempo parziale per chi non vuole lavorare a orario intero anche al pomeriggio con riproporzionamento della retribuzione. Questo intervento”, spiegano le associazioni di categoria, “ha un duplice vantaggio: l’aumento della produttività a fronte anche di un contenimento del lavoro straordinario”. Altro intervento necessario è “parificare il trattamento normativa ed economico del personale pubblico a quello dei dipendenti del settore privato”. Allo stesso modo, occorre un “piano pluriennale di riduzione e contestuale miglioramento delle competenze”, riducendo al contempo “le spese per convenzioni, collaborazioni e consulenze”

A questo si aggiunge anche l’ottimizzazione “degli Uffici Pubblici strategici trasformandoli in enti che permettano più autonomia al Dirigente, ma nel contempo più responsabilizzazione tramite un migliore controllo di gestione e dei risultati”.

 

PREVIDENZA E SANITÀ: ANALISI E RISPARMI


Partendo da una “analisi dell’attuale sistema della previdenza ed assistenza sanitaria dell’ISS”, stimolano, “si possono trarre gli interventi necessari a ridurre l’onere a carico dello Stato (rendere produttivi alcuni servizi dell’Ospedale verso i clienti esteri, introduzione ISE per i servizi ai residenti)”. Inoltre le spese amministrative per la gestione della previdenza sono “troppo elevate: 3,5 milioni di euro per il l pilastro, 370.000 euro per Fondiss, che si potrebbero unificare per avere un risparmio immediato”.

 

FESTIVITÀ, UFFICI, APPALTI E IMMOBILI PUBBLICI

 

Diversi gli interventi attesi da tempo, infine, dagli imprenditori: dalla “riduzione del numero delle festività, con le relative compensazioni, al fine di recuperare capacità produttiva”, fino all’accorpamento di servizi, uffici e unità organizzative per gruppi omogenei. Serve poi un “sistema degli acquisti l centrale unica acquisti stazioni appaltanti (ISS e Aziende Autonome fanno per conto loro)” e una “riforma degli appalti opere pubbliche”. Risorse importanti, poi, potrebbero essere recuperate dall’attenzione ai consumi energetici nella PA (uffici, edifici. .. ) e soprattutto dalla revisione delle convenzioni e affitti attivi e passivi degli immobili pubblici o utilizzati dal pubblico.

Capitolo esternalizzazioni: le categorie chiedono “l’abbandono da parte dello “Stato” di tutte quelle attività che non gli sono proprie ed essenziali e svolge a costi sicuramente molto più alti rispetto a quelli di mercato”. Un caso emblematico è la Casa di Riposo, “di come un servizio da esternalizzare, venga invece addirittura implementato con costi ulteriori da quantificare”. L’altro è quello delle farmacie: “Non essendo gestite in ottica manageriale la maggior parte non realizza alcun guadagno”.

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