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San Marino, migliaia di lavoratori senza contratto rinnovato

da Redazione

Oltre a quelli scaduti ci sono quelli in scadenza, ma il “blocco” del Comitato Garante non permette di avviare tutte le procedure per rinnovarli.

 

di Daniele Bartolucci

 

La “stagione dei contratti” è alle porte, ma non può partire. Con la nuova Legge 9 maggio 2016 n.59, infatti, la contrattazione tra imprese e lavoratori è vincolata alla definizione preliminare di “chi rappresenta chi” e in che misura nel proprio settore, soprattutto, secondo il principio della maggiore rappresentatività. Ovvero, vanno definiti i protagonisti della contrattazione: sindacati dei lavoratori e associazioni datoriali. Senza questa operazione di chiarezza, non si possono avviare le procedure di rinnovo dei contratti collettivi, né di quelli scaduti da anni (Banche, P.A., Bar e Alberghi, Assicurazioni) né di quelli che stanno scadendo ora (Servizi ed Edilizia), senza contare che gli altri tre (Industria, Commercio e Artigianato), scadono nel 2018 e le pratiche vanno avviate sei mesi prima, quindi a giugno. Di fatto, lo stallo attuale mette migliaia di lavoratori nella svantaggiosa condizione di non avere un contratto di lavoro rinnovato. Un rischio enorme, a cui si deve dare trovare una soluzione in tempi brevi. Anche perché lo spirito di questa legge era quello di unire le forze sindacali e datoriali, proprio sul comune interesse ad avere contratti sempre più efficaci per lavoratori e imprese. La premessa, giova ricordarlo, inserita nei primi articoli della legge, infatti, è stata quella di mantenere comunque lo status quo delle associazioni datoriali e sindacali, concedendo ben 10 anni di deroga per mettersi in regola e vincolandone la partecipazione con una quota di rappresentatività davvero bassa, ovvero il 5%. Ora però, si tratta di dare motore e benzina al Comitato Garante, che si è riunito nei giorni scorsi proprio per accelerare questa attività, superando le iniziali problematiche (in primis la sede e la mancanza di personale dedicato, ndr) e affrontare le questioni più urgenti, che riguardano la certificazione degli iscritti delle varie associazioni, base di calcolo per la rappresentatività, ovviamente.

 

CONTRATTI GIÀ SCADUTI E ALTRI IN SCADENZA


Il calendario delle scadenza contrattuali parte da lontano: il contratto bancario, infatti, è scaduto nel 2010, mentre quello dei dipendenti del Settore Pubblico Allargato nel 2012. In pratica due dei settori più delicati per San Marino, hanno anche il problema del contratto di lavoro. A ciò si aggiunga che sono scaduti anche quello del settore Bar, Ristoranti e Alberghi nel 2014 e quello delle Agenzie di Assicurazioni nel 2016, per capire quanta parte della forza lavoro occupata, già oggi, non abbia un contratto pienamente in vigore. Un numero che è destinato ad aumentare, di parecchio, a fine anno, quando scadranno anche i contratti dei Servizi e dell’Edilizia. Ma il rischio, enorme, che si palesa dietro questo stallo burocratico, è che non si riesca ad attivare in tempo la procedura per il rinnovo degli altri tre contratti collettivi, che sono anche tra i più importanti per San Marino: Industria, Commercio e Artigianato scadranno infatti tutti a fine 2018. Teoricamente manca più di un anno, è vero, ma la nuova Legge, proprio per evitare situazioni come quella odierna, ha previsto un anticipo dei tempi: “Entro sei mesi prima dalla scadenza del contratto collettivo di settore”, recita il comma 3 dell’Art. 31, “le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali devono avviare la concertazione per la revisione dei contenuti o per il rinnovo del contratto collettivo stesso”. In pratica c’è tempo fino a giugno per definire sindacati e associazioni datoriali rappresentativi dei settori in oggetto.

 

MANCANO ANCORA I DATI RICHIESTI L’ANNO SCORSO

 

Definire formalmente i partecipanti al tavolo della contrattazione è compito del Comitato Garante, che è stato da poco rinnovato dopo le dimissioni di Laura Calafà, con la nomina del nuovo Presidente, l’Avv. Alessandro Bugli. Nelle more di questa successione, comunque, è già passata un’importante scadenza, come ricordava la circolare dell’Ufficio del Lavoro: “Tutti i datori di lavoro, esclusi coloro che impiegano collaboratori familiari od operatori del settore agricoltura sono tenuti a formalizzare l’iscrizione al Registro entro il 9 novembre 2016 e tale Registro deve essere tenuto periodicamente aggiornato ad ogni variazione. Il datore di lavoro che non adempie a tale disposizione è soggetto ad una sanzione pecuniaria di euro 250,00 (duecentocinquanta/00), ai sensi del comma 7 dell’articolo 38 della citata legge”. Quindi, il primo dato sulla reale applicazione dei vari contratti di lavoro ci dovrebbe essere già, ma non è ancora stato reso pubblico, né messo a disposizione dell’organismo di controllo (previsto dalla stessa Legge e composto da rappresentanti di tutte le parti sociali), che si è riunito anche la scorsa settimana. Le imprese comunque, la loro parte l’hanno fatta e si aspettano che ciò avvenga anche dall’altra parte. Va detto, però, che il problema non riguarda solo i datori di lavoro, ma anche i sindacati: in questo caso non è ancora chiaro quanti iscritti abbia ogni sindacato (prima ancora di capire in quale settore sia occupato), nonostante sia evidente che è questo il dato sostanziale. In ballo non c’è solo l’operatività del Comitato Garante, senza la quale non si possono rinnovare i contratti, ma anche una certa somma di denaro. Se per le imprese non adempienti è prevista una sanzione, però, ai sindacati non è stato negato il diritto a spartirsi l’ammontare della quota di servizio nonostante non sia stato certificato il loro numero di iscritti. Stiamo parlando di quasi 2 milioni di euro. Che andrebbero suddivisi, anche questi, in base alla reale dimensione e rappresentanza dei singoli sindacati registrati. Anche per questo il Comitato Garante sta spingendo sugli uffici competenti (in particolare l’ISS) per avere le risultanze quanto prima. A tal proposito è stato incaricato il CisCoop per definire un nuovo programma in grado di registrare le iscrizioni in maniera efficace e veloce. Ma al momento un dato certo non c’è. Lo stesso dicasi, è vero, delle associazioni datoriali, di cui – eccetto ANIS, che l’ha sempre fatto – non è pubblico l’elenco delle imprese associate.

 

IL CASO: GIORNALISTI, IL CONTRATTO C’È, MA È SCRITTO SOLO NELLA LEGGE

 

“Al possessore della Press Card viene applicato il Contratto Collettivo di Lavoro dei Giornalisti”, così recita la Legge 5 dicembre 2014 n.211. Ovviamente i possessori della Press Card sono proprio i giornalisti professionisti, per i quali, dunque, c’è un contratto collettivo. O meglio, dovrebbe esserci. Infatti, nonostante la Legge lo preveda – anzi, sembra quasi che lo dia per esistente – attualmente non c’è, come non c’è un settore vero e proprio a cui applicarlo. E’ vero che l’UPECEDS riconosce un settore denominato “Servizi di Informazione e Comunicazione”, ma la Legge 5 dicembre 2014 n.211 definisce anche quali siano i datori di lavoro dei giornalisti, ovvero gli Editori. Un altro settore non evidenziato dalle statistiche, il cui numero – davvero piccolo – è invece registrato dall’Autorità Garante per l’Informazione. Il caso, da singolare, diventa però esemplare nel momento in cui di giornalisti professionisti, a San Marino, se ne contano diverse decine. Non solo non hanno un loro contratto nazionale, ma addirittura sono assunti con contratti di settori completamente diversi: alcuni applicano quello dei Servizi, altri quello dell’Industria. La discussione in atto in seno alla Consulta dell’Informazione non ha ancora risolto quale delle due piattaforme sia quella preferibile, né se sia il caso di avviare la procedura per creare un contratto ex novo. Ma al di là di questo aspetto, più interno alla Consulta, è sintomatico di come alla stessa tipologia di lavoratore vengano applicati due contratti differenti. Perché non è l’unico caso: pare che anche nei partiti politici ci sia questa varietà di contratti applicati ai collaboratori e dipendenti.

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