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Italia, economia in crescita ma male l’occupazione giovanile

da Redazione

Confindustria rivede verso l’alto le stime del PIL: +1,5% nel 2017, +1,3% nel 2018. Il divario con gli altri Paesi dell’Area euro è preoccupante: tra i 15 e i 17 punti percentuali.

 

Ritocca verso l’alto le stime del PIL italiano, il nuovo scenario economico elaborato dal Centro Studi di Confindustria, confermando le parole spese dal Premier Paolo Gentiloni nelle ultime uscite pubbliche: +1,5% nel 2017 e +1,3% nel 2018 quando solamente tre mesi fa si parlava rispettivamente di un +1,3% per l’anno in corso e del +1,1% per i 12 mesi seguenti.

I principali driver della crescita italiana, si legge nel documento, sono “l’export, che coglie appieno la ripresa mondiale, e gli investimenti, sostenuti dai provvedimenti governativi a favore dell’acquisto di beni strumentali, da migliori aspettative di domanda, saturazione degli impianti e buone condizioni finanziarie”.

Nonostante la dinamica del Prodotto Interno Lordo più robusta di quella prevista, l’espansione dell’economia italiana rimane inferiore a quella degli altri paesi europei. Il differenziale rispetto al resto dell’Euroarea resta negativo ed elevato, anche se dimezzato: nel 2017 è pari a 0,8 punti percentuali, contro l’1,5 del 2015.

Vediamo assieme le “voci” principali del report, focalizzandoci sulle dinamiche italiane.

 

PRODOTTO INTERNO LORDO E DOMANDA INTERNA

 

Il CSC, come detto, rivede al rialzo la crescita del PIL italiano. Una crescita che tocca anche i consumi, che sono previsti in aumento dell’1,3% nel 2017 e dell’1,2% nel 2018. In accelerazione anche gli investimenti: +2,3% quest’anno e +3,1% il prossimo. La spesa in macchinari e mezzi di trasporto continua la sua performance in terreno positivo, con un +3,1% nel 2017 e 4,1% nel 2018. A differenza di San Marino poi, in Italia gli investimenti in costruzioni stanno risalendo la china (+1,5% nel 2017 e +2% nel 2018).

 

GLI SCAMBI CON L’ESTERO


Come sul Titano (Fixing n. 32 dell’8 settembre 2017), anche in Italia l’export ha messo le ali (+4,9% nel 2017 e +3,8% nel 2018) e guadagnerà ancora quote di mercato. E’ in buona salute anche l’import, che continuerà a salire velocemente (+5,8% e +4,1%). Rispetto ai massimi pre-crisi del 2007, nel 2018 il livello delle importazioni sarà più elevato del 6,4% e quello dell’export del 15%.

 

IL CREDITO ALLE IMPRESE


Non più un forte freno alla ripresa, ma nemmeno un fervido sostenitore. Sciolto il nodo di alcune situazioni di crisi, c’è minore incertezza. Vari fattori supportano le erogazioni, ma altri agiscono in direzione contraria. L’offerta è meno stretta, i tassi ai minimi, la domanda ai valori pre-crisi. I prestiti alle famiglie sono in crescita (+0,3% al mese), con un’offerta allentata e una domanda in espansione.

 

OCCUPAZIONE E RETRIBUZIONI


Nel 2017 e nel 2018 l’occupazione sale dell’1,1% e dell’1% dopo il +1,4% del 2016. L’allungamento degli orari ancora corti smorza la creazione di posti di lavoro, specie nell’industria. A fronte di un’ampia ricomposizione settoriale (verso i servizi), alla fine del biennio previsivo le persone occupate superano di 160mila unità il livello pre-crisi. Il tasso di disoccupazione scende al 10,4%.

 

PREZZI, MARGINI E FINANZA PUBBLICA


L’inflazione totale è prevista rimanere ai valori attuali (+1,4% nel 2017, +1,2% nel 2018). Accelera all’1,2% l’indice al netto di energia e alimentari, dallo 0,5% del 2016. Migliora il deficit pubblico quest’anno: 2,1% del PIL da 2,4%, senza includere manovra e clausole di salvaguardia, e risale al 2,3% nel 2018. Inizia a scendere il rapporto tra debito pubblico e PIL: da 132,6% quest’anno (come nel 2016) a 131,8% il prossimo (le previsioni CSC non incorporano la Legge di bilancio che avrà un impatto netto sul deficit di 0,5 punti di PIL e che potrebbe perciò ridurre di 2 decimi di punto il tasso di crescita).

 

IL MERCATO DEL LAVORO E I GIOVANI

 

“Il mercato del lavoro non è la Cenerentola nel recupero dell’economia italiana” ha affermato il Direttore del CSC, Luca Paolazzi. C’è stata “una considerevole creazione di occupazione e le retribuzioni vanno bene”. Ad ogni modo, “sono ancora 7,7 milioni le persone a cui manca lavoro, in tutto o in parte. C’è inoltre la grave questione strutturale della bassa occupazione giovanile, che va affrontata urgentemente”.

La bassa occupazione giovanile, sempre secondo il Direttore, “è il vero tallone d’Achille del sistema economico e sociale italiano”. In rapporto con la popolazione di riferimento è in essere “un divario di 15-17 punti percentuali (a seconda della fascia d’età) rispetto alla media dell’Area euro”. La scarsa occupazione spinge i giovani a emigrare, con una perdita di capitale umano stimata dal CSC in un punto di PIL all’anno. Ciò abbassa il potenziale di sviluppo del Paese e rappresenta una vera e propria emergenza.

Nel solo 2015 i giovani che hanno preparato le valigie sono stati circa 51mila e hanno comportato una perdita di circa “8,4 miliardi”, a cui va aggiunta “la perdita associata alla spesa sostenuta dallo Stato per la formazione”, stimata in “5,6 miliardi” nel percorso “scuola primaria – università”, per un ammontare complessivo di “14 miliardi”.

 

LUCA PAOLAZZI E I SEI RISCHI ALL’ORIZZONTE


Nella presentazione del report, Luca Paolazzi si è soffermato su sei rischi che potrebbero rallentare la crescita. Il primo “è racchiuso nell’uscita dalle misure di emergenza della politica monetaria, che hanno avuto grande successo nel contrastare la deflazione e contribuito a sostenere la domanda e l’occupazione”. Nell’Area euro “hanno costituito il principale baluardo, in alcuni momenti l’unico, contro il suo stesso dissolvimento”.

Il secondo invece riguarda “l’autocompiacimento per il buon andamento economico”, che potrebbe rilassare “l’azione riformista dei governi. Ciò vale sia dentro i singoli paesi sia nel rilancio dell’Unione europea e, soprattutto, dell’Unione monetaria. L’Italia è in una posizione più delicata visto il suo persistente gap di crescita rispetto all’Area euro”.

Altro pericolo finito nel mirino del Direttore, “il ritorno a simultanee politiche di bilancio restrittive nell’Area euro. L’anno scorso e nel 2017 sono state nel complesso leggermente espansive, dopo la forte stretta del 2011-14, aiutando il rilancio”. Per mantenere la fiducia degli investitori (in vista dei minori acquisti di titoli della BCE) è strategico che “l’Italia incanali il debito pubblico in modo permanente e convincente sul sentiero di rientro”. Nello scenario CSC il debito inizia a ripiegare in rapporto al PIL nel 2018 per la prima volta dal 2007.

Altra potenziale sabbia mobile, “un ampio e intenso movimento dei tassi di cambio”. Il deprezzamento del dollaro “può essere innescato dalla perdita di fiducia nelle prospettive americane” mentre “l’apprezzamento dell’euro può nascere dal consolidamento dei fondamentali europei”. Nella disamina di Paolazzi non manca poi il petrolio, il cui prezzo potrebbe crollare a causa dell’eccesso di produzione. Nello scenario CSC “l’offerta rimane sopra la domanda anche nella seconda metà del 2017 e ancor più nel 2018, ma senza grandi squilibri”.

Infine, il rallentamento della locomotiva cinese. Se Pechino perdesse colpi, “gli effetti diretti e indiretti sull’economia mondiale sarebbero molto significativi: una frenata cinese di 2 punti percentuali comporterebbe una minore crescita mondiale di 1 punto cumulato in due anni. Il PIL italiano perderebbe 0,4 punti”.

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