La scultura è anche un’esperienza che sa levigare gli esseri umani. La vita incide il marmo, lo definisce. E implica sempre una partecipazione.
di Simona Bisacchi Pironi
Scolpire.
Prendere un materiale inerte, fermo, per poi lavorarlo, scartarlo, fino a dargli una forma piena di vitalità, di movimento, di idee.
È l’artista, la vita che gli scorre nelle mani, a tirare fuori da un blocco di marmo la grazia e la meraviglia di un’opera d’arte.
Succede nella scultura.
Succede nel cuore dell’uomo.
Scolpire è il gesto che l’esistenza, la quotidianità, compie sugli esseri umani.
Sono le esperienze che levigano l’uomo. Sono gli incontri a smussarne gli spigoli.
“Ho visto un angelo nel marmo – spiegava Michelangelo Buonarroti – E ho scolpito fino a liberarlo”.
Per quanto coriaceo, il marmo non è più duro dello strato di abitudini e personalissime convinzioni che abita il nostro essere. Per scovare, sotto tonnellate di vizi e pregiudizi, le grandi potenzialità che possediamo, lo scalpello ha bisogno di prendere un’energica rincorsa. Ed è per questo che la vita di tutti i giorni ci mette davanti a situazioni poderose e al limite dell’assurdo, come le menti e le mani dei grandi artisti.
I giorni levigano, arrotondano, addolciscono, ma solo chi si lascia scolpire.
Le parole – ascoltate, pronunciate, pensate – soffiano la vita, in meandri invisibili agli occhi.
La vita incide il marmo, lo spacca e lo definisce, e il suo scalpello sono le persone che vengono messe sulla nostra strada. Che siano le persone che amiamo, che siano quelle che non sopportiamo, sono loro a lasciare un’incisione – più o meno profonda – nella nostra roccia. Perché la vita, come l’arte, non è un’esperienza da eremiti.
Implica una partecipazione.
Implica condividere quel poco che si ha. E no, non è semplice come buttare in un cappello sdrucito quei due spiccioli che avanzano nelle tasche. Condividere significa guardare in faccia la realtà, non lasciarsi sopraffare, e portare avanti i propri principi, agire secondo quei principi, anche quando non conviene. Anche quando è scomodo. Anche quando sembrerebbe più confortante rinchiudersi in un presuntuoso silenzio.
Ma come scrive lo scultore Arnaldo Pomodoro, “Credo che l’artista non possa chiudersi in una torre d’avorio e anzi debba essere coinvolto e proiettato nella società: è un problema etico che ho sempre sentito”. È un problema umano, non solo artistico.