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FFWD, quando la natura diventa grande design

da Redazione

Febal Lab 2017, il gruppo marchigiano si è classificato al terzo posto. Il progetto: appendiabiti a spina di pesce che si trasforma in uno specchio.

FFWD Foto Gruppo

 

di Alessandro Carli

 

L’importante sinergia tra Febal Lab – la fucina e incubatore di talenti ideato da Febal Casa per promuovere sperimentazioni e idee nell’ambito di un design inedito – e la Poliarte Design School di Ancona, l’Istituto di Alta Formazione e Ricerca riconosciuto a livello europeo, ha portato grandi risultati. Nelle scorse settimane sono stati premiati i vincitori dell’edizione 2017.

“Tutti i lavori presentati hanno notevolmente superato le nostre aspettative, sia dal punto di vista della creatività, sia in termini di progettualità ed esposizione – spiega Emanuel Colombini, AD dell’omonimo Gruppo -. Anche per questo stiamo prendendo in considerazione la messa in produzione dei primi tre progetti che, più degli altri, hanno dato prova di guardare al futuro con ambizione e dinamismo”.

Andiamo quindi a conoscere più da vicino i tre progetti, partendo dal terzo classificato, quello realizzato dal gruppo FFWD, composto da Gaia Ferrero, Stefano Galeassi, Sara Lodovichetti e Michele Minucci. A raccontare l’idea, Gaia Ferrero.

 

Da dove siete partiti per realizzare il vostro progetto?


“Il primo punto è stato quello di individuare l’elemento che ci accomunava: siamo quattro persone che vivono nella provincia di Ancona, e quindi in costante movimento. Da questa ‘certezza’, abbiamo iniziato a confrontarci, a ‘pensare’ a come muoverci, quali idee sviluppare”.

 

Qual è stato il vostro approccio?


“Afferrata l’idea di movimento, è stato inviato, via internet, un questionario: abbiamo chiesto a 100 persone di età compresa tra i 20 e i 50 anni uno spunto. Le risposte sono state molto variegate: dal mobile all’ingresso a un elemento per il centro della stanza. Esigenze molto diverse, anche in base all’età. Quello che abbiamo colto è stata la ‘richiesta’ di un oggetto multifunzionale che contenesse anche il concetto di movimento”.

 

A cosa siete giunti?


“Ad un appendiabiti che viene posizionato all’ingresso della casa, un luogo che ultimamente si è perduto in quanto oggi il living è un open space”.

 

E la multifunzionalità?


“In realtà è un appendiabiti che diventa anche uno specchio. Siamo partiti cercando un elemento modulare che ricordasse, nella forma, la natura. Ci siamo direzionati quindi sulla spina di pesce, formata da più lische uguali tra loro e che ne permettono il movimento. Nei moduli triangolari, nella parte più lunga, è stato applicato uno specchio. Unendo tutti i moduli, appare un appendiabiti”.

 

Avete incontrato qualche difficoltà?

 

“La parte più difficile della struttura, realizzata in legno, è stata quella ‘tecnica’. Non è stato facile capire come funzionava. Ci siamo così affidati a un ragazzo che produce modellini. L’oggetto è tutto costruito sul bilanciamento del triangolo, sulle forze e sugli equilibri: capire cioè come reagiva con un peso, sia esso un cappello o un cappotto”.

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