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Determinati dall’ABF i costi di riproduzione della documentazione bancaria

da Redazione

L’ABF, Collegio di Milano dell’Arbitrato Bancario Finanziario, ha emesso nei giorni scorsi un’importante decisione (la n. 2609) a tutela del correntista bancario, con la quale ha fissato due principi fondamentali riguardanti i costi di riproduzione dei documenti che il correntista dovesse richiedere in copia, e il momento in cui detti costi dovranno essere saldati.

La precisazione è partita da un reclamo della società milanese Nizzoli Trasporti S.r.l. nei confronti di Banca Intesa. La Società, sottoscrittrice con Banca Intesa di diversi contratti derivati SWAP, aveva chiesto, ai sensi dell’art. 119 Testo Unico Bancario, di avere documentazione completa dei contratti finanziari in essere, per verificare l’osservanza da parte della banca delle norme stabilite dal Testo Unico Finanziario e dai Regolamenti CONSOB. Intesa aveva risposto alla richiesta del correntista comunicando che avrebbe consegnato la documentazione, raccolta in 96 fogli, previo pagamento di € 960,00, ovvero di € 10,00 a foglio.

Va premesso che il rilascio della documentazione contrattuale e contabile da parte di una banca in favore di un cliente prescinde dalla circostanza che la stessa banca, al tempo della conclusione di qualsiasi rapporto contrattuale o nel corso dello stesso, l’abbia già inviata, consegnata o messa a disposizione del richiedente. Va anche detto che la norma (articolo 119 IV° TUB ), non prevede il diritto del cliente di ottenere gratuitamente il rilascio delle copie dei documenti relativi alle operazioni intrattenute con la banca, ma stabilisce che l’istituto di credito possa richiedere al correntista il pagamento dei costi sostenuti per le attività di ricerca e l’invio della documentazione da lui richiesta. La banca non può, però, pretendere il pagamento di una cifra eccessiva e calcolata a sua discrezione a titolo di corrispettivo e/o diritto di copia, anche se detto importo risulta essere conforme al costo stabilito nei suoi Fogli Informativi esposti all’interno della filiale.

La somma di € 960,00 è sembrata eccessiva e ingiustificata alla Nizzoli Trasporti, che l’ha interpretata come il tentativo, da parte della banca, di scoraggiarla a effettuare le verifiche desiderate.

Come già anticipato, nel rispetto delle norme di correttezza e trasparenza che devono contraddistinguere i rapporti bancari, il compenso forfettario che spetta alla banca per il rilascio della documentazione deve ricoprire i soli costi effettivamente sostenuti per la ricerca dagli archivi, per la riproduzione e per la spedizione dei documenti richiesti e non ricomprendere, invece, il dispiego del tempo e delle energie necessarie per adempiere alla richiesta.

Sul tema si era già espresso nel 2004 il Garante della Privacy con la Deliberazione n. 14 del 23 dicembre (Gazzetta Ufficiale n.554 del 8 marzo 2005), affermando che il diritto dell’istituto bancario di chiedere al cliente un contributo spese doveva essere contenuto in una somma non superiore a Euro 20,00. Nella sua richiesta rivolta a Banca Intesa, la Nizzoli Trasporti aveva fatto espresso richiamo, oltre che al citato art. 119TUB, anche a tale Deliberazione e all’art. 7 comma 1 del Codice della Privacy.

La Nizzoli Trasporti, vista la posizione ostruzionistica assunta da Intesa, si è vista costretta a far ricorso all’ABF affidandosi allo Studio Legale Fabiani di Como, tra i massimi esperti nazionali di diritto Bancario. L’ABF si è pronunciato disponendo che il calcolo dei costi sia innanzitutto riferito a “documenti” e non a “pagine” (quindi, se il documento si compone di 15 pagine non potranno essere richiesti € 150,00, ma solo € 10,00), e che a tale costo possano essere aggiunte solo le spese vive di spedizione qualora non sia lo stesso correntista ad andarli a ritirare presso la filiale.

Con la stessa decisione, l’Arbitro Bancario ha inoltre affermato che la Banca non può subordinare la dazione dei documenti al previo pagamento della somma richiesta, nel rispetto del diritto del Cliente alla piena informazione.

La decisione meneghina segna un passo importante nella direzione di un rapporto leale e trasparente tra Banca e Cliente, facendo chiarezza su una questione assai frequente che veniva vista come un ostacolo al corretto esercizio dei diritti del correntista.

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