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Il futuro del B2B passa per la fattura elettronica

da Redazione

San Marino è però ancora ferma al cartaceo e, nel caso dell’Italia, alla timbratura a secco. Serve un accordo per superarla e aderire allo SDI.

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di Daniele Bartolucci

 

Il futuro è la fattura elettronica B2B, anzi, in molti Paesi è già una realtà più o meno consolidata. E a San Marino? Sicuramente qualcuno ci sta pensando, ma al momento si naviga ancora nelle “scartoffie” prodotte dall’obbligo di timbratura a secco per tutto il flusso verso l’estero. E un Paese come San Marino ha necessariamente più traffico in uscita, per le sue industrie che esportano, ma anche per il commercio e i servizi. E fuori dal confine, la fattura di carta sarà solo un ricordo, se non lo è già.

 

LA DOPPIA CONVENIENZA: RISPARMI E TRASPARENZA

 

L’analisi della redditività dei progetti di fatturazione elettronica, effettuata recentemente dalla School of Management del Politecnico di Milano, ha messo in luce tutti i vantaggi per l’impresa, a partire dal fatto che l’investimento è minimo e il tempo di payback è inferiore all’anno. La portata dei benefici dipende ovviamente dal modello di fatturazione elettronica adottato e dal grado di integrazione nell’intero processo, ma si parla di risparmi minimi di 2-3 euro per fattura per arrivare fino a 80 euro, nel caso di modelli di integrazione e dematerializzazione completi. Il processo completo, infatti, è composto da diversi costi: la trasmissione, che è il processo standard, l’emissione e la conservazione, che molte aziende offrono come servizio aggiuntivo o già, appunto, nel “pacchetto completo”. Considerando che l’archiviazione è valutabile in pochi centesimi di euro per fattura, si capisce bene il risparmio per le aziende, soprattutto quelle più piccole: meno carta e meno archivi in ufficio. Ma anche meno costi riferiti al lavoro: stampa e imbustamento delle fatture, interazione con il cliente, invio dei documenti, conservazione dell’archivio cartaceo, senza dimenticare il costo della burocrazia legata ai diversi passaggi autorizzativi al pagamento delle fatture. Secondo l’Osservatorio Fatturazione elettronica e dematerializzazione del Poli.Mi., per organizzazioni che producono/ricevono un volume di fatture superiore alle 3.000 all’anno, il beneficio del passaggio dal processo “tradizionale” alla fatturazione elettronica si assesta tra i 7,5 e gli 11,5 euro a fattura. A tutto ciò si aggiunge l’annullamento degli errori di registrazione delle fatture, la semplificazione del processo autorizzativo di pagamento e la riduzione dei contenziosi.

Ma il vantaggio non è solo per le imprese, perché ci “guadagna” anche lo Stato. La trasparenza fornita dal digitale è infatti un altro obiettivo di questo passaggio epocale, basato sulla tracciabilità di tutti questi dati. L’evidente difficoltà e spesso fallacità dei controlli – si pensi solo all’Italia dove il sommerso è ancora di proporzioni mostruose – viene infatti messa in soffitta, di fronte al vantaggio economico delle aziende che vorranno utilizzare la fattura elettronica. Di fatto, una volta che tutti useranno questo sistema, le possibilità di fare fatture fasulle (es. le famose “cartiere”), diventerebbe minima.

 

ITALIA E UE: UN’OCCASIONE PER SAN MARINO


Se è vero che l’Unione Europea non ha ancora dato indicazioni obbligatorie, lasciando agli Stati ampie libertà in merito alla fatturazione elettronica, il risparmio per le imprese è talmente evidente che tutti andranno in questa direzione e ben presto, una volta rodati i vari sistemi messi in campo, si stabilirà anche un formato standard per queste comunicazioni. Ad oggi non c’è dunque obbligo, ma San Marino non lascia nemmeno la possibilità alle imprese di dotarsi di questo sistema, perché non esistono gli strumenti normativi interni e, comunque, si veda il caso dell’Italia, esiste sempre il vincolo della timbratura a secco per le fatture in uscita. Un vincolo che lega le imprese sammarinesi al “medio evo”, come spesso dicono gli imprenditori, che sui mercati esteri operano ogni giorno (è la stessa questione dell’IVA, ma questa è un’altra storia). E su quei mercati, a breve, sarà necessario proporsi con le fatture digitali, perché sarà quello l’unico linguaggio possibile. Ma prima occorre superare la questione della timbratura a secco: ecco dunque che per San Marino potrebbe essere questa l’occasione tanto attesa. Per “dialogare” con il Sistema d’Interscambio (SDI) italiano, occorre ovviamente un accordo tra le parti, a livello ministeriale. A quel punto, di fronte alla volontà di adeguarsi ad un sistema di massima trasparenza, si potrebbe chiedere di superare anche il vecchio Decreto Ministeriale del 24/12/1993. Non farlo, significherebbe rimanere legati ad un sistema antiquato e malvisto a livello globale (usare carta e produrre documenti di carta), ma soprattutto, porrebbe le imprese di San Marino fuori mercato, per molti motivi, tra cui anche l’impossibilità di interfacciarsi con i sistemi, o il sistema se ce ne sarà solo uno, di fatturazione elettronica che useranno i loro clienti o partner fuori confine.

 

DAVIDE CASADEI VALENTINI (KREOSOFT): “COSÌ RISCHIAMO DI PERDERE COMPETITIVITÀ CON L’ITALIA”


davide casadei valentini kreosoft


Se l’Europa e in particolare l’Italia dovessero adottare sistemi di fatturazione elettronica obbligatori, l’interscambio commerciale con l’estero, che per San Marino è vitale, potrebbe essere a rischio. Per questo, ne è convinto Davide Casadei Valentini, presidente di Kreosoft, “occorre predisporre fin da subito gli strumenti normativi per non perdere questa grande opportunità che oltre a promuovere un processo di digitalizzazione delle aziende eliminerebbe i tempi ridondanti di emissione e data entry dei documenti. Rischiamo di rimanere tagliati fuori, potrebbe non essere più conveniente comprare beni e servizi da chi emette ancora fatture di carta”.

 

Avete già riscontrato dei problemi in tal senso?


“Per quanto riguarda il B2B non abbiamo un feedback, probabilmente perché l’Italia non ha reso obbligatorio questo passaggio ed ancora sono poche le imprese che lo utilizzano. Ma il sistema di interscambio italiano (SDI) è già operativo e pronto a ricevere i flussi. Queste criticità si presenteranno all’aumentare delle imprese italiane che implementeranno la fattura elettronica”.

 

L’obbligo vale solo per la P.A., può rappresentare un precedente?


“In effetti lo è. Ma in questo caso, le imprese sammarinesi che riforniscono la PA italiana, e ce ne sono già moltissime anche fra i nostri clienti, hanno avuto la possibilità di registrarsi come imprese estere e non hanno dovuto interrompere la loro operatività. Per quanto riguarda la fattura elettronica B2B, tra i privati quindi, sembra non ci sia questa possibilità e anche se ci fosse, dovrebbero comunque inviare le fatture cartacee con timbratura a secco, anche mesi dopo”.

 

Il problema sembra minimo, se si può continuare a inviare le fatture cartacee.


“Il fatto che non sia obbligatorio per legge non significa che non diventi obbligatorio per il mercato. Il processo di digitalizzazione porterà sempre più imprese, in Italia e nel mondo, a disinvestire sulle procedure manuali di data entry e nell’archiviazione cartacea privilegiando rapporti commerciali con aziende che garantiranno flussi digitali di ordini e fatturazione evitando di sobbarcarsi quei costi fissi che la fattura elettronica aveva spazzato via. Il rischio è che tutte le imprese sammarinesi siano penalizzate nel mercato italiano, che è il nostro principale partner commerciale”.

 

Un rischio che San Marino non può permettersi.


“Si può evitare. Il processo di cambiamento è abbastanza complesso e lungo, ma occorre avviarlo e predisporre fin da subito un accordo con l’Italia. Inoltre il vantaggio sarebbe, come per tutti i Paesi, duplice: risparmi per le imprese e operatività sui mercati esteri, ma anche controllo efficace e trasparenza per lo Stato. Senza considerare il business che si potrebbe generare anche a San Marino in questo ambito. Tutte le principali software house, da tempo, per fornire ai loro clienti italiani il servizio di fatturazione elettronica B2B stanno investendo notevolmente. Anche Passepartout S.p.A., della quale la mia azienda è partner per la vendita di software gestionale, è ormai da diversi anni in prima linea sul tema della e-fattura con investimenti sempre più importanti nella propria server farm che oltre ad aver raggiunto altissimi livelli di disponibilità prestazioni e sicurezza ha ottenuto le più importanti certificazioni internazionali tra cui la “PCI Security Standard” prima azienda in territorio sammarinese a conquistare questo risultato.Anche in mancanza di una legge che lo imponga, è un passaggio obbligatorio per San Marino, se vuole che le sue imprese e il suo sistema economico rimanga competitivo”.

 

DEMATERIALIZZAZIONE DEI DOCUMENTI


Dopo aver avviato con successo il processo nella PA, ormai tre anni fa, l’Italia ha dato avvio anche alla digitalizzazione della fatturazione tra privati. Anche se si tratta di un avvio a rilento e con poca “premialità” effettiva, il passaggio alla fatturazione digitale è già in atto: uno degli scopi, infatti, è quello di favorire l’integrazione tra tutti i protagonisti della filiera, dai produttori al cliente finale, passando per fornitori, addetti alla logistica e distributori. Un vantaggio di cui le imprese più strutturate non possono più farne a meno. E questo anche se non dovesse diventare un obbligo, come invece è stato previsto per le fatture alla Pubblica Amministrazione. Solo per la PA italiana si stimano 50 milioni di fatture elettroniche l’anno, una volta entrato a regime il sistema. Per questo occorre un sistema potentissimo, che l’Italia non aveva mai sviluppato né predisposto. Tale Sistema d’Interscambio (SDI) di SOGEI, è stato per qualche tempo il cruccio degli ideatori della fatturazione elettronica della PA, ma dopo diversi anni e milioni di e-fatture circolanti, il sistema è ormai rodato, pronto ad accogliere anche i flussi dei privati. Attualmente, secondo l’Osservatorio del Poli.Mi. 10.000 aziende scambiano già documenti tramite reti EDI, e 60.000 sono connesse ai partner tramite Extranet o Portali B2b. “La Fatturazione Elettronica ha le carte in regola per essere l’innesco in grado di stimolare un grande cambiamento digitale nel nostro Paese – aggiunge Paolo Catti, Co-Direttore della Ricerca dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione -. Dopo la PA, ora spetta alle imprese raccogliere la sfida. Dopo le iniziali difficoltà di adattamento, naturali e in qualche caso anche potenzialmente dolorose, imparare a cavalcare, piuttosto che subire, l’ondata di innovazione può aprire a opportunità che sono state troppo spesso trascurate nel passato. Occorre vivere questo sforzo nella consapevolezza che si sta andando verso un nuovo modello digitale su cui impostare e costruire relazioni di business”. Come detto, dal 1 gennaio 2017 si possono inviare fatture elettroniche anche tra privati in Italia, grazie allo stesso sistema utilizzato per la PA, ma con alcune agevolazioni e incentivi: un regime premiale caratterizzato, ad esempio, da rimborsi Iva prioritari (ogni tre mesi) e dalla riduzione di due anni dei termini ordinari di accertamento (ma solo, in questo secondo caso, se viene garantita la tracciabilità dei pagamenti), ma anche l’esenzioni da altrettanti obblighi di comunicazione relativi a operazioni rilevanti ai fini Iva (Spesometro), contratti di leasing e operazioni con paesi black list.

Secondo il Mef se il progetto funziona, la stima minima è di 3-4 miliardi di risparmi. “La fatturazione elettronica è conveniente ad ogni livello: consente un risparmio quantificabile per ciascuna fattura gestita, rispetto ai modelli di fatturazione “tradizionali” e questo vale non solo per le grandi aziende, ma anche per le realtà più piccole”, dicono dal Mef. Per questo è stato disposto un servizio pubblico online sul sito web “Fatture e corrispettivi” predisposto dall’Agenzia delle Entrate. Si può accedere, in alternativa, dai servizi di “Fatturazione elettronica” con le credenziali Entratel, il servizio dell’Agenzia delle Entrate, riservato ai soggetti obbligati alla trasmissione telematica di dichiarazioni e atti; Fisconline dedicato a tutti i contribuenti, compresi i cittadini italiani residenti all’estero, le società e gli enti; Carta Nazionale dei Servizi (Cns), una smart card che consente ai contribuenti di accedere ai servizi online della PA. Ma la vera novità è l’accesso via Spid, il Sistema Pubblico dell’Identità Digitale (SPID): sistema che consente a tutti i contribuenti di utilizzare, con un’identità digitale unica, i servizi online della PA.

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