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Pdl sviluppo, “Una parola al vento, due parole al vento, tre parole al vento…”

da Redazione

La situazione è quasi kafkiana: l’esecutivo, dopo aver creato “sulla carta” un tavolo tripartito per avviare un confronto sulla materia, ha deciso di chiudere la porta per riaprirla, si fa per dire, solamente quando i “giochi son fatti”.

 

di Alessandro Carli

 

“Una parola al vento, due parole al vento, tre parole al vento, 100 parole al vento” è il titolo di una celebre opera di Alighiero Boetti che – questa è la netta sensazione – la politica ha scelto come slogan. Non a parole, naturalmente, ma nei fatti concreti. Due esempi lampanti? La gestione dei problemi legati al sistema bancario sammarinese e il progetto di legge sullo sviluppo. Sul primo aleggia un’aria piuttosto anomala, vista anche l’importanza dell’argomento: poche, pochissime se non quasi del tutto assenti sono le informazioni sulla direzione che le forze politiche vogliono intraprendere, come non è affatto chiaro l’obiettivo di fondo. NPL, Cassa di Risparmio, Asset Banca e AQR non sono solo parole. Sono piuttosto “nodi” da risolvere, possibilmente attraverso un confronto con la parti sociali. Con chi opera tutti i giorni e si confronta – loro sì, davvero – con la realtà.

A proposito di banche e liquidità, perché non fare subito un provvedimento ad hoc per dare la possibilità di vendere immobili ai forensi? Si darebbe respiro al settore, ma anche alle stesse banche che sono “impantanate” in questi investimenti. Senza considerare che, in prospettiva, se dovessero rimanere nella lista degli NPL, potrebbero fortemente svalutarsi. Perché non permettere di metterli oggi a mercato, magari ideando un particolare tipo di autorizzazione, una residenza senza assistenza sanitaria e altri servizi (scuola, ad esempio)? Si potrebbe fare in un giorno.

Per quel che concerne il pdl sullo sviluppo, la situazione è quasi kafkiana: l’esecutivo, dopo aver creato “sulla carta” un tavolo tripartito per avviare un confronto sulla materia, ha deciso di chiudere la porta per riaprirla, si fa per dire, solamente quando i “giochi son fatti”, ovvero quando il pdl verrà portato in prima lettura nella prossima seduta del CGG. Viene da sé che una volta presentato, sarà piuttosto blindato e le modifiche che potranno essere apportate, verosimilmente, saranno molto limitate.

Rispetto alla prima versione, la “tassa etnica” sui frontalieri è stata ritoccata… al rialzo, passando dal 7% al 7,5%. Un aggravio non indifferente per le aziende del territorio, che però possono “esentarla” se rientrano in una determinata percentuale nel rapporto numerico tra lavoratori forensi e lavoratori residenti.

Un metodo di lavorare davvero poco democratico, e che non va di certo nella direzione dello sviluppo, anche se così viene chiamato il pdl. Il “tavolo”, quindi, rischia di essere è solo di facciata: la politica, anche in questo caso, è andata avanti da sola e ha tirato dritto come un treno.

“Una parola al vento, due parole al vento, tre parole al vento, 100 parole al vento”. Al vento, e non rivolte invece alla crescita e al bene del Paese.

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