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“La Repubblica di San Marino, una delle sei meraviglie”

da Redazione

Con queste parole Amy Allemand Bernardy nella prima metà del Novecento “promosse” il Titano. Nella sua vita “l’analista coeva dell’emigrazione italiana” si occupò ripetutamente del Monte.

Amy Bernardy autografo

 

di Alessandro Carli

 

Nel sonetto datato 1822 che Marino Cecchetti dedica ai Capitani Reggenti Federico Gozi e Francesco Giangi, si incontra una nota curiosa: “Il Monte Titano, nomato poi S. Marino, fu in antico chiamano ancora S. Mariano; dal che si può conghietturare che la chiesa fabbricata dal suo Santo Fondatore di questa Repubblica fosse dedicata alla Vergine”.

E nel mese mariano, maggio appunto, abbiamo volutamente cercato una “maria” straniera, una penna dell’altra metà del cielo che, nella sua produzione artistico-letteraria, abbia dedicato più di un’attenzione (e più di un libro) al Monte e alla sua storia.

La Biblioteca di Stato di San Marino custodisce (“conservare” sarebbe riduttivo) una serie di opere di Amy Allemand Bernardy, giornalista e storica italiana (nacque a Firenze nel 1880), autrice dei primi studi analitici sul fenomeno migratorio italiano.

Come scrive Maddalena Tirabassi, “Bernardy fu la prima analista coeva dell’emigrazione italiana, osservò le condizioni degli emigranti durante il viaggio, visitò le ‘piccole Italie’ sparse in tutti i continenti, registrò i mutamenti linguistici adottati dagli emigrati; osservò le conseguenze dell’emigrazione sulle regioni di partenza, si adoperò affinché la legislazione italiana sull’emigrazione venisse applicata”. Fu quindi, e possiamo affermarlo con una certa sicurezza, l’anticipatrice di quel filone letterario che successivamente fu ripreso anche da Gian Antonio Stella (che ha scritto un libro molto bello, “L’orda, quando gli albanesi eravamo noi”, diventato anche uno spettacolo teatrale), da Francesco De Gregori (il riferimento è all’album “Titanic”) e da Gianmaria Testa, salito sul Titano nel 2013 assieme a Giuseppe Battiston con la pièce “Italy”. A proposito della “nave” del Principe, Testa disse a San Marino Fixing: “Francesco De Gregori, in ‘Titanic’, evidenzia le differenti partenze: prima classe, seconda classe, terza classe. Sono storie di emigrati, di poveri cristi. Gli stessi che oggi muoiono nei barconi, nei viaggi della speranza. Il Titanic è stato baciato da un iceberg: l’evento del 1912 fu unico. Oggi invece i morti sui motoscafi sono la quotidianità. Ogni volta che qualcuno muore, io credo che dovrebbe essere proclamato il lutto nazionale”.

 

AMY BERNARDY: GLI STUDI E GLI EMIGRANTI


Studiò, si legge nella biografia, presso l’Istituto di Studi Superiore di Firenze, dove si laureò nel 1901 sotto la guida di Paquale Villari con una tesi in storia sulle relazioni turco-venete tra Seicento e Settecento. Successivamente, conseguì una seconda laurea in paleografia. Già negli anni dell’università si avvicinò alla questione migratoria, entrando a far parte della Società Dante Alighieri, associazione dedita alla tutela e diffusione della cultura italiana nel mondo, di cui Villari fu presidente dal 1896 al 1903 e la stessa Bernardy divenne vicepresidente, appena laureata, del comitato universitario.

Nel 1903 ottenne un incarico come lettrice di italiano presso lo Smith College di Northampton, nel Massachussets, di cui divenne anche direttrice fino al 1910. Durante il suo primo viaggio transoceanico ebbe modo di osservare in prima persona e di rimanere profondamente colpita dalle condizioni degli emigranti italiani, che più tardi diverranno l’oggetto principale dei suoi lavori. Scrive infatti di aver assistito a “donne prese a calci e schiaffi, uomini sbatacchiati e bestemmianti, bambini calpestati e piangenti”.

Nei suoi primi “feedback”, descrive così la realtà statunitense: “Ho raccolto qui una sezione italiana agonizzante, e sto somministrandole ossigeno vitale a tutta pressione – spero di riuscirci, ma è un opus magnum e irto di spine. Ho parlato a Boston per la Dante Alighieri – ma che Dante Alighieri, povera Italia! Titta composta di vecchie ragazze intellettuali”.

 

AMY BERNARDY E SAN MARINO


Nonostante le monografie e gli articoli più puntuali e approfonditi siano quelli dedicati alla società italiana immigrata negli Stati Uniti, della quale emerge un affresco a tutto tondo delle condizioni di vita, dei costumi e delle tradizioni, Amy Bernardy – come detto – scrisse anche della Repubblica di San Marino. Se l’opera più nota è “Gli ebrei di San Marino dal XIV al XVII secolo” – in cui si parla anche di un certo Emanuele da Rimini, un ebreo italiano a San Marino nel 1369, che certifica la presenza ebraica sul Monte -, la fiorentina scrisse molto altro e per molto tempo.

Il suo primo lavoro – si legge nel libro “Tra San Marino e Rimini. Secoli XIII-XX” della collana pubblicata dall’Università di San Marino e dal Centro Sammarinese di Studi Storici – è datato 1900 quando “esce” con un’opera intitolata “Carteggi sammarinesi del XV secolo” me già due anni dopo raddoppia gli sforzi, dando alle stampe “Frammenti sammarinesi e feltreschi” e “Il cardinale Teanense e la Repubblica di San Marino”. E’ del 1904 “Medici sammarinesi”; del 1905 invece sono “Cesare Borgia e la Repubblica di San Marino”, uscito per l’editore fiorentino Francesco Lumachi e “San Marino and the Jews” in “Jewish Encyclopedia”, edizione Junk & Wagnalks di New York.

Nel 1912 torna ad occuparsi dell’Archivio governativo della Repubblica di San Marino, focalizzandosi su “Il carteggio della Reggenza 1413-1465”, poi ancora “I Castelli sammarinesi. Istantanee di viaggio” (1916), “L’isola di Marino” (1917), “Nicolò Machiavelli a San Marino. Settembre – ottobre 1506” (1929), “Le fascisme à Saint Marin” (1930), “Aria di San Marino” (1931).

Tiziana Bernardi, che nel volume “Tra San Marino e Rimini. Secoli XIII-XX” affronta Amy Bernardy, si sofferma su due opere dal taglio più letterario: “Castelli sammarinesi” e “L’Isola di Marino”. Il primo “appartiene al genere letterario in voga fin dall’Ottocento e rivolto in particolare a un pubblico femminile, in cui suggestioni storiche (qui viene evocata Elisabetta Gonzaga, duchessa d’este e di Urbino) vengono chiamate ad animare le descrizioni di paesaggi agresti che fanno sognare un’umanità semplice e felice”. Il secondo invece “è la risposta ad una richiesta di collaborazione per una nuova rivista sammarinese che Onofrio Fattori sollecita con una lettera del 1916. Attenta a cogliere gli elementi che legano San Marino ad Arbe, ne descrive il paesaggio, le testimonianze del passato veneziano, le opere d’arte superstiti, evitando (…) di affrontare la questione, di bruciante attualità, dell’annessione della Dalmazia all’Italia”.

Nel 1933 arrivano “San Marino antica e nuova” (editore Giannini di Firenze), “L’accordo tra la Serenissima Repubblica di San Marino e il Governo militare dell’Ordine di Malta” e “Melchiorre Delfico. Gli Onofri a San Marino”.

Straordinario l’incipit con cui Amy Bernardy “promuove” il Titano. “Ci sono sei meraviglie in Italia per cui un viaggio vale la pena di esservi fatto. Indovinate? Roma, beninteso; Venezia, è naturale; il Vesuvio, si poteva ben credere; Pesto – qui si comincia a trovar originale, specie pei suoi tempi, il viaggiatore –; Ercolano e Pompei – dato Pesto, si potrebbe dire che il resto ne consegue –. E, finalmente e sopratutto, la Repubblica di S. Marino! che merita più di ogni altra ed è la meno conosciuta”.

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