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RTV, l’intervista di Carlo Romeo al procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato

da Redazione

SAN MARINO – Rapporto tra magistratura e politica, le difficoltà della giustizia e il ruolo dell’informazione. Questi alcuni degli argomenti toccati dal procuratore di Bologna Giuseppe Amato con Carlo Romeo nell’intervista esclusiva rilasciata a RTV, consociata Rai.

Lo speciale “Uomini di legge – Il mestiere del magistrato inquirente” va in onda domani alle 21.45.

Romano di origine, dopo aver lavorato come sostituto procuratore distrettuale antimafia nella capitale, è stato nominato a guidare gli uffici di Pinerolo per poi approdare, nel 2012, in Trentino. Nel 2016 viene nominato procuratore capo di Bologna.

“Non condivido la separazione delle carriere dei giudici. Ne riconosco la fondatezza ideologica laddove si rilevi la patologia del sistema, con fenomeni di pregiudizio e parzialità, ma fisiologicamente separare il Procuratore della Repubblica dal tribunale è gravissimo – ha dichiarato nell’intervista a RTV – Ognuno fa il suo lavoro ma entrambi devono essere dei servitori dello Stato e della Legge”

“Il percorso che porta alla verità processuale è reso difficile da una complessità di norme sostanziali e processuali che si sovrappongono – ha aggiunto Amato – Affinchè il sistema funzioni bisogna ridurre le impugnazioni. Senza demagogia, andrebbero snellite alcune procedure sanzionatorie, evitando di duplicare meccanismi di impugnazione che sviliscono l’insieme delle giustizia e lasciare i gradi di appello e cassazione per cose serie”.

Sul contesto internazionale: “I magistrati italiani non hanno nulla da invidiare ai colleghi di altri paesi, la nostra produttività non ha eguali in Europa. Quello che vorrei trasferire dall’estero sono alcuni snellimenti: noi abbiamo troppe norme, dovremmo inserire nel codice penale tutte le leggi che disciplinano i reati. Questa complessità comporta anche una diversità di giudizi che nasce dalla oscurità della norma a cui fare riferimento ed è qui che entriamo nella patologia del sistema processuale”.

Sulla legittima difesa: “La normativa attuale, innovata nel 2006, dà una sufficiente tranquillità operativa perchè evita di trasformare l’Italia in un paese di rambi e sceriffi ma dà tranquillità anche a chi si vuole difendere in casa sua.

La Procura delle Repubblica deve avere più coraggio e quando c’è la scriminante della legittima difesa dovrebbe considerare questi fatti non costituente reato e quindi non iscrivere i soggetti nel registro degli indagati. L’atto dovuto non esiste: sono solo il codice e la coscienza di chi lo applica che devono guidare nella scelta del provvedimento pertinente”.

Ai colleghi giovani direbbe: “La nostra è una attività che interviene su fenomeni dolorosi, il mio invito è mettersi dall’altra parte. Il potere è responsabilità”.

Sul rapporto tra giustizia e informazione: “La cronaca è il cane da guardia della buona giustizia ed è giusto il controllo dei media. Avere il contatto diretto con la stampa, come prevede l’ordinamento, è anche per me un arricchimento personale. La buona stampa deve sempre stare attenta alla privacy e al segreto investigativo per evitare di creare danni enormi”.

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